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Ossessionati dai dazi, ciechi sulle filiere: l’Europa non ha capito il gioco
di Achille De Tommaso
Nel grande teatro del commercio globale, l’Europa sembra, a mio parere, fissare il dito mentre il mondo indica la luna. Si discute animatamente di dazi, come se tariffe doganali e ritorsioni commerciali fossero la posta in gioco, quando in realtà sono solo il sintomo superficiale di una trasformazione ben più profonda: una guerra sistemica per il controllo delle filiere industriali, delle materie prime critiche, delle capacità di raffinazione e dell’autonomia tecnologica che dipende da questi sistemi.
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I dazi statunitensi sull’auto elettrica cinese, quelli cinesi sul brandy francese o sulla carne di maiale americana, riempiono le prime pagine dei giornali internazionali (invero, nel merito, molto poco quelle di casa nostra). Ma non è lì che si decide il futuro economico del mondo. Come sottolineano fonti dell’International Energy Agency (IEA) e della Commissione Europea (Critical Raw Materials Act, 2023), ciò che conta davvero è il controllo sulle catene del valore strategiche: dalla miniera alla manifattura. (**).
IL CASO EMBLEMATICO DEL COBALTO
Il cobalto è un caso scuola. Secondo il Cobalt Institute (*), oltre il 70% della sua produzione mondiale proviene dalla Repubblica Democratica del Congo. Tuttavia, più dell’80% della raffinazione globale è nelle mani della Cina. In pratica, nessuna batteria agli ioni di litio può essere prodotta in Europa senza passare da Pechino. Un intero segmento dell’industria automobilistica e dell’accumulo energetico è ostaggio di una potenza straniera.
E non è un’eccezione. I metalli rari come gallio e germanio, fondamentali per semiconduttori e dispositivi fotonici, sono già stati oggetto di restrizioni all’export da parte del governo cinese nel 2023 (fonte: Ministero del Commercio cinese). Il platino e il palladio, usati nei catalizzatori delle automobili e nelle celle a combustibile, sono concentrati in pochi paesi: Russia e Sudafrica controllano insieme oltre il 70% dell’output globale (fonte: US Geological Survey).
LA STRATEGIA USA-CINA: FILIERE SELETTIVE
Gli Stati Uniti lo hanno capito da tempo. Attraverso l’Inflation Reduction Act (2022) e il CHIPS and Science Act, Washington ha creato un sistema di incentivi massicci per rilocalizzare la produzione, assicurarsi l’approvvigionamento di terre rare e consolidare alleanze produttive con Canada, Australia, Messico e Corea del Sud, e con Ucraina. Non si tratta solo di scavare miniere, ma di trasferire tecnologia, rafforzare la raffinazione domestica e ristrutturare le supply chain.
La Cina fa lo stesso, ma da decenni. Ha costruito relazioni strategiche con l’Africa e l’America Latina, non solo attraverso investimenti infrastrutturali (la famosa “Belt and Road Initiative”), ma anche con partecipazioni azionarie nelle compagnie minerarie e prestiti sovrani condizionati all’accesso esclusivo alle risorse.
L’EUROPA FERMA AI DAZI E ALLA BUROCRAZIA CLIMATICA
E l’Europa? Tra una discussione sul “meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere” (CBAM) e un piano industriale fatto più di regole che di visione, resta spettatrice. Il Critical Raw Materials Act approvato nel 2023 è un primo passo, ma arriva tardi e privo della forza politica e finanziaria per incidere. A oggi, l’UE importa l’85-100% della maggior parte dei materiali strategici indicati come “critici” dalla stessa Commissione (fonte: EU CRM List 2023).
L’ITALIA, MANIFATTURA SENZA RADICI
Il caso italiano è emblematico. Siamo una delle principali potenze manifatturiere d’Europa, con eccellenze nell’automotive, nella meccanica fine, nell’aerospazio e nell’ICT. Ma non controlliamo nessuna miniera (e nessuna filiera), non possediamo impianti di raffinazione significativi, non stipuliamo accordi bilaterali sulle forniture strategiche, non proteggiamo i brevetti. La nostra intera filiera industriale poggia su forniture estere — instabili, politicizzate, spesso soggette a sanzioni o ricatti.
Eppure si continua a parlare di transizione verde, di digitalizzazione, di economia della difesa, come se tutto potesse avvenire per decreto. Ma senza accesso garantito a terre rare, semiconduttori, metalli per le batterie, materiali compositi, nessuna transizione sarà possibile.
LA VERA PARTITA È LA SOVRANITÀ INDUSTRIALE
Il mio parere è che Il futuro non si giochi sulle tariffe, anche se queste possono orientare e indebolire i mercati, ma sul controllo delle origini. Chi estrae, chi raffina, chi brevetta, chi assembla: è questo il perimetro della sovranità industriale. La Cina lo sa. Gli Stati Uniti lo sanno. L’Europa, invece, si illude che bastino norme e meccanismi compensativi per restare competitiva.
Serve un cambio di paradigma: una politica industriale attiva, una visione strategica sulle materie prime, accordi geopolitici mirati e affidabili; e investimenti pubblici in raffinazione, trasformazione e tecnologie di estrazione pulita. Continuare a credere che bastino i dazi, o la predica di ideologie green, per contenere lo shock del nuovo ordine industriale globale è, oggi, un vero esercizio di ingenuità. Sempre a mio parere.
IN PRATICA
In pratica, non è in gioco solo un rincaro delle forniture per colpa dei dazi. È in atto una riscrittura delle gerarchie industriali globali. L’Europa può scegliere se giocare la partita o restare nella tribuna dei regolatori, mentre il campo lo occupano altri.
Perché nel mondo che viene, non controllare le filiere significa non contare più nulla.
FONTI:
(**) 1. International Energy Agency (IEA)
Nel rapporto Global Critical Minerals Outlook 2025, l’IEA sottolinea l’importanza strategica di controllare l’intera catena del valore delle materie prime critiche – non solo l’estrazione, ma anche raffinazione, lavorazione, riciclo e stoccaggio – come elemento chiave per la sicurezza energetica e la transizione ecologica Agenda Digitale+1Wikipedia+1The Guardian+13IEA+13IEA+13.
In particolare, l’Agenzia evidenzia i numerosi punti vulnerabili lungo queste catene globali, dove concentrazione del potere in pochi Paesi (es. Cina) o interruzioni logistiche possono provocare shock economici ed energetici AP News.
2. Commissione Europea – Critical Raw Materials Act (2023)
Il Critical Raw Materials Act (entrato in vigore a maggio 2024) costituisce la risposta normativa dell’UE alla dipendenza da forniture straniere. Prevede obiettivi chiari per rafforzare il controllo europeo lungo la filiera:
- Estrarre almeno il 10 % del fabbisogno UE entro il 2030
- Raffinare almeno il 40 % nel territorio UE
- Riciclare almeno il 25 % del consumo annuo europeo entro il 2030
- Limitare la dipendenza da un singolo paese terzo a meno del 65 % dei consumi IEA+13single-market-economy.ec.europa.eu+13Wikipedia+13European Commission+1Wikipedia+1
Il regolamento attribuisce un ruolo centrale a una governance integrata: più cooperazione, maggiore trasparenza, semplificazione delle autorizzazioni e strumenti di monitoraggio e stress-test delle catene del valore .
✅In sintesi
Sia l’IEA che la Commissione Europea convergono su un punto chiave: il controllo strategico delle catene del valore – dal giacimento fino alla produzione e al riciclo – è oggi fondamentale per garantire sicurezza industriale, autonomia tecnologica e sostenibilità economica.