Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Don Juan de Palazìn, Cristo di Burgos a Scicli (1695) - Francesco Pascucci, Madonna delle Milizie a Scicli (1780)

 

Bogianen in Sicilia (6) - I luoghi di Montalbano

(seguito)

di Annalisa Rabagliati

 

“Montalbano sono” è la frase che potremmo cambiare in “La città di Montalbano sono” e lo direbbero non una, ma ben tre città della parte sudorientale della Sicilia: Modica, Ragusa e Scicli. Ce lo fa scoprire la nostra guida, nativa di Modica, una signora colta e cordiale, che coinvolge mentre spiega e fa innamorare dei luoghi di cui è innamorata. Tra le guide, tutte ben preparate, è quella che mi piace di più. 

I luoghi della Vigata di Montalbano sono sparsi in città diverse: in una c’è la piazza in cui spesso i personaggi del film chiacchierano, ed è quella del Duomo di San Giorgio a Ragusa; a Modica vi sono strade e case; a Scicli c’è il Commissariato, che in realtà è il palazzo comunale e ospita il fittizio ufficio di Montalbano, che, su prenotazione, si può visitare. Noi, come sempre, siamo un po’ di corsa e non possiamo farlo, così come non andiamo proprio, con grande stupore della guida, a Punta Secca, località sul mare a una ventina di chilometri da Modica, dove si trova la casa del commissario, che, in realtà, è un bed & breakfast, e che a me sarebbe piaciuto vedere soprattutto per ammirare il mare limpido in cui nuota ogni giorno Salvo Montalbano.

A Modica, dove staremo due notti, siamo arrivati in tempo per cenare … alle dieci di sabato sera, accolti da uno chef, maître d’hotel cordiale e attento, nonostante l’ora, che ci offre piatti eccellenti e colazioni con brioches memorabili. Anche in questo albergo, ovviamente, c’è una bella piscina, per la quale noi, altrettanto ovviamente, fingeremo di non avere alcun interesse, perché partiamo la domenica mattina con la nostra guida alla scoperta di ben tre città, le città di Montalbano.

La prima è Modica, dove nacque Salvatore Quasimodo, di cui vediamo la casa natale, che ora è un museo su vita e opere del poeta premio Nobel, cui noi possiamo solo dare un’occhiata da fuori. Un altro posto da visitare con calma se mai potrò tornare in Sicilia. Modica ha una zona nuovissima, quella in cui abita la nostra guida, ma noi visitiamo la zona storica, che è divisa in tre parti, poste su tre livelli diversi: quella più alta era riservata ai nobili, quella di mezzo ai borghesi benestanti e quella più bassa ai popolani. Questi tre gruppi sociali litigavano spesso tra loro, tanto che il governatore della città fu costretto a porre delle lapidi al limitare di ogni zona, per intimare agli abitanti di evitare i contatti non proprio amichevoli tra gruppi diversi. La nostra guida ci dice che spesso vi furono storie d’amore tra giovani di famiglie di quartieri ostili, simili a quelle dei Montecchi e Capuleti.  

A Modica vi sono, tra le altre, due splendide espressioni dello stile barocco: nella zona alta il duomo di San Giorgio (ma quanto era venerato questo santo in Sicilia?) e, in quella mediana della città, quello di San Pietro, dove abbiamo la fortuna di assistere all’ingresso di ragazzi e ragazze che stanno per ricevere la Cresima. Entrano in corteo, recando ciascuno un giglio tra le braccia ed è bello vedere la loro composta gioia.

Questa città è fatta anche di scalinate: salendo, durante la nostra breve visita, ho contato quattrocento scalini. Una città famosa per il cioccolato: particolare, perché preparato senza aggiunta di burro di cacao e senza portare la miscela di cacao e zucchero a temperatura troppo alta, sì che gustandolo si sente la granulosità del cacao e, benché non sia troppo dolce, è molto piacevole al gusto. La nostra guida asserisce che fa bene contro il colesterolo e questo ci spinge a farne una buona scorta: al naturale, con le mandorle, con i pistacchi, con le scorze d’arancia, al peperoncino, alla vaniglia, ecc. ecc.

Da Modica ci rechiamo a Ragusa in pullman e da lontano la vediamo come in una cartolina, anzi, come in un film. Scopro, infatti, che la città che nella sigla iniziale dei film di Montalbano viene mostrata dall’alto, grazie a un drone o un aereo, al suono di una musica diventata famosa, è proprio Ragusa, anzi, Ragusa Ibla, collegata alla Ragusa nuova, posta sull’altipiano, da una scalinata lunghissima sulla quale noi, fortunatamente, non abbiamo dovuto metterci alla prova.

