Aggiornato al 13/09/2025

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Edizione russa dei Protocolli dei Savi di Sion

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(Seguito)

 

La questione ebraica (4) - L’età moderna - Antisemitismo e Sionismo

di Mauro Lanzi

 

Tutto quanto esposto negli articoli precedenti, tutte le restrizioni, persecuzioni, discriminazioni, angherie di cui era stato fatto oggetto per secoli il popolo ebreo, tutto questo fu cancellato con un tratto di penna da un evento epocale, la Rivoluzione Francese; già con la “Dichiarazione dei diritti” si proclamava che tutti gli uomini nascono e rimangono liberi ed uguali, ma, affinché non sussistessero dubbi, nel 1791 venne approvato un decreto specifico di emancipazione degli ebrei, cioè gli ebrei divenivano per legge cittadini come tutti gli altri. Gli ideali della Rivoluzione furono, come sappiamo, diffusi in tutta Europa dalle armate napoleoniche e, di conseguenza, anche l’emancipazione degli ebrei venne un po’ alla volta decretata ovunque, a partire dai granducati tedeschi, poi Assia, Prussia, Austria, Belgio e tutti gli altri; in Italia arrivò prima in Piemonte con lo Statuto Albertino nel 1848, con il Regno d’Italia si estese al resto della penisola; a Roma arrivò nel 1870 con la breccia di Porta Pia; evviva i bersaglieri!!

Restava fuori da questa spinta verso l’emancipazione la Russia, dove l’emancipazione degli ebrei arrivò solo nel 1917 con la rivoluzione bolscevica. Il pregiudizio antiebraico nella Russia zarista era molto forte e diffuso; le comunità ebraiche erano numerose e a volte anche prospere, molti ebrei occupavano posizioni di rilievo nella medicina, nella finanza od anche nell’amministrazione pubblica, la nascente ”intellighenzia” contava nel suo ambito molti personaggi di origine ebrea e tutti questi aspetti non mancavano di alimentare il rancore antisemita della popolazione ortodossa.

L’antisemitismo covato in profondità dalla popolazione trovò modo di esplodere in occasione dell’assassinio dello zar Alessandro II; Alessandro, a scapito di una dinastia Immagine che contiene vestiti, Viso umano, persona, uomoIl contenuto generato dall'IA potrebbe non essere corretto.distintasi per i tratti reazionari, fu lo zar più riformatore dai tempi di Pietro il Grande. Il suo principale risultato fu l’emancipazione dei servi della gleba nel 1861 (pensate un po' con quanto ritardo!), ma furono tanti i suoi meriti, la riorganizzazione del sistema giudiziario, l’istituzione dì un sistema di autogoverni locali, la promozione dell’istruzione superiore nelle università, l’abolizione della pena capitale e dei diritti ereditari del clero.

Purtroppo, come spesso accade riforme così radicali finirono per deludere le aspettative di molti, in particolare nelle campagne dove le terre distribuite ai contadini, dopo l’abolizione della servitù della gleba, non erano sufficienti a soddisfare i loro bisogni e molti erano costretti a indebitarsi per poter acquistare del terreno coltivabile. Così agli entusiasmi che avevano accompagnato l’inizio delle riforme subentrò un clima di forte malcontento che provocò nelle campagne diverse proteste e ribellioni. Di fronte all’estendersi dei disordini, Alessandro II fu indotto ad abbandonare ogni apertura liberale, tentando di ripristinare i metodi tradizionali dell’autocrazia russa. Forse fu questo voltafaccia ad armare la mano dei congiurati che nel 1881 assassinarono lo zar.

 La notizia della morte del sovrano provocò un profondo shock all’interno dell’opinione pubblica russa. Sull’onda lunga di notizie e teorie di un complotto che inquadravano in una cospirazione ebraica l’attentato (diversi membri dell’organizzazione eversiva erano di nazionalità ebraica), pogrom e persecuzioni esplosero sullo sfondo di una situazione politica di per sé già instabile. La disuguaglianza all’interno del tessuto sociale russo, l’antisemitismo di lunga data e l’insoddisfazione della popolazione urbana ortodossa per via della concorrenza economica degli ebrei contribuirono in questa situazione a diffondere voci secondo cui lo zar era stato ucciso in un complotto ebraico e ciò indusse la popolazione ad organizzare pogrom di una violenza ed una ferocia mai viste fino allora, nella assoluta passività delle autorità locali, dell’esercito e della polizia. Il pogrom di Kiev del 1881 fu tra i più violenti nella storia delle persecuzioni antiebraiche in Est Europa, durò tre giorni.

