Antonio Molino (Milano, 1956 - ) - Marisa Bellisario (1986)
Marisa Bellisario, una grande amicizia che non riesce a finire
di Gianni di Quattro
Io lavoravo a Valdagno e lei era venuta per qualche motivo di lavoro e ci siamo conosciuti. Mi aveva detto che veniva da Ceva, in provincia di Cuneo, la stessa provincia di Mario Unnia, un collega e un amico. Si era laureata a Torino in Economia e aveva colto l’opportunità Olivetti, Divisione Elettronica. Si era sistemata a Milano ed era entusiasta di questo lavoro, almeno da come era cominciato.
Ci siamo ritrovati dopo un po’ quando io sono rientrato a Milano, lei intanto si era innamorata di Lionello Cantoni, che era sposato anche se in fase di turbolenza matrimoniale, cosa che la faceva soffrire. Ci vedevamo tutte le sere dopo il lavoro, andavamo a cena Alla Bella Toscana e parlavamo molto. Ogni tanto lei pensando al suo amore si commuoveva e le spuntavano i lacrimoni, mentre io cercavo di dire parole di conforto senza abbandonare tuttavia il mio piatto di spaghetti che la signora Lina preparava in modo superbo. Questa scena si è ripetuta un paio di volte e mi ha fatto odiare dai proprietari e dalle loro due figlie perché pensavano che io fossi un cinico, squallido personaggio, che mentre la sua ragazza, bella biondina, piangeva d’amore arrotolava con noncuranza forchettate di spaghetti al pomodoro con aria quasi felice. C’è voluto del tempo e varie spiegazioni giurate della stessa Marisa per far capire loro che non ero quell’odioso personaggio che si immaginavano, che lei non piangeva per me e poi tutti quanti ci abbiamo riso molto.
La domenica andavamo al cinema o a girovagare per Milano, dopo, quando ho messo su casa, Marisa mi ha aiutato ad attrezzarla per viverci, parlavamo molto e la nostra amicizia è cresciuta conoscendoci e aiutandoci. Per fortuna sua e di Lionello, dopo breve tempo la situazione sentimentale si è risolta, Lionello si è separato ufficialmente e nei termini più formali (la sacra Rota), i due si sono potuti sposare e io sono stato felice di fare da testimone insieme alla più cara amica di Marisa a Milano, la Paola Pieraccini, moglie di Mario Unnia, figlia di un noto banchiere di Arezzo, una donna molto intelligente e simpatica. Nei confronti di Marisa era molto protettiva.
Lei si era trasferita a casa di Lionello in Via Vaina, Porta Romana, che aveva anche una bella terrazza, stavamo insieme quasi tutte le domeniche, Lionello cucinava molto bene e parlava spesso della sua maestra culinaria, la famosa zia Zelinda. E si facevano i capodanni insieme prima a Milano e poi a Torino dove si erano trasferiti in stradale Mongreno quando Marisa passò alla Olivetti di Ivrea e Lionello lasciò l’azienda per diventare il responsabile informatico del gruppo Fiat a Torino. I capodanni, una tradizione di tanti anni, erano allegre serate ed il piatto tradizionale di quelle cene era rappresentato da pentoloni di un ottimo stufato. Ho conosciuto i genitori di Marisa quando si sono trasferiti a Brescia, il fratello Beppe e la simpatica sorella Anna, prima ancora che partisse per Londra per studiare e trovò invece marito. Ci si trovava durante le estati soprattutto quando Lionello e Marisa andavano in Sicilia in un bell’albergo a picco sul mare vicino a Cefalù. Era un’amicizia la mia e di mia moglie Bea con Lionello e Marisa che cercava tutte le occasioni per il piacere di stare insieme.
Marisa è stata un manager eccezionale, che si è inventata da sola, partendo dalla sua determinazione, dalla sua correttezza e dalla sua inflessibilità. Lavorava molto, dava ascolto a tutti, controllava tutto, pianificava tutto ed era inflessibile verso coloro che non rispettavano i piani, gli accordi, le scadenze di qualsiasi genere. Ai tempi dell’Italtel si disse che si era avvicinata ai socialisti data anche la sua amicizia con il ministro Gianni De Michelis (era il ministro delle partecipazioni statali), ma coloro che la hanno seguita e che la hanno conosciuta sanno che lei non ha mai fatto favori che potevano scavalcare il modo corretto di gestire l’azienda, non ha mai finanziato qualcosa di men che normale, non ha mai assunto chi non aveva merito e solo amicizie.
