Aggiornato al 27/04/2024

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Voltaire

Carmen Gonzalez (Edmonton, Canada) - Wood Box Wall Phone

 

Analfabetismo di ritorno (4)

(seguito)

di Verlucca & Cortese

 

Il telegrafo parlante: telefono

 

Viviamo in un periodo di profonda innovazione tecnologica, ma prima di affrontare i cellulari, assistiamo al passaggio del telegrafo al telefono, importantissima fase dei rapporti umani che consente loro di parlarsi dall’una all’altra parte del mondo.

Come spesso accade quando si discute di un’invenzione rivoluzionaria, è molto difficile risalire a un unico creatore: e il discorso vale anche per il telefono. La maggior parte degli italiani è praticamente certa che sia stato Antonio Meucci il padre non ufficiale del dispositivo che ha cambiato radicalmente il modo di comunicare tra persone e abbattuto le distanze.

Meucci cominciò da New York a provare un sistema di trasmissione vocale, da lui ribattezzato telegrafo parlante e poi telettrofono.

Questa sua invenzione arrivò dopo parecchi anni fino al 12 dicembre 1871, quando insieme ad altri tre italiani creò la Telettrofono Company, per diffondere questo innovativo sistema di comunicazione. Dopo neanche un anno di vita, però, la compagnia venne chiusa, e Meucci decise di depositare la sua invenzione all’Ufficio Brevetti USA di Washington, ma non aveva il denaro sufficiente per l’iscrizione al registro.

È un fatto noto che l’inventiva umana si sviluppa a volte quasi in contemporanea in altri parti del mondo: concomitante con Antonio Meucci, infatti, un altro italiano, Innocenzo Manzetti, cominciò a lavorare a una sua invenzione, presentata poi nel 1865, addirittura qualche anno prima del primo dispositivo funzionante di Meucci: si trattava di un telefono che era già molto più innovativo di quello pensato oltre oceano, essendo dotato di una sorta di cornetta con cui parlare.

Manzetti, però, non pervenne a brevettare la sua invenzione, e addirittura il Ministro dell’Istruzione di allora, Carlo Matteucci, considerò l’invenzione inutile, pericolosa e destinata a scomparire, per cui l’invenzione di Manzetti cadde nell’oblio. Solo oggi, dopo la scoperta dei suoi progetti, viene considerato da molti il vero inventore del telefono. Da notare che Manzetti era nato non molto lontano da noi, e cioè ad Aosta il 17 marzo 1826, mentre il padre arrivava da Invorio Inferiore presso Novara.

Ma, telefono a parte, sul mitico personaggio è bello ricordare che, nel 1849, sbalordì gli spettatori con il suo “suonatore di flauto”: un automa, dalla statura, la forma, le fattezze di un uomo, composto di ferro e di acciaio e ricoperto di pelle di camoscio, con una maschera e due occhi di porcellana.

L’automa, seduto su uno scranno, muoveva le braccia, si levava il cappello, salutava e pronunciava alcune parole. Tramite l’aria compressa che veniva immessa nel flauto a colpi di lingua, poteva suonare fino a dodici arie diverse, modulate da un programma registrato meccanicamente su un cilindro attraverso un macchinario simile a quello delle pianole meccaniche; peccato, forse, che allora mancasse internet.

Alla fine, nonostante le invenzioni di Manzetti e di Meucci, lo statunitense Alexander Graham Bell riuscì a depositare il brevetto (si dice dopo aver visto i disegni e le idee di Meucci…), diventando ufficialmente il padre del telefono. Meucci fece causa a Bell, ma perse la causa legale, e il brevetto venne attribuito definitivamente a Bell. Solo nel 15 giugno 2002, a 113 anni dalla morte di Meucci, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d’America riconobbe ambiguamente a Meucci il suo contributo nell’invenzione del telefono, ma non l’effettiva paternità del dispositivo.

Oggi, forse, il vero inventore del telefono fisso, in maniera inconsapevole, è stato il valdostano Manzetti, a partire dal telefono con la ruota per selezionare i numeri, a quello bianco e grigio marchiato SIP, fino ai più moderni a forma di hamburger, o ai cordless dai colori fluo, il fisso è sempre stato nelle case italiane.

La telefonia fissa era un mezzo di comunicazione fondamentale, prima della nascita di Internet e degli smartphone.

I primi utilizzatori del servizio telefonico sono stati prevalentemente gli operatori di borsa e gli uffici bancari. Al riguardo ricordo che, più di quaranta anni orsono, nell’archivio della banca dove lavoravo, esisteva ancora la targhetta in latta dove si pubblicizzava di avere il contatto telefonico diretto con la Borsa Valori di Milano.

