Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Ari Roussimoff (Russia, 1954 - New York, Usa) - Shofer: Welcoming in Rosh Hashanah

 

Rosh Hashanà, il Capodanno ebraico

di Vincenzo Rampolla

 

Secondo il calendario liturgico il Capodanno ebraico cade in Settembre, nel primo e secondo giorno del mese di Tishrì. E’ festività religiosa seguita oggi con massima devozione dall’intera comunità mondiale di 14,7 milioni di ebrei. Il significato di Rosh Hashanà è la sottomissione alla sovranità del Cielo. Durante questi due giorni, anche individui illustri e prestigiosi servono il Signore in un modo semplice, con la recitazione di Salmi, un minimo di sonno durante la notte e attenzione particolare a concentrarsi in profonda devozione, lontano da inappropriati pensieri.

E’ chiamata anche Giorno del suono (Yom teru’ah), Giorno del giudizio (Yom ha-din), e Giorno del ricordo (Yom ha-zikkaron). La ricorrenza non è legata a fatti storici relativi al popolo d’Israele, ma ricorda la creazione del mondo, 5779 anni fa. E’ il giorno del compleanno della Terra. Una data di importanza universale perché, collegandosi al giorno in cui furono creati il primo uomo e la prima donna, evidenzia che l’umanità, discendente tutta dalla prima coppia, gode di pari diritti e dignità essendo ogni uomo figlio di Dio. Secondo l’ebraismo, nel giorno di Capodanno e nel periodo immediatamente seguente, Dio giudica ogni singolo individuo a qualunque popolo appartenga, evento che coinvolge i membri dell’intera umanità.

Rosh Hashanà è anche un giorno che riguarda individualmente ogni essere, perché ognuno di noi ha una personalità a sé stante, con i problemi propri, quelli familiari, di lavoro e di salute, problemi che lo spingono a levare gli occhi verso Dio per chiedergli aiuto e conforto, per trovare in lui la forza di continuare, di migliorare e di scegliere la strada giusta.

 

9 Settembre

Vigilia di Rosh Hashanà

Si recitano le preghiere di supplica, la mattina presto; dopo si recita l’annullamento dei voti e delle promesse non mantenute. Donne e ragazze accendono le candele prima del tramonto e recitano due benedizioni. Se si accende dopo il tramonto, è necessario farlo da una fiamma che è stata accesa prima dell'inizio della festa.

Dopo le preghiere serali ci si augura a vicenda: Che tu sia scritto e sigillato per un buon anno!

Si recita una preghiera su un bicchiere di vino o di succo d'uva, per santificare la festa. Si lavano le mani e si recita la benedizione su due pani interi (challòt). Molti usano preparare challòt rotonde per simboleggiare il ciclo della vita. Dopo aver recitato la benedizione, s'intinge la challà nel miele e s'intinge nel miele anche un pezzo di mela dolce, pronunciando una benedizione e dicendo, prima di mangiarlo: Possa la Tua volontà rinnovarci un anno buono e felice (Shanà Tovà).

Si prosegue con il pranzo (Sèder) di Rosh Hashanà, che consiste nel mangiare diverse pietanze con alcuni tipi di frutta e verdura che sono di buon augurio per l'anno a venire. I cibi che si mangiano durante questo Sèder variano secondo le usanze. In tutte le case si usa far precedere la cena della prima e della seconda sera di Rosh Hashanà da un pasto in cui, dopo il rituale festivo, il lavaggio delle mani e la benedizione del pane, si mangiano vari alimenti recitando le preghiere connesse:

Dattero – richiama il legame con la parola tamà, finire, riferito ai nemici, oltre all’allusione alla dolcezza del frutto.

Fico – auspicio di un anno buono e dolce per la dolcezza del frutto e anche allusione al popolo di Israele in base al versetto: come fichi primaticci ho prediletto i vostri padri.

Zucca – la parola kerà, zucca, richiama la radice karà, strappare, riferito al giudizio cattivo, che sia allontanato da ogni persona.

Finocchio – richiama il legame con la parola ravà, aumentare, moltiplicare, riferito ai meriti.

Porri – richiamano il legame con la parola karath, distruggere, riferito a coloro da cui si è odiati.

Bietola – richiama il legame con la parola salak, togliere, allontanare, riferito ai nemici.

Melograno – numerosi riferimenti al melograno come simbolo di pienezza e fertilità.

Testa d’agnello – riferito al versetto: il Signore ti porrà capo e non coda.

Pesci – simboleggiano la prolificità, secondo la benedizione di Isacco ai figli di Esaù: prolificheranno come pesci.

