Scipione Pulzone (Gaeta, 1544 – Roma, 1598) – Ritratto del Granduca Ferdinando I de’ Medici
Firenze e Toscana al tempo dei Granduchi (4)
di Mauro Lanzi
Ferdinando I (1587-1609)
Ferdinando era il quartogenito di Cosimo I e di Eleonora di Toledo ed era stato nominato cardinale all’età di soli 14 anni: fin da giovane aveva dimostrato carattere ed idee diametralmente opposti a quelli del fratello, da cui lo divise sempre un’aspra animosità. Così, quando Francesco salì al trono, Ferdinando si trasferì stabilmente a Roma, dove divenne uno dei membri più influenti della Curia, malgrado non avesse mai voluto prendere gli ordini, fino al punto di essere considerato uno dei candidati più accreditati per la successione all’anziano papa Sisto V. A Roma si era fatto notare per la sua abilità nella gestione degli affari ecclesiastici, ma anche per la sua passione per l’arte e l’antiquariato: impegnando ingenti somme di denaro raccolse una serie di capolavori dell’antichità, tra cui il Fauno Danzante, il Lottatore, l’Arrotino, l’Apollino e, sopra tutti, la celeberrima “Venere Medici”, da sempre simbolo della beltà muliebre: tutte opere che grazie a lui possiamo ammirare agli Uffizi.
Questa fase della vita di Ferdinando si interrompe bruscamente alla morte del fratello, che non lascia eredi maschi: Ferdinando allora si impadronisce rapidamente delle leve del potere, organizza un funerale fastoso ed una degna sepoltura a San Lorenzo per Francesco, mentre la moglie viene gettata in una fossa comune, avvolta in un lenzuolo bianco; neppure la morte poté ispirare cristiana pietà a quest’uomo di chiesa.
Dopo poco Ferdinando rinunziò anche alla porpora cardinalizia, malgrado potesse nutrire fondate speranze al soglio pontificio e pensò a sposarsi, anche per assicurare al granducato una continuità dinastica; la prescelta era Cristina di Lorena, nipote della regina Caterina di Francia: la scelta rappresentò un significativo cambiamento nella politica estera della Toscana, che cercò così di affrancarsi dalla pesante tutela asburgica, riallacciando i contatti con la Francia: Ferdinando non si limitò alle trattative matrimoniali, ma strinse anche rapporti molto stretti con Enrico di Navarra, di cui finanziò la guerra civile contro la Lega Cattolica, guidata dai Guisa, guerra riesplosa con violenza dopo l’assassinio dell’ultimo Valois, Enrico III (1592).
L’aiuto finanziario del Medici fu essenziale per Enrico (a quei tempi la Toscana aveva un bilancio superiore a quello della corte di Francia!), ma anche i consigli di Ferdinando gli furono preziosi: sembra sia stato proprio il Medici a suggerire ad Enrico, per vincere l’indomabile resistenza di Parigi, una conversione di facciata al cattolicesimo: Enrico si convinse, con la famosa frase: ”Parigi val bene una messa!” (1594). Forse solo un ex-cardinale poteva convincere un miscredente ugonotto ad un gesto di tale ipocrisia!!
Ferdinando poi coronò la sua opera politica in terra di Francia, concludendo il matrimonio tra la nipote Maria e lo stesso Enrico IV, dopo il divorzio di quest’ultimo da Margherita di Valois (la famosa “Margot”, sposata pochi giorni prima della Strage di San Bartolomeo).
Cristina, in ogni caso, si rivelò una moglie eccellente per il granduca; educata da Caterina de’ Medici, dopo la morte della madre, aveva appreso dalla nonna l’equilibrio, il buon senso, l’arte della trattativa, che uniti alle sue naturali doti di grazia e vivacità ne faranno la protagonista della vita politica fiorentina per quasi 50 anni, prima accanto al marito, poi, dopo la sua morte come consigliera dei figli e reggente dello stato, durante la loro minorità.
Ferdinando regnò per 27 anni e, grazie anche all’aiuto della moglie, riuscì a riformare lo stato eliminando l’inefficienza e la corruzione, riformando il sistema fiscale, aiutando agricoltura e commercio, riportò l’economia della Toscana ai suoi massimi livelli. Mantenne, anche al potere, la sua passione per l’arte, fece completare ed ampliare la galleria degli Uffizi, in cui il Buontalenti costruì varie nuove sale, compresa quella, bellissima detta della Tribuna,
sala ottagonale, con soffitto in madre perla, pavimento in marmo intarsiato, un’opera d’arte di per sé; qui Ferdinando riportò da Roma le opere d’arte che aveva acquistato e ve ne aggiunse delle altre, compresi alcuni quadri che erano scomparsi dopo il saccheggio di casa Medici del 1494; tra tutti, famosissimo “La Madonna del Granduca”, di Raffaello. Altra opera di Ferdinando à il Mausoleo che sorge vicino a San Lorenzo, una grande cappella ottagonale dove sono sepolti i sette granduchi; evidentemente non si raggiunge qui il livello delle prime sepolture medicee, nella Sacrestia Nuova, ma l’opera è comunque notevole per la magnificenza dei marmi e degli intarsi, esempli sublimi della lavorazione delle pietre dure che appunto Ferdinando aveva avviato a Firenze. Infine è da ricordare la statua equestre di Cosimo I, commissionata al Giambologna, che si può ancora ammirare in piazza della Signoria.
L’opera, però, per cui Ferdinando va maggiormente ricordato è la fondazione di Livorno (1606): i lavori in realtà erano stati iniziati dal padre Cosimo I e proseguiti dal fratello, ma fu Ferdinando che si dedicò con la massima energia al completamento dei moli e delle fortificazioni, emanò le leggi fiscali che dovevano favorire i commerci e, soprattutto, vi aggiunse delle misure di una larghezza di vedute inusitata per quei tempi: decretò infatti che il nuovo porto dovesse essere regolato con la più ampia tolleranza, rendendolo così un asilo per tutti i perseguitati di tutte le religioni, protestanti fiamminghi, ugonotti francesi, cattolici in fuga dall’Inghilterra e, più di ogni altro ebrei perseguitati ovunque; insieme a questi anche ex galeotti o chiunque avesse pendenze con la legge; ancora oggi i livornesi mantengono tratti di anticonformismo e ribellione nel loro carattere.
Il risultato fu immediato; Livorno prosperò subito, divenendo rapidamente il secondo porto commerciale italiano del Tirreno, dopo Genova. Ferdinando accrebbe anche la marina militare, che sotto la guida dei Cavalieri di Santo Stefano riportò una serie di grandi vittorie contro i Turchi, liberando il Tirreno dalla pirateria; nella Sala del Baroccio agli Uffizi, una tavola di pietra dura intagliata, eseguita su ordine di Ferdinando. rappresenta una vittoria navale contro vascelli turchi sullo sfondo del porto di Livorno.
Ferdinando morì il 7 febbraio 1609, poco dopo aver portato a termine un’altra operazione di grande rilievo politico, il matrimonio del figlio Cosimo II con l’arciduchessa Maria Maddalena, sorella del futuro imperatore d’Austria, riuscendo così a riequilibrare l’indirizzo filo francese seguito fino a quel momento.
Ferdinando lasciò affari familiari ed affari pubblici in condizione di grande prosperità: fu l’ultimo grande statista di casa Medici.
Con lui ci sembra giusto concludere le vicende della Casata in Italia.