Il telefono ha consentito e consente tuttora di trasmettere dati e informazioni in modo più veloce rispetto al telegrafo.

È inoltre più diretto e facile da utilizzare, in quanto non richiede alcuna transcodifica del messaggio in alfabeto Morse. Al riguardo alcuni anziani bancari hanno raccontato che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il maestro aveva insegnato loro il linguaggio morse e loro, quando accompagnavo i genitori all’ufficio postale, erano in grado di leggere parte di telegrammi che arrivavano con il telegrafo.

I primi telefoni erano caratterizzati da una manovella di chiamata, una pila, un ricevitore e un microfono separati tra loro. Nel corso del ‘900 il telefono ampliò il proprio bacino di utenza.

Negli Stati Uniti degli anni Venti del Novecento erano abbonati al servizio anche molte utenze domestiche e qui il telefono perse il suo contesto business per entrare nel mercato di massa.

Nacque in quegli anni il mercato delle telecomunicazioni che oggi conosciamo. I costruttori applicarono diverse innovazioni di prodotto come, ad esempio, l’unione del microfono e del ricevitore in un unico corpo detto “cornetta” e l’eliminazione della manovella grazie alla presenza di una batteria centrale di rete.

Le case costruttrici cominciarono anche a differenziare il design degli apparecchi telefonici per consentire un abbinamento ai diversi stili di arredamento. Comunque si possono ricordare tutti gli anni in cui il telefono fisso era una presenza costante in casa: erano molte infatti le famiglie provvista di questo piccolo apparecchio che poteva squillare a ogni ora del giorno e della notte.

Il telefono di casa o dell’ufficio aveva un limite vincolo funzionale ben delineato: era fisso all’interno di casa, dell’ufficio, al bar, e in seguito presso cabine telefoniche.

Se la persona chiamata non era nelle vicinanze del telefono, allora la chiamata era perduta, il contatto con l’altro impossibilitato dai vincoli del posizionamento fisico dello strumento.

Col telefono tradizionale si poteva quindi accertare con molta facilità e frequenza l’assenza di una persona, oltre che la sua presenza.

Oggi il telefono fisso continua a essere presente, anche se il suo utilizzo è vertiginosamente calato, i contratti telefonici a uso domestico che vengono stipulati, infatti, prevedono una linea fissa, ma solo per poter usufruire anche della rete internet. Questo perché i nuovi mezzi di comunicazione oggi sono WhatsApp, i social e le altre chat, tutti funzionanti gratuitamente con un collegamento a internet, e sono quasi scomparse le vecchie cabine telefoniche.

Il ricordo del telefono fisso in casa, si abbina al ricordo di una pubblicità di un tormentone degli anni Novanta del secolo scorso, in cui un condannato a morte, davanti a un plotone di esecuzione, chiede come ultimo desiderio di potere fare una telefonata; la quale si protrae per giorni e giorni, con la pubblicità che dice come qualmente una telefonata allunghi la vita.

Negli anni dei telefoni fissi a casa, complici le prime tariffe tutto compreso, le telefonate erano lunghissime.

Molti negli anni Sessanta e Settanta avevano il telefono duplex, che consentiva di risparmiare sul costo del canone condividendo la linea telefonica con un altro utente. Il numero di telefono si differenziava di una cifra, ma la linea era la stessa. Se dovevi fare una telefonata, alzavi la cornetta e se dava il segnale di “libero”, potevi comporre il numero e telefonare. Se, invece, non si sentiva nulla, voleva dire che il “compagno” era al telefono e dovevi aspettare che terminasse. E se il telefono era occupato dall’altra parte, non si potevano neanche ricevere le telefonate. Un breve segnale avvisava della fine della conversazione e immediatamente ti catapultavi sul telefono, prima che fosse occupato nuovamente.

Per alcuni il telefono fisso, allora, era il più grande fastidio tra le comodità, e la più grande comodità tra i fastidi; infatti, se la telefonata era urgente e la linea era occupata, l’unica cosa da fare era munirsi di gettoni e andare a telefonare dalla cabina telefonica

Se uno dei due abbonati doveva traslocare si doveva subito cercare qualcun altro che prendesse il suo posto, altrimenti si era costretti a passare all’abbonamento “simplex”, che costava più del doppio.

(Continua)

 

Inserito il:26/04/2022 17:08:26
Ultimo aggiornamento:26/04/2022 17:14:47
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