A Modica, Ragusa e Scicli la nostra guida ci illustra i tratti salienti dello stile tardo barocco di chiese e palazzi, con cui sono stati costruiti i maggiori monumenti di questa parte dell’isola. La Sicilia è sempre stata soggetta a terremoti, ma quello che colpì la zona sudorientale nel 1693 fu particolarmente devastante e distrusse più di quaranta paesi e città. Ecco il motivo per cui le chiese e i palazzi d’epoca sono in stile tardo barocco, perché furono costruite ex novo nel XVIII secolo, siccome ben pochi furono qui i monumenti più antichi che si salvarono, tra cui il medievale portale dell’antica chiesa di San Giorgio a Ragusa, che andiamo ad ammirare.

La nostra guida ci accompagna poi al vicino giardino Ibleo e in seguito ci mostra il Circolo di Conversazione (per soli uomini) a Ragusa, dove Montalbano incontra il medico legale, anzi va a rompergli i “cabbasisi” mentre sta giocando a carte. Nelle chiese la guida ci spiega la differenza tra basalti e pietre laviche alla base dei pilastri e, in strada, altri particolari curiosi: ad esempio, mostrandoci i balconi ci fa notare le mensole a forma di figure apotropaiche che li sostengono. Queste figure dall’aspetto mostruoso hanno lo sguardo rivolto all’esterno, non solo per allontanare il malocchio, ma anche per tenere a bada le malelingue, infatti, normalmente, questi sontuosi palazzi appartenevano a notabili o a commercianti che si erano arricchiti suscitando l’invidia dei concittadini.

Nella chiesa di san Giovanni di Scicli la nostra accompagnatrice ci indica due particolarità: i rilievi in gesso raffiguranti strumenti musicali e armi e il dipinto di Cristo in gonnella, unica opera d’arte, pare, che rappresenta Gesù in croce con una gonna plissée a coprire le pudenda. Ma queste non sono le uniche curiosità di Scicli: ci sono ad esempio nella chiesa Madre un dipinto della Madonna delle Milizie, una Madonna guerriera, che brandisce una spada, e una statua che la rappresenta nell’atto di schiacciare i mori. Una Madonna con le armi, unico esempio al mondo, che, personalmente, mi lascia contrariata, più che perplessa, ma trova la sua giustificazione nel periodo storico in cui fu concepita, dominato da un re Borbone ispanico, per ricordare la vittoria dei Normanni contro i Saraceni a Mulici, vicino a Scicli, da cui il nome storpiato Milizie. Per la festa che la celebra, si produce un dolce tradizionale a forma di turbante chiamato “testa di turco”.

Un’opera che invece mi attrae molto è un presepe ligneo del Cinquecento, salvatosi dal terremoto. Io sono una patita dei presepi e qui in Sicilia ne ho potuti ammirare già molti, nelle chiese, ma anche nel laboratorio del corallo, intagliati nel prezioso materiale.

La sera della domenica, dopo aver cenato a Modica, abbiamo un po’ di tempo libero, non dovendo recarci in un altro hotel: un’incredibile opportunità durante questo viaggio, così andiamo quasi tutti a fare due passi dopocena, nonostante la stanchezza. Decidiamo di passeggiare solo fino alla piazza dove tigli profumatissimi ci hanno inebriato, ma, cammina, cammina, questa piazza non si raggiunge mai e ci rendiamo conto che si trova a Scicli, non a Modica. Effetto Vigata o effetto del vedere troppe città nuove tutte insieme?

Domani si riparte, destinazione Noto. Ci seguirete come avete fatto finora? Ma non ci sarete solo voi, c’è qualcun altro che ci segue da lontano, da quando abbiamo lasciato la zona di Agrigento e che ci accompagnerà per quasi tutta l’ultima parte del viaggio.

Durante il percorso da Piazza Armerina a Modica osservavamo le città arroccate sui colli, tra i declivi coltivati o tenuti a pascolo e punteggiati di zone boschive. Ad un tratto, ecco che nel paesaggio è apparsa una montagna più alta delle altre, decorata da una lunga nuvola a spezzare il sereno del cielo con un taglio orizzontale. In realtà non si trattava di una nuvola, ma del fumo che esce dal vulcano e la montagna era “Idda”, l’Etna (per i Catanesi è fimmina come ’a muntagna), che abbiamo visto stupiti per la prima volta, ma di cui ammireremo ancora il profilo nei giorni a venire. Non vedo l’ora di raccontarvi tutto.

(Continua)

 

Inserito il:03/08/2022 16:39:27
Ultimo aggiornamento:09/08/2022 12:08:56
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