Susy Renzi (1958 – Milano) – Inverno in Val Trebbia
Pian del Poggio: origini, usi e costumi.
Sembra che tutto sia nato da una deviazione di vari pellegrini rispetto al percorso originale della via francigena che storicamente passava parallelamente un po’ più in basso e cioè nel tratto Bobbio-Ottone in Val Trebbia.
Già ai tempi (anni compresi fra il 1100 e il 1300 d.C.) vigeva l'uso di segnare su pietre le indicazioni della via da seguire, un po' come ancora oggi si segnalano i sentieri. Sul tratto che risaliva il torrente Staffora da Varzi a Pian del Poggio, per proseguire poi sino a sfiorare l'Antola e ricongiungersi poi col percorso originale proveniente dalla Val Trebbia, sono stati rinvenuti vari ideogrammi su pietra.
Nella alta conca relativamente protetta dai venti, riconducibile all'attuale Pian del Poggio, alcuni ideogrammi su pietra riportavano: MG DC SC.
Studi iniziali e recenti avallati dall' ”Accademia della Crusca” e dal “Simposio dell'orzo pesto” (inizialmente orientati all’ipotesi di una sequenza anomala di numeri romani) hanno alla fine inequivocabilmente convenuto sul significato delle lettere.
Trattasi di iniziali di: “ ma guarda dove cazzo sono capitato”.
Peraltro ulteriori studi su tali deviazioni dal percorso originale di Sigerico segnalavano una tendenza di suo già deviante nei comportamenti di tali viandanti e pellegrini: una leggera ma marcata sintonia con gli usi e costumi più masochistici di Sparta. Durante le soste nell'area dell'attuale Pian del Poggio praticavano la caccia con bastoni e a mani nude (lepri, cerbiatti, e un po’ meno ... cinghiali), si riparavano dalle intemperie e dalle notti infagottandosi in forme che richiamano l'attuale “sacco a pelo” e rifiutavano, rispetto ai pellegrini che percorrevano la via francigena originale, tende riscaldate da un fuoco centrale che potevano ospitare più persone.
Ironia della sorte anche ai giorni nostri un invisibile filo conduttore accomuna i pellegrini dell'epoca agli attuali abituri/villeggianti del terzo millennio. Si continua a praticare la caccia, prevalentemente al cinghiale (ce ne sono in abbondanza), e l'uso del riscaldamento individuale (un ancestrale tributo pagano al Dio spartano Pellet) con una forte avversione ai “riscaldamenti centralizzati”, ritenuti tipici molli costumi della decadente Atene. Tali impianti centralizzati purtroppo non reggono il confronto con i cinghiali (che abbondano): infatti sono in via di estinzione.
Una singolare nota antropologica rileva che l'aspetto dei contemporanei abituri poggesi è quello normale ed assimilabile agli altri abituri della parallela Val Trebbia e nulla lascerebbe immaginare che le deviazioni incomprensibilmente acquisite attraverso uno strano fenomeno spazio-temporale, abbia irrimediabilmente marcato interiormente la Comunità poggese dei giorni nostri e che è rilevabile solo dall’osservazione dei modelli comportamentali sopra citati.