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DALLA POLTRONA (12) - Claudio Fasoli
di Giacomo D. Ghidelli
Claudio Fasoli, Jazz, architetture di un azzardo, Il Saggiatore
Claudio Fasoli è un musicista generoso. Basta guardare alla produzione di questo importante protagonista del jazz italiano per rendercene conto: dal 1977, anno in cui si chiuse l’esperienza del Perigeo (il gruppo interprete del jazz rock italiano di cui il Nostro faceva parte), Fasoli ci ha donato ben 41 album, se vogliamo restare alla discografia essenziale pubblicata in questo volume (per la discografia completa si veda www.claudiofasoli.com). Non è però generoso soltanto con la musica. Claudio Fasoli è infatti generoso anche in queste pagine che, come dice il sottotitolo del volume, contengono “riflessioni, vita, musiche”.
Con il suo racconto, articolato in tre parti e concluso da un’intervista rilasciata a Mar Tibaldi, curatore del volume, Fasoli offre a tutti la possibilità di capire più a fondo cosa sia questa meravigliosa avventura che va sotto il nome di jazz, ma offre anche l’opportunità di fare una ricca passeggiata tra molti protagonisti di questa musica, facendoci tra l’altro comprendere i rapporti che intercorrono tra questi autori e il suo lavoro, sino a farci scoprire, attraverso i molti riferimenti alla sua vita, le radici a volte insospettabili del suo fare jazz.
La prima parte raggruppa sotto il nome di “Teorie” l’analisi di quelli che per Fasoli sono alcuni capisaldi di questa musica. E lo fa con un occhio molte volte didattico, quasi stesse parlando ai suoi stessi allievi. Lo fa, ad esempio, insegnando tra le altre cose il valore che deve assumere il silenzio nei vari brani e portandoci addirittura dentro quella che potremmo definire la sua “bottega d’artista”, raccontandoci il suo modo di lavorare, di scrivere musica, e alcuni importanti crocevia della sua formazione che scopriamo essere collocati in molti nomi della musica classica, da Bach a Chopin a Ravel: autori, suonati dal fratello maggiore al pianoforte, le cui musiche, ascoltate da bambino, costituiranno, come ha scritto “la base sonora che mi avrebbe aiutato a cimentarmi con l’armonia dei brani che avrei scritto molti anni dopo”. Importanti capitoli di questa prima parte sono poi quelli dedicati all’improvvisazione e alle sue varie forme, esplorate anche attraverso l’analisi di brani scritti dallo stesso Fasoli, di cui viene riprodotto lo spartito.
Nella seconda parte del volume (Oltre lo spartito) l’autore ci porta per mano in una bellissima passeggiata che partendo dalla scenografia del concerto jazz si avvicina sempre di più, in una sorta di “planata dall’alto” allo specifico di questa musica: dalla ritualità del concerto agli abiti da lavoro indossati dai jazzisti nelle varie epoche, dagli strumenti (ovviamente partendo dal suo, il sax, anzi i vari tipi di sax) alle ance, dai criteri attraverso cui si può dar vita a un gruppo, alle jam-session, di cui ricorda le molte a cui ha partecipato, a partire da quelle che – ormai molti anni fa – prendevano vita al Capolinea, mitico locale jazz di Milano.
L’ultima parte, dal titolo Vertici e critica, ci presenta – alcuni in modo sintetico altri in modo più approfondito – una serie di autori e di musiche che per Fasoli hanno rappresentato momenti alti dei suoi incontri jazzistici, momenti che, come dice, hanno in lui “lasciato il segno sino alla commozione”, avvertendo però che con questo suo elenco non vuole “codificare né classifiche né graduatorie e tanto meno valori assoluti. L’approccio – prosegue – è esattamente l’opposto” perché qui Fasoli vuole evidenziare la sua “personalissima reazione emotiva di fronte a un evento creativo che può essere unico per me e non significante per altri”.
E nell’analisi di questi “eventi creativi” Fasoli spiega anche le vie percorse per coglierne e farne propria l’essenza, per poi allontanarsene elaborando sempre una strada propria, di certo non basata sull’emulazione perché “seguendo il desiderio di realizzare qualcosa di simile a un evento non si va davvero molto lontano”. Si apre così sotto i nostri occhi quello che mi piace definire il “diario di un ascoltatore di eccellenza” (che ha anche il pregio di stimolare in chi legge il desiderio di ascoltare i brani che ancora non conosce), un “ascoltatore”, Fasoli, che anche a partire da lì ha saputo conquistare per differenza una propria riconoscibilissima voce.
L’elenco degli autori presentati è fittissimo. Quelli più noti, come Coltrane su cui Fasoli ha già scritto in diverse occasioni (e qui mi piace ricordare il mio volume La filosofia di John Coltrane pubblicato da Mimesis alcuni anni fa a cui Fasoli ha contributo con una lunga intervista) sono presentati all’interno di un ragionamento più generale, mentre a molti sono dedicati capitoli specifici. Troviamo cosi Lennie Tristano, Gato Barbieri e Jan Garbarek, Wayne Shorter, il suo adorato Lee Konitz (suo modello quando, ragazzino di 15 anni, viene condotto dal padre a noleggiare il suo primo sax) ma anche Arvo Pärt e György Ligeti.
Un percorso che trova la propria conclusione nella bella intervista finale che ha nel suo titolo (Imprevedibilità, rischio, azzardo, rigore) quelle che per Fasoli sono le caratteristiche fondamentali della musica jazz e che percorrono in modo vario tutte le sue opere. In questa intervista, in cui vengono ripercorsi e approfonditi molti dei temi trattati nel volume, a un certo punto infatti Fasoli dice: “Il musicista jazz, che ha la responsabilità e l’opportunità di caratterizzare la sua musica, lo fa in base ai suoi ascolti. Come ho sempre detto, deve comportarsi come una spugna, e cioè assorbire, ascoltare, tanto e di tutto, partendo dalla musica classica” E prosegue: “L’ascolto è importante. Senza il primo passo non ci sarà il secondo. Se ascolti King Oliver, Chopin, Debussy, Keith Jarret, Jan Garbarek e Miles Davis otterrai di sicuro un suono che non è quello dei singoli musicisti ma un altro, elaborato dalla tua conoscenza e creatività”.
Vale a dire che proprio grazie all’ascolto il musicista potrà restituirci dei “suoni interiori”, degli Inner Sounds (ed è questo il titolo del precedente volume che Fasoli ha pubblicato con Agenzia X) che nascono alla fine di percorsi che con la musica comprendono però anche emozioni e visioni che hanno scandito il jazzistico ritmo della vita.