Aggiornato al 03/12/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Andjana Pachkova (Ukraina, Sidney) – Disintegration anxiety – The road to Nowhere

 

Disintegrazione

di Giorgio Panattoni

 

Stiamo assistendo alla disintegrazione di un partito politico, nello scontro finale di idee, progetti, conflitti, convenienze di parte.

Vale forse la pena di fare un po' di storia per cercare di capire il nesso tra le diverse fasi di evoluzione del sistema PC – PDS – DS - PD. Questa breve sintesi non vuole essere una storia verificata con fonti, date e protagonisti, ma proporre qualche considerazione dal punto di vista di un cittadino che ha creduto in una prospettiva politica, in tutto o in parte, per convinzione o perché questa rappresentava la soluzione più aderente alle proprie aspettative rispetto alle alternative disponibili.

Si incomincia con il PC, di fede comunista, aderente prima al blocco ideologico, e non solo, sovietico, poi sempre più indipendente da questo sino a proporsi con Berlinguer come interlocutore democratico alle forze progressiste per la conduzione del paese. E già in quel periodo incominciano i distinguo di fondo e le correnti, ma senza rotture e con una buona tenuta parlamentare e politica, assicurata da una ideologia ancora salda.

La discussione si apre e divide, sino alla caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989) e alla svolta della Bolognina del 12 novembre dello stesso anno da parte di Achille Occhetto.

E si conclude il 3 febbraio 1991 con la fine del PC e la nascita del PDS. E contestualmente la prima “scissione” con la nascita nel dicembre 1991 di Rifondazione Comunista da parte tra gli altri di Cossutta, Garavini, Ingrao e Bertinotti.

Obiettivo sostanziale di questa svolta, innanzitutto nel nome, ma ovviamente nella sostanza, è la creazione di un partito democratico, che punta alla gestione del paese attraverso alleanze con altre forze progressiste e che si oppone alla destra liberale e conservatrice.

E infine nascono nel 1998 i DS, con fase costituente guidata da Massimo D'Alema e segretario Walter Veltroni. Il partito si definisce socialdemocratico e riformista e nasce all'interno della coalizione dell'ULIVO, sorto nel 1996 per il governo del paese e caduto di fatto nel 1998 stesso per la fuoriuscita dalla coalizione di Rifondazione Comunista.

L'ULIVO si caratterizzava programmaticamente per l’unione di forze socialiste, socialdemocratiche, cattolico-democratiche e liberal-democratiche, cioè un ampio schieramento di forze progressiste di diversa ispirazione.

Infine, a chiudere il cerchio, nasce nell'ottobre 2007 l'attuale PD, per la convergenza dei DS e della Margherita, cioè delle forze di ispirazione socialdemocratica e cattolico democratica.

Da lì in poi con diverse leggi elettorali si sono succeduti governi poco stabili, con governi nominati, con alleanze forzose trasversali a garantire la maggioranza. Come quella del governo attuale.

E facciamo un salto ai giorni nostri. Sta succedendo di tutto e di più.

E' ancora possibile un’ alleanza larga come quella dell'Ulivo del 96? A giudicare dalle dichiarazioni, dai comportamenti parlamentari e dalle posizioni politiche delle forze di sinistra di ispirazione socialista pare di no. L'attuale SEL, dopo essere andata alle ultime elezioni in coalizione con il PD, si è schierata all'opposizione, con Rifondazione Comunista e con le altre forze di sinistra.

Ma c'è di più. Gli stessi che dichiarano di voler spostare l'asse di governo a sinistra (D'Alema) si schierano per una forza indipendente, con scissione dal PD, alleata con le altre opposizioni di sinistra. E quelli che vogliono un Ulivo moderno minacciano comportamenti liberi alle elezioni se non cambiano le condizioni di guida del PD.

E l’iniziativa di Pisapia  di creare un'altra forza a sinistra per dialogare con il PD per il governo del paese (esperienza Milano) suona come il tentativo di coagulare la sinistra riformista di governo in uno schieramento unitario e di isolare la estrema sinistra di opposizione.

E tutti all'interno del PD invocano il congresso, con conseguente spostamento delle elezioni a fine legislatura, per cambiare leadership e segreteria, perché questi processi richiedono tempo.

Insomma l'obiettivo pare proprio quello di ridimensionare il PD a forza di centro sinistra spostata al centro, con la nascita di una o più formazioni di sinistra, pronte a dialogare, se vi saranno le condizioni con il PD stesso da una posizione di maggiore forza.

Cioè la fine della ispirazione del PD.

E dei processi di concentrazione che malgrado tutto hanno caratterizzato la storia recente.

E' ovvio che se poi si riuscisse a fare la stessa operazione dall'interno del PD, spostando sensibilmente l'asse politico del partito, sarebbe meglio, ma pare un sogno quasi impossibile.

Anche per via del governo attuale, che sta in piedi solo con opportune alchimie con le forze di centro destra (che quasi tutti gli oppositori dimenticano).

Perché nel frattempo sono cambiate tante altre cose. La nascita e l’affermazione dei Cinque Stelle come secondo partito del paese, la crisi di Forza Italia, che ha visto ridurre i propri consensi, la relativa affermazione della Lega rendono il quadro complesso e articolato.

In queste condizioni risulta ovvia la pressione per attribuire il premio di maggioranza alle coalizioni e non ai singoli partiti, vista la frantumazione delle forze in campo.

E chi vuole andare alle elezioni subito non vuole essere tritato da questi meccanismi di coagulazione di forze e di nuovi schieramenti.

Un bel pasticcio, al quale si sommano naturalmente le ambizioni e le esigenze dei singoli e dei relativi schieramenti, che premono per tornare o restare al timone.

Che, come sempre, hanno rilevanza e improntano buona parte dei comportamenti in apparenza virtuosi.

I problemi del paese sembrano passare in secondo piano, tanto ci siamo abituati.

Per fortuna che c'è un governo che, a seconda delle opinioni, bene o male si adopera per fare.

 

Inserito il:05/02/2017 09:56:14
Ultimo aggiornamento:05/02/2017 10:01:55
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