 

10 Settembre


1° Giorno di Rosh Hashanà
[Letture del Sefér: Genesi 21,1-34; Numeri 29,1-6; Samuele I 1,1-2,10.] Sefer sono i rotoli su cui viene trascritta la Torah, custoditi in tutte le sinagoghe all'interno di un particolare armadio dove sono comunemente nascosti alla vista da un drappo ornamentale; durante la lettura dei rotoli si utilizza un bastoncino in argento con all’estremità una piccola mano in avorio, per tenere il punto poiché è vietato toccare i rotoli a mani nude].

Preghiera del mattino. Dopo la lettura della Torà si suona lo shofàr: ciò rappresenta l’incoronazione del Signore come Re del popolo di Israele. È questo il precetto del giorno: ogni ebreo, uomo, donna, bambino, adulto, deve ascoltare il suono dello shofàr ed è proibito parlare dall'inizio delle benedizioni dello shofar fino ai suoni finali di chiusura.

Nel giorno di Rosh Hashanà fu creato l’uomo culmine dell’atto Divino: in quel momento Dio fu incoronato Re dell’universo. La Torà è stata accettata alle pendici del monte e in quella circostanza si udì il suono dello shofàr. Ogni anno si rinnova la sottomissione alla Sua sovranità simboleggiata dal suo suono. Ogni anno si ricorda e si rinnova il legame di sottomissione alle leggi di Dio e di accettazione incondizionata attraverso alcuni passi profetici le cui parole sono paragonate per intensità al suo suono. La sequenza dei suoni provoca nell’animo sentimenti di premonizione di quanto si proverà di fronte al grande e terribile giorno del giudizio finale. Lo shofàr evoca l’ultimo grande raduno del popolo di Israele, che avverrà accompagnato dal suo suono. Ascoltandolo durante Rosh Hashanà si anticipa il carattere di quell’evento e si rafforza la fede nella venuta del Messia e nella resurrezione dei morti. Lo shofàr è un corno di animale ucciso secondo il rituale e dal quale viene rimosso il midollo osseo per poterlo suonare. Rosh Hashanà viene menzionato nella Torà come “Il Giorno del suono dello shofàr” perché è questo il precetto durante i due giorni: sentire i suoni dello shofàr. Così Dio comanda. Non solo, lo shofàr funge da sveglia, ridestando l’uomo dal suo torpore spirituale e ricordando di unirsi nuovamente con il Creatore.

Colui che suona lo shofàr (baàl tokea), recita due benedizioni ed emette tre suoni: tekià (il richiamo diretto ), shevarìm ( tre richiami a singhiozzo ), e teruà (nove o più suoni a singhiozzo). È necessario suonare e sentire almeno trenta di questi suoni; in sinagoga si suonano un totale di cento suoni durante le varie preghiere del giorno. Se non si ha la possibilità di andare in sinagoga il rabbino può aiutare a trovare qualcuno che vada a suonare lo shofàr a domicilio.

Per Rosh Hashanà si usa uno shofàr di montone, in ricordo del sacrificio di Isacco, incurvato per simboleggiare il cuore piegato di fronte a Dio. È bene che non abbia fessure o scheggiature, anche se ciò non ne pregiudica l’uso. Il suo suono, con la caratteristica maestosità e potenza, esprime una forza tale da indurre l’animo umano a provare sentimenti profondi e a volte contrastanti; accade di sentirsi sopraffatti e annichiliti dal suono, in altri casi infonde fede nel futuro. I sacerdoti (kohanìm) benedicono i presenti con la benedizione sacerdotale durante la preghiera di chiusura.

Si mangia un pranzo festivo e si intinge la challà nel miele.

Nel pomeriggio, dopo le letture, ci si reca in riva ad un fiume o ad un lago, presso una sorgente o in riva all'oceano e si recita il tashlìch. Con la preghiera di tashlìch, si gettano via simbolicamente i propri peccati e ci si purifica da essi. L'acqua è il simbolo della Misericordia Divina che fluisce dall'alto verso il basso. L'occhio aperto del pesce ricorda un altro Occhio sempre aperto. Al termine di questo rituale, che ha un'origine mistica, gli uomini scuotono i bordi dello scialle (tallit).

