William Adolphe Bouguereau (La Rochelle, 1825 - 1905) - The Elder Sister
A Maria
di Marialuisa Bordoli Tittarelli
Mamma ha scelto per te
il nome più bello,
Maria.
Un nome che racconta la bellezza misteriosa,
la regalità femminile,
la purezza del cuore,
la serena sottomissione al proprio destino.
Un compito pesante,
una responsabilità prematura,
un’infinita solitudine.
Dicono che anche da bambina
tu non facessi capricci.
Restavi silenziosa a guardare il mondo
con i tuoi neri occhi severi e intenti.
Seguivi tua madre
con amore totale e
disperata gelosia.
C’era sempre un bambino più piccolo
tra le sue braccia,
C’era sempre un bambino più piccolo
da controllare.
C’era sempre un piccolo compito da svolgere.
C’era sempre un “piacere” da farti fare.
- Per favore Maria mi alzi? -
E’uno dei miei primi ricordi di te.
Scivolavi via dal grande letto
nella penombra della stanza
ed io ti sentivo trattenere il respiro
per non svegliarmi.
Ti ricordi, Maria, le nostre mattine da sole?
Ce ne furono alcune piene di poesia
col sole tiepido che illuminava il soggiorno
e i passeri che cinguettavano in cortile.
La casa era vuota e silenziosa e tu
mi svestivi, lavavi, rivestivi facendomi dire le prime preghiere.
Ricordo il tuo mitico scialle di lana rosa, con una luminosa striscia gialla,
lavorato a mano da nonna,
e il privilegio di poterti pettinare,
in qualche raro pomeriggio d’inverno,
mentre sedevi accanto al monumentale calorifero della sala.
Ricordo montagne di biancheria
piegate sul tavolo apparecchiato per lo stiro e la tua
instancabile pazienza nell’affrontare un lavoro lungo e noioso.
Ricordo le tue rare risate,
le canzoni cantate con una tua amica carissima,
che parlavano di montagne, pecore, pastorelle piangenti
e crudeli lupi mannari.
Ricordo che odoravi di buono, ma non ti facevi mai abbracciare.
Ti ricordo in un pomeriggio di settembre,
seduta vicino al balcone aperto,
con la tenda bianca ricamata di ciliegie rosse, che si gonfiava per la brezza.
Mi offristi un pezzo di torta alla glassa e qualche confetto e mi dicesti
che papà si era risposato.
Non mi colpì la gravita della notizia, troppo grande per i miei cinque anni,
ma il tuo viso pensoso, il tuo strano incerto sorriso,
la tua voce come sospesa.
Com’eri giovane Maria e non lo sapevo…
Com’eri giovane Maria e come non capivo!
Com’eri giovane Maria e com’eri sola.
Facevi anche paura, sai, e mettevi soggezione.
I tuoi silenzi duri,
le tue terribili lune, i tuoi scatti improvvisi
facevano ammutolire la casa.
Ed io guardavo di sottecchi la tua fronte
in attesa che si spianasse il tuo cipiglio.
Confidenze non ce ne siamo mai fatte,
né tra noi sono passate parole tenere e caldi gesti.
Eppure l’amore è stato grande,
coltivato dalla stima e da un profondo rispetto.
Ti ricordi la villetta di via Romussi?
Solo tu ed io abbiamo abitato insieme,
affaccendate in anni più sereni,
di intenso lavoro e scoperte importanti.
Sei tu, in definitiva, che hai ispirato e permesso i miei studi
ed è a te che ho dedicato, in segreto, i miei successi.
Io ti porto nel cuore Maria,
al posto di una madre,
perché, io e te lo sappiamo,
tu mi sei stata mamma ed io
sono stata la tua bambina in affido.