Ma la conseguenza peggiore di questa ondata di violento antisemitismo non furono i pogrom, ma qualcosa che si rivelerà ancora più nocivo per gli ebrei, un libro, un falso documentale creato dall’Ochrana, la polizia segreta zarista, per alimentare e diffondere l’odio antiebraico nell’impero russo o forse anche solo per prevenire altre congiure ebraiche; questo testo fu realizzato sotto forma di documento segreto, attribuito ad una fantomatica organizzazione ebraica e massonica, il cui obiettivo sarebbe stato impadronirsi del potere nel mondo, attraverso due canali che si stimava fossero in prevalenza in mano ad ebrei, la finanza e la stampa. Il nome dato a questo documento, destinato ad avere tanta parte nel movimento antisemita, fu “I Protocolli dei Savi di Sion”; il documento in sé è un plagio: la fonte originaria dell'opera è un pamphlet del 1864 intitolato Dialogue aux enfers entre Machiavel et Montesquieu (Dialogo agli inferi tra Machiavelli e Montesquieu), scritto dall'autore satirico francese Maurice Joly; Joly immagina che i due personaggi, incontratisi nell’aldilà, delineassero il piano di un complotto, avente come fine, assicurarsi il potere mondiale, tramite il controllo dell’informazione e della finanza; come esecutori del disegno criminale, Joly  immaginò i gesuiti. Joly scriveva in funzione di critica al regime di Napoleone III, che manipolando stampa e finanza avrebbe in breve ridotto la società europea in condizioni di totale asservimento.

 Dopo l'assassinio dello zar Alessandro II nel 1881, l’ Ochrana, trovò l’argomento di questo pamphlet, nel frattempo tradotto in russo, utile nella sua campagna di discredito dei riformatori liberali e dei rivoluzionari che stavano rapidamente guadagnandosi il sostegno popolare, in particolare tra le minoranze oppresse come gli Ebrei russi; bastava cambiare i protagonisti, mettendo al centro della trama un complotto di rabbini ebraici (i Savi di Sion) ed il gioco era fatto. Il libro ebbe così una diffusione rapidissima in Russia ed anche in altri paesi europei, malgrado si levassero da più parti voci che lo denunciavano con un falso; alla fine, ma solo agli inizi del ‘900, fu lo stesso primo ministro russo ad ordinare un’indagine, dalla quale risultò chiaro il ruolo dell’Ochrana nella redazione del testo; quando lo zar Nicola II fu informato dei risultati dell'indagine ordinò di sequestrare e distruggere tutte le copie dei Protocolli perché «Una buona causa non può essere difesa con mezzi sporchi». Purtroppo, come dice Shakespeare: 

“Il male che l’uomo fa gli sopravvive, il bene spesso è sepolto con le sue ossa”.

Nicola II fu presto sepolto con tutta la sua famiglia, il male, i Protocolli, sopravvissero a tutto, alla guerra, alla Rivoluzione, al bolscevismo; nel 1923 i Protocolli fecero la loro comparsa in Germania e furono tradotti in tedesco da Alfred Rosenberg, ideologo del nazismo, finirono in mano ad Hitler, che li citò anche nel Mein Kampf; come conseguenza i Protocolli divennero un articolo di fede del nazismo, divennero persino una lettura obbligatoria per gli studenti tedeschi; i Protocolli furono usati per spiegare  o trovare i colpevoli di tutti i disastri che avevano afflitto il paese: la sconfitta nella guerra, la fame, l'inflazione devastante; servirono infine a giustificare la persecuzione degli ebrei, con gli esiti che conosciamo.

Ancora oggi, in determinati ambienti, i Protocolli, o brani degli stessi, vengono citati in chiave antisemita; un falso come i Protocolli ha nuociuto al popolo ebraico più di cento pogrom.

 Le prevenzioni e persino l’astio antisemiti che avevano assunto forme e dimensioni devastanti in Russia verso la fine del XIX secolo, non erano affatto assenti, malgrado i decreti di emancipazione, negli altri paesi europei; i pregiudizi sono duri a morire, gli ebrei erano dipinti nella cultura popolare come avidi, avari, esosi, solidali con i loro simili, ma implacabili contro i cristiani, gente da cui guardarsi.

