Aggiornato al 29/06/2025

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale

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Hanno vinto tutti?

di Bruno Lamborghini

 

Con la tregua decisa da Trump sul suo sito Truth sembra terminata la “guerra dei 12 giorni” scatenata dall’attacco di Israele all’Iran per bloccare l’atomica iraniana. E tutti, Netanyahu e Ali Khamenei, ma soprattutto Trump ed anche a latere Putin e Bin Salman, sembrano essere contenti perché pensano di aver vinto o comunque risolto a loro favore il rischio di un pericoloso protagonista.

Il maggior vincitore appare Trump che ha lanciato la grande bomba su Fordow, si è accordato con l’Iran per una sua controreazione proforma e ha imposto ai due litiganti una tregua forse conclusiva. Il successo di Trump avrebbe peso su più fronti: all’interno per dimostrare il suo ruolo di capo delle forze armate e non armate degli USA e contemporaneamente di pacificatore dei conflitti del mondo. All’esterno, nell’incontro Nato all’Aja ha potuto mostrare ai “confusi” ed applaudenti europei chi veramente comanda. Infine, ha ampliato il dialogo di partnership con Putin, invitandolo a svolgere un ruolo di negoziatore con l’Iran e con cui ora potrebbe cercare di raggiungere una soluzione in Ucraina.

Netanyahu dichiara vittoria affermando di aver distrutto gli impianti di arricchimento di uranio, così togliendo l’incubo pluridecennale del rischio dell’atomica iraniana e questo ha già dato risultati in Israele facendo risalire la sua immagine di condottiero, una immagine che era crollata per Gaza e per gli ostaggi. Il risultato positivo dell’attacco all’Iran appare quale terzo passaggio dell’operazione militare avviata dopo il 7 ottobre dapprima verso Hamas a Gaza e poi verso gli Hezbollah in Libano.

Ora la sconfitta dell’Iran avrà certamente tagliato o ridotto il sostegno militare ed economico dell’Iran verso Hamas e Hezbollah, spezzando la “catena sciita” da Teheran a Gaza, anche a seguito della cacciata di Assad in Siria, mentre resta di fatto ancora solo l’Iraq non molto in salute e sotto tutela USA. Netanyahu avrebbe detto anche che la sconfitta dell’Iran con il conseguente indebolimento di quanto rimane di Hamas a Gaza consentirebbe di porre termine all’intervento militare a Gaza senza peraltro specificare quale potrà essere il futuro di Gaza.

Ali Khamenei appare soddisfatto di aver superato con pochi danni la prova di forza israeliana riuscendo a salvare parte dell’uranio arricchito ed alcuni impianti di arricchimento cosi da poter proseguire l‘obiettivo di poter disporre di qualche testata nucleare. Ma soprattutto può aver tirato un sospiro di sollievo mantenendo il regime ed anzi grazie al pericolo corso dalla nazione iraniana la possibilità di poter appesantire ulteriormente la sicurezza interna ed il controllo dei dissidenti.

La Cina, l’Arabia Saudita e gli emirati del Golfo sono contenti perché l’Iran non ha bloccato lo stretto di Hormuz e l’enorme flusso quotidiano di petrolio arabo e quello iraniano (che va prevalentemente in Cina). Così pure Wall Street ha accolto molto positivamente quanto è avvenuto, anche se già prima nei 12 giorni di guerra non aveva mostrato andamenti drammatici.

Ora si può concludere “Tutto bene ciò che finisce bene”? Forse non è proprio così.  La tregua si è avviata bene grazie agli urli di Trump, ma qualche lancio di missili potrebbe scappare da entrambe le parti. Poi qualche aiuto ad Hamas o a gruppi terroristici si potrebbe manifestare da qualche parte e qui potrebbero essere necessari interventi del Qatar o di Putin. Il regime degli ayatollah non ha rinunciato ai suoi obiettivi ostili verso Israele nonostante l’intervento USA abbia mostrato possibili ulteriori interventi regolatori (peraltro sempre in funzione della volontà mutevole di Trump).

La “vittoria” di Netanyahu lascia incerto cosa si intenda fare in tempi brevi per superare la crisi sociale a Gaza e oltre una possibile tregua: apertura delle frontiere per rifornimenti alimentari, proseguimento o meno dell’intervento militare, avvio di trattative per un ruolo arabo palestinese a Gaza? Che cosa intende fare Trump nel Medio Oriente sfruttando il suo ruolo di vincitore e facendosi ripagare da Netanyahu il supporto datogli nella guerra con l’Iran, sapendo che questo è forse il momento per spingerlo a interventi su Gaza e Cisgiordania? Anche riprendendo con Arabia Saudita e Israele gli obiettivi del “patto di Abramo” da lui avviato nella sua precedente presidenza?

Infine, che impatto può avere la conclusione della guerra dei 12 giorni sulla guerra in Ucraina, tenendo conto dei nuovi rapporti che si sono creati tra Trump e Putin? La Nato all’Aja il 25 giugno ha approvato la decisione di arrivare entro 10 anni al 5% del PIL per la difesa da parte di tutti i membri salvo la Spagna e di proseguire nel supporto militare all’Ucraina. Nella conferenza stampa Trump è apparso confermare la continuazione del supporto USA alla Nato, ma ha anche ribadito la sua volontà di contribuire per arrivare presto alla fine del conflitto ucraino (ha detto che non vuole più morti da entrambe le parti). Le condizioni sul campo di guerra si aggravano ogni giorno e si vedrà se l’intenzione di Trump si tradurrà in iniziative concrete.

 

Inserito il:26/06/2025 07:28:58
Ultimo aggiornamento:27/06/2025 11:39:16
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