Donne e ragazze accendono le candele e recitano due benedizioni. Se si accende dopo il tramonto, è necessario farlo da una fiamma che è stata accesa prima dell'inizio della festa. Sul tavolo è presente il frutto nuovo che si mangerà dopo, mentre si recita la preghiera di augurio durante la quale è necessario riflettere sul nuovo frutto. Ciò concerne anche la recitazione del kiddùsh, preghiera che viene recitata dal Rabbino, dal capo famiglia o da chi richiesto e trae origine dal racconto biblico della Creazione in cui si narra che Dio il settimo giorno si riposò e santificò il settimo giorno come giorno del riposo (Shabbat). Il termine Shabbat (da cui deriva la parola italiana Sabato) significa infatti cessazione o riposo. Il kiddùsh dello Shabbat significa quindi santificazione del riposo, momento in cui si dovrà avere la medesima intenzione.

Si recita il kiddùsh e si mangia una delle primizie di stagione su cui poter recitare la benedizione.

Si intinge la challà nel miele.

 

11 Settembre
2° giorno di Rosh Hashanà

[Letture del Sefer: Genesi 22,1-24; Numeri 29,1-6; Geremia 31,1-20.]

Dopo la lettura del Sefer si suona lo Shofàr, con lo stesso significato del primo giorno ed è la stessa benedizione con la medesima importanza del primo giorno. È questa la preghiera del giorno: ogni ebreo, uomo, donna, bambino, adulto, deve ascoltare il suono dello Shofàr, è proibito parlare dall'inizio delle benedizioni dello Shofar fino ai suoni finali. I kohanìm, sacerdoti, benedicono i presenti con la benedizione sacerdotale durante la preghiera di chiusura.

Si consuma un pranzo festivo e si intinge la challà nel miele.

18 minuti prima del tramonto donne e ragazze accendono le candele di Shabbat, usando una fiamma accessa prima dell’inizio della festa.

 

12 Settembre
Digiuno di Ghedalià

[Letture del Sefèr: Esodo 32,11-14; 34,1-10; Isaia 55,6-56,8]

Il digiuno inizia all’alba e termina all’apparizione in cielo delle tre stelle. Ricorda l’uccisione di Ghedalià, l’ultimo governatore di Israele. In questo giorno digiunano uomini e donne dall’età di bar/bat mitzvà (età in cui un bambino ebreo raggiunge la maturità, 13 anni e un giorno per i maschi, 12 anni e un giorno per le femmine e diventa responsabile per sé stesso), in particolare:

  • Donne in gravidanza o che allattano non devono digiunare, chi non si sente bene dovrebbe consultarsi con un rabbino,
  • Durante la preghiera del mattino si recitano le preghiere di penitenza,
  • Si legge il Sefer sia nelle preghiere del mattino che in quelle del pomeriggio. Dopo la lettura del pomeriggio si legge anche una lettura che si legge in giorni di digiuno.

Durante la preghiera rituale chi digiuna aggiunge alla benedizione tradizionale una breve preghiera intitolata Anenu,

 

15 Settembre
Lo Shabbat tra Rosh Hashanà e Yom Kippùr

[Letture del Sefer: Deuteronomio 32:1-52; (Isaia 55,6); Hosea 14,2-10; Micah 7-18-20.]

Questo Shabbat è chiamato Shabbat Shuvà, lo Shabbat del ritorno. Il nome deriva dalla preghiera che si legge in quel giorno e che inizia con le parole “Ritorna o Israele al Signore tuo Dio”.

Questo Shabbat è particolare. Secondo gli insegnamenti del kabbalista Rabbi Yitzchak Luria, ha la forza di influenzare tutti gli altri Shabbat dell’anno. È anche il terzo dei Dieci Giorni di Penitenza tra Rosh Hashanà e Yom Kippur, giorni particolari per i quali è scritto: “Cerca il Signore quando Lo si può trovare, chiamaLo quando è vicino”. Si fa la celebrazione dello Shabbat e si mangia il pasto festivo di Shabbat. Si recitano le preghiere rituali e al termine di Shabbat la preghiera di chiusura.

Al termine di Rosh Hashanà dopo un periodo di otto giorni, quest’anno il 18 e 19 settembre, si celebra con solennità il Giorno dell’Espiazione, lo Yom Kippur, durante il quale il massimo digiuno (25-26 ore) e la più severa penitenza ricordano la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Per dieci giorni è usanza astenersi da cibi acidi, simbolo del rifiuto dell’asprezza e alla vigilia si impasta con acqua e farina una mano aperta, manina del malakh, l’angelo. Posta sulla tavola apparecchiata vi rimane anche in assenza di commensali, perché la tavola viene imbandita in onore degli angeli e dei parenti defunti che tornano a visitare la propria casa.

 

Lo Yom Kippur sarà oggetto di un prossimo articolo.

 

Inserito il:11/09/2018 09:23:55
Ultimo aggiornamento:11/09/2018 09:41:15
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