Dipinto di autore anonimo e non datato. Nel retro della tela un testo in francese non firmato attribuisce il ritratto al profumiere di Colonia Giovanni Paolo Feminis (ca 1660-1736). Il dipinto è stato esposto per la prima volta l'11 luglio 2009 alla mostra La mirabilis storia dell'Acqua di Colonia di Santa Maria Maggiore (VB)
La piemontese Acqua di Cologna
di Cesare Verlucca & Giorgio Cortese
Carissimi amici,
viviamo in Italia, dove cerchiamo di stare al meglio; ma qualunque oggetto importante veda la luce nel mondo con cotidiana sollecitudine, è facile sia stato inventato altrove, mentre nel caso che stiamo esaminando per intrattenervi, ci soddisfa la prospettiva d’informarvi che, Cosa nostra, è.
Calma e gesso, se nel linguaggio comune questa brevissima frase viene genericamente ricondotta alla mafia siciliana o semplicemente a un'organizzazione criminale di tipo mafioso-terroristico, qui siamo di fronte a tutt’altro, e cioè a un prodotto utilizzato dovunque e anche altrove, e universalmente molto apprezzato.
Si tratta infatti di un’acqua di Colonia che in francese e inglese si chiama eau de Cologne, in spagnolo agua de Colonia, in tedesco Kolnisches Wasser. Il noto profumo consiste in una soluzione alcolica di olî essenziali: di bergamotto, lavanda, garofani, rosmarino, origano, fiori d'arancio e di limone, ed è di origine piemontese, e cioè di Domodossola.
Il delicato profumo è legato al nome di Giovanni Maria Farina, nato a Santa Maria Maggiore nel 1685, il quale, stabilitosi a Colonia, vi fondò col cognato un negozio di merci varie, fra cui prese un posto notevole e poi esclusivo: l'aqua admirabilis.
L'acqua di Colonia, adoperata allora soprattutto come medicinale, si divulgò rapidamente. Risale al 1742 il nome francese di eau de Cologne, da cui il russo odekolonj. Se il Farina stesso abbia inventato la ricetta o se l'abbia ricevuta da altri, non è ben certo. Secondo una leggenda, gliel'avrebbe data un ufficiale inglese reduce dalle Indie. Ma documenti antichi conservati a Santa Maria Maggiore (Domodossola) additano come probabile inventore Gian Paolo Feminis, del fu Gian Antonio, nato a Crana verso il 1670, merciaio ambulante. Ai lauti guadagni della sua invenzione il Feminis fece partecipare il paese nativo; prima di morire, egli avrebbe lasciato la ricetta a un Giovanni Antonio Farina, di cui nulla si sa, e da quest'ultimo essa sarebbe passata a Giovanni Maria Farina.
Scriveva del suo profumo nel 1708 Giovanni Maria Farina: “Il mio profumo è come un mattino italiano di primavera dopo la pioggia: ricorda le arance, i limoni, i pompelmi, i bergamotti, i cedri, i fiori e le erbe aromatiche della mia terra.
Mi rinfresca e stimola sensi e fantasia”
Essendo celibe, nel 1766 egli lasciò erede l'omonimo nipote e figlioccio, da cui discendono i Farina gegenüber dem Jülichs-Platz, che hanno ereditato il segreto di fabbricazione e difendono accanitamente il loro diritto contro gl'innumerevoli contraffattori. Nel 1794 c'erano a Colonia 15 ditte che fabbricavano acqua di Colonia, di cui 4 col nome di Farina; nel 1865 le ditte Farina erano ben 39!.
Grazie alla sua freschezza e leggerezza l’Acqua di Colonia ebbe tra i suoi grandi estimatori per la maggior parte uomini, tra cui Napoleone Bonaparte, del quale si narra la utilizzasse sia come profumo che come medicina e che ne utilizzasse ben quattro litri al giorno!
Anche Wagner era un grande estimatore, pare ne consumasse circa un litro a settimana. Ma tra i famosi troviamo Goethe, Luigi XVI, Voltaire e la Regina Vittoria d'Inghilterra.
E' indubbio che l'Acqua di Colonia, essendo poco persistente, va spruzzata in tutti i punti dove pulsa il cuore, ma è pur vero che proprio per la sua composizione leggera si può spruzzare anche sui vestiti per esaltarla ancora di più.
A tutt'oggi, la formula originale si caratterizza per le note accentuate di bergamotto, mentre nelle altre spiccano le note fresche, floreali del neroli.
Nell’acqua di Colonia un'altra componente fondamentale è il bergamotto, la cui origine è incerta, ma probabilmente arriva dalla Cina, o forse dall’isola di Porro (Grecia).
Le prime colture intensive furono avviate proprio in Calabria nel ’700 dopo che l’italiano Gian Maria Farina, emigrato a Colonia, in Germania, inventò appunto l’acqua di colonia, di cui l’essenza di bergamotto è un ingrediente basilare.
Oggi è comunque ampiamente diffusa in tutto il Mediterraneo. La prima fonte certa della presenza del bergamotto in Italia, e più precisamente in Calabria, è un libro del 1646. Qui il bergamotto, così chiamato perché si pensava che fosse originario della città spagnola di Berga, viene citato come una rarità per amatori presenti solo in Calabria.
La pianta è molto simile a quella dell’arancio. Dalla parte esterna del frutto si ricava l’olio essenziale utilizzato in cosmetica per profumi, oli e creme abbronzanti, e in erboristeria come disinfettante e cicatrizzante. D'oro prezioso le sue proprietà, di colore giallo-verde gioioso la sua sobrietà. Bergamotto, agrume speciale dal profumo inebriante, sempre proteso al sole, un gioiello della natura importante. E’ nella sua naturale essenza che si assapora il dono della terra, e nella sua presenza che l’olfatto ci afferra. Da questo frutto si trae un olio o essenziale che viaggia lontano nel mondo e espande nell’aria un gradevole odore.
Infine, nel mondo esiste acqua di Colonia e acqua di Kolonya, come viene chiamata in Turchia, dove pare sia sistematicamente usata come agente sterilizzante e antisettico o anche come medicinale che viene messo a gocce su zollette di zucchero come aiuto nella digestione. Ma l’utilizzo più sistematico è forse come disinfettante delle mani al posto dell’amuchina, per la sua alta gradazione alcolica.
E tutta quest’acqua e queste mani richiamano alla mente un famoso tormentone estivo della fine anni Sessanta quando Lucio Battisti infuriava con una bellissima canzone scritta con Mogol. Ricordate?
Acqua azzurra,
Acqua chiara,
con le mani posso finalmente bere.
Nei tuoi occhi innocenti
posso ancora ritrovare
il profumo di un amore puro,
puro come il tuo amor…
Tempi fascinosi: torneranno?