Alla Olivetti ha fatto un lavoro eccezionale, certamente sostenuta e spinta da Ottorino Beltrami, realizzando in cinque anni circa la trasformazione della azienda dalla meccanica alla elettronica, facendo muovere il sistema eporediese lento e restio, ancorato a privilegi, abitudini e convinzioni. Quando è arrivato Carlo De Benedetti al posto di Beltrami e con maggiori poteri perché era il maggiore azionista, fu messa da parte per essere sostituita dal fratello dell’ingegnere e cioè da Franco Debenedetti. Qualcuno disse che era stata una operazione clientelare, la collocazione del fratello, ma se così fosse stato si potrebbe non certamente giustificare, ma almeno capire. In realtà fu molto più grave, fu un errore strategico dell’ingegnere, forse per accontentare il sistema di Ivrea che non vedeva l’ora di far fuori Marisa e forse lo stesso presidente Visentini sia perché legato a questo sistema di Ivrea (non era la prima volta che manifestava la sua posizione) e sia perché voleva liberarsi di tutti i retaggi legati a Ottorino Beltrami che gli aveva aggiustato l’azienda, ma che certamente non aveva dimostrato quella sottomissione che il presidente avrebbe preferito e cui era abituato.
Per farla fuori l’ingegnere la mandò in America a capo della consociata americana e al suo rientro le diede incarichi marginali che spinsero Marisa a cercare alternative e così avvenne l’incontro con Italtel, una azienda del gruppo Stet, con capacità tecniche di rilievo, mal curata e gestita, con tanti dipendenti, molto sindacalizzata (al suo interno nacquero i primi nuclei delle brigate rosse). Marisa entrò come condirettore generale ma divenne ben presto amministratore delegato. Fu veloce a fare pulizia, a ristrutturare, a inserire nuove capacità manageriali, a trattare direttamente con l’azionista e con le partecipazioni statali, a ridisegnare i piani strategici, a riallacciare relazioni internazionali, a trattare con i sindacati concludendo accordi di pace nell’interesse della azienda, persino a ridare all’azienda una immagine formale e un modo di comunicare.
Ad un certo punto del suo successo riconosciuto, nel paese si parlò di una fusione tra Italtel e Telettra che nel frattempo era stata acquisita dal gruppo Fiat. Sarebbe nata una impresa (il nome già scelto era Telit) importante nelle telecomunicazioni, in un momento importante, il paese avrebbe mantenuto capacità produttive, ricerca e autonomia tecnologica. L’operazione non si fece perché fu mandata a monte da Cesare Romiti, allora amministratore delegato del gruppo Fiat, con la scusa ufficiale che Marisa era connotata politicamente e lui non voleva avere contatti con la politica (lui che ne aveva tanti e ben più nascosti come del resto tutta la famiglia Agnelli che ha sempre condizionato la politica italiana). In realtà Romiti non voleva una donna, voleva un suo uomo e pensava di piegare le partecipazioni statali al suo volere come sempre era abitudine di Fiat, mentre la cosa non si fece (De Michelis non ha voluto tradire un modo di comportarsi di Marisa) facendo perdere al paese una opportunità, cosa che non bisognerebbe mai dimenticare quando si parla del sistema industriale del paese e di certe responsabilità. Marisa avrebbe fatto un lavoro eccezionale, un grande peccato incontrare sulla strada uomini piccoli.
Marisa era molto corretta e inflessibile sul lavoro, ma molto dolce con gli amici al di fuori del lavoro e soprattutto con Lionello che in particolare negli ultimi anni era molto sostenuto da lei e questo faceva Marisa con il suo carattere forte malgrado la lunga e penosa malattia, che comunque non la ha mai vista fermarsi, ha sempre lottato come un leone e si è arresa quando ormai non aveva più le forze per poterlo fare.
Quando negli ultimi anni durante la settimana lei era sola a Milano perché Lionello era nella loro bella casa di Torino, lei abitava in un residence di Via Pantano, andava a cena dai Matteoni con Dario e Alberto che la coccolavano e la seguivano con affetto e con straordinaria cura. Lei mangiava le solite cose e magari chiudeva la cena con un piccolo sorso di vodka gelata. Ci vedevamo per parlare e io andavo a farle compagnia.
Con me Marisa è stata una amica affettuosa, generosa, disponibile, indimenticabile, ancora oggi anche se sono passati tanti anni da quel lontano 1988 quando se ne è andata, a me pare che sia sempre accanto a me, ormai so che è una amicizia che non riuscirà mai finire.