Aggiornato al 03/12/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Francesco Lojacono (Palermo, 1838-1915) - Veduta del golfo di Palermo

 

Il baule dei ricordi. Quando giocavamo ad essere grandi

di Gianni Di Quattro

 

Il mondo delle Università negli anni 50 era pieno di giovani che cercavano di studiare come ora e come sempre, ma che si appassionavano anche alla società, alla politica, alla loro evoluzione.

Nelle Università si erano create formazioni politiche, alcune collegate ai partiti come il CUDI collegato al Partito Comunista, l’INTESA collegata alla Democrazia Cristiana (con molte componenti della FUCI), il FUAN collegato al Movimento Sociale Italiano e poi l’UGI ( Unione Goliardica Italiana) che in qualche modo si richiamava ad una cultura laica e liberale abbastanza collegata ai partiti minori dello scenario politico nazionale come il PRI di La Malfa, il PLI di Malagodi e il PSDI di Saragat che, infatti, a questo gruppo universitario non facevano mancare consigli ed anche qualche piccolo finanziamento.

L’impegno profuso da tanti giovani in quelle battaglie è stato notevole, si usciva dalla guerra, il piacere di discutere liberamente e contribuire a costruire la democrazia nel paese era tanto e, soprattutto, esisteva la coscienza che tra noi c’era la futura classe dirigente del paese, ci si abituava a votare e a rispettare il volere della maggioranza, in altri termini si imparavano le regole della democrazia. Naturalmente esisteva un punto di aggregazione nazionale che era l’UNURI dove tutti i gruppi universitari si incontravano e progettavano iniziative e contatti.

Molti grandi protagonisti della politica nazionale si sono fatte le ossa in quelle battaglie, come, per citare qualche nome a caso, Enrico Berlinguer, Marco Pannella, Sergio Stanzani, Bettino Craxi e tanti altri.

Si facevano i congressi nazionali e si aprivano dibattiti infiniti e colti, si leggeva e ci si confrontava, si organizzavano gli incontri con il Rettorato per discutere sulla gestione degli atenei, si viaggiava e si costruiva un grande spirito di amicizia. Sono stati anni importanti non solo per tanti giovani, ma per il paese e per la costruzione della democrazia, infatti abbiamo imparato che per fare la democrazia ci vuole anche cultura, sensibilizzazione e capacità di pensare non solo per sé ma per tutta la comunità.

Anni fantastici, non sprecati, tra gli studi e gli impegni politici per chi voleva e che a loro volta provocavano curiosità culturali di ogni tipo e che potevamo soddisfare, più che con le biblioteche universitarie di quei tempi, grazie a strutture come Comunità di Adriano Olivetti che ci regalava libri e che pubblicava autori allora sconosciuti e importanti nel campo del diritto, della organizzazione di uno Stato, della sociologia che abbiamo imparato a praticare. Ma c’erano le strutture legate ai Consolati americani dove si trovava tutta la letteratura americana del secolo, sino ad allora mai potuta frequentare. Ed infine qualche libraio importante e visionario che c’era in tutte le città e che per me è stato Flaccovio a Palermo in Via Ruggero Settimo. Flaccovio, che recentemente ha chiuso purtroppo, ha rappresentato per Palermo un faro acceso per tutti e per i giovani in particolare, dove discutevi, trovavi, incontravi e sognavi.

Fare politica in quegli anni per molti di noi, specie se si stava a Palermo o in qualche altro luogo decentrato, ha significato allargare il mondo degli amici, collegarsi e scambiare idee con chi viveva da altre parti, coltivare e confrontare pensieri, dare un senso concreto a ciò che facevamo e alla vita, quella che facevamo e soprattutto quella che ci aspettava.

Certamente molti di noi sono poi stati delusi perché abbiamo visto i sogni infrangersi, perché ci siamo persi nel mare della vita. Ma nessuno di noi che poi non ha avuto successo ha scaricato questo fatto sulla società crudele o su qualche altra cosa, perché l’esperienza politica universitaria ci ha insegnato tante cose e tra queste il senso della responsabilità, ci ha insegnato a prendere atto con onestà dei propri meriti e pure delle proprie incapacità.

Per me è stata una cosa importantissima, perché solo così ho potuto accettare insuccessi e mediocrità, ho potuto imparare a non odiare, a rispettare tutti, a chiedere scusa, a combattere anche quando tutto sembrava perso. L’impegno dei giovani nelle università è stato importante e lo sarebbe ancora oggi ed è un peccato che non emerga soprattutto in una epoca in cui, come allora, potrebbe davvero giocare un ruolo fondamentale per costruire il futuro.

Inserito il:11/07/2017 15:53:21
Ultimo aggiornamento:11/07/2017 16:01:43
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