Proprio in questo periodo ed in questa atmosfera avvelenata da un rancore ingiustificato nei confronti del popolo ebraico, nasce un movimento destinato ad avere un’importanza decisiva in futuro, il movimento sionista. Oggi la propaganda di matrice islamica o di una certa sinistra hanno fatto delle parole sionismo o sionista, un’ingiuria o un capo di accusa, imputando a quanto inteso con queste parole ogni colpa di quanto è accaduto o sta accadendo in Palestina. Il Sionismo, però, in sé è nato come un’ideologia politica senza intenti di prevaricazione verso nessuno, anzi di autodifesa da parte ebraica contro un mondo ostile; il Sionismo affermava il diritto all’autodeterminazione ed alla riunificazione del popolo ebraico, possibilmente, ma non necessariamente nella terra ad esso destinata secondo la Bibbia, cioè la Palestina; alla base del sionismo si mescolavano la logica reazione all’antisemitismo imperante con l’adesione al più vasto movimento del nazionalismo europeo; questa adesione fu favorita dal diffondersi tra gli ebrei del nord Europa di una corrente di pensiero detta Haskalah, o illuminismo ebraico; nata in Germania, la Haskalah affermava il primato di scienza e ragione su fede e tradizione, svincolava quindi le comunità ebraiche dal controllo dei rabbini, poneva le basi di una società e di una politica laiche, pur nel rispetto della religione dei padri; cercava quindi di dare agli ebrei d’Europa gli strumenti per assimilarsi alle  società in cui vivevano, allineandosi ai movimenti nazionalisti europei. Le difficoltà nel realizzare questa integrazione, dovute al permanere di pregiudizi antiebraici, fecero germogliare da più parti l’idea della necessità di uno stato ebraico in cui l’antisemitismo fosse assente per definizione; da queste premesse nacque il sionismo. Il successo del sionismo fu in sostanza dovuto al fondersi di moderne idee nazionalistiche con la logica reazione all’antisemitismo e con il millenario mistico attaccamento del popolo ebraico alla terra dì Israele (Eretz Yisrael), 

Il Sionismo ebbe numerosi precursori, ma il vero fondatore del movimento Sionista è considerato un giornalista ungherese di lingua tedesca ed origini ebraiche, Theodore Herzl. Immagine che contiene Viso umano, vestiti, Barba umana, personaIl contenuto generato dall'IA potrebbe non essere corretto.Nato a Budapest, Herzl si trasferì a Vienna per completare i suoi studi; qui trovò anche impiego in un periodico austriaco, da cui, nel 1891, fu inviato come corrispondente a Parigi; qui Herzl ebbe modo di seguire da vicino gli sviluppi del maggiore conflitto politico e sociale scoppiato in Francia in quel fine secolo, l’affare Dreyfus; Alfred Dreyfus era un capitano dell’esercito francese, un alsaziano di origine ebraica, che nel 1894 fu accusato di tradimento e spionaggio in favore della Germania, condannato e deportato alla Caienna al termine di un processo che divise la Francia intera in due fazioni. La condanna di Dreyfus fu un clamoroso errore giudiziario maturato nel clima politico avvelenato per la recente perdita dell’Alsazia e della Lorena e favorito dall’antisemitismo imperante nella società francese, aizzata contro Dreyfus dalla stampa cattolica ed antisemita; i pochi difensori della sua innocenza, come Zola, furono intimoriti o costretti a fuggire dal paese. Alla fine Dreyfus sarà scagionato da ogni accusa (per la confessione del vero colpevole), liberato dal carcere e, dopo anni, reintegrato nell’esercito, ma Herzl che aveva vissuto le prime fasi della vicenda ne trasse un’impressione disastrosa; per gli ebrei non c’era posto nella società civile dei cristiani, la promessa di emancipazione degli ebrei si era dimostrata vana; scrive Herzl:

“La nostra emancipazione è arrivata troppo tardi; usciti dal ghetto, ci siamo impegnati onestamente per immergerci nella vita sociale delle comunità adiacenti, conservando soltanto la fede dei nostri padri. Non c’è stato consentito….La nostra presenza genera persecuzione.”

Herzl propose allora in un suo libro, Der Judenstaat. che agli ebrei fosse garantita sovranità su una parte del globo sufficiente a soddisfare le esigenze di una nazione; la Palestina era solo una delle opzioni possibili, ne furono proposte delle altre, dall’Argentina, all’Uganda, agli Stati Uniti; occorre ricordare che proprio verso gli Stati Uniti, in questo periodo, ebbe luogo una vasta migrazione ebraica, si parla di più di un milione di persone.

La Palestina però conservava una forte attrattiva per motivi storici e religiosi, verso questa meta inizia quindi la prima aliyah, (in ebraico salita, ascesa); poche decine di migliaia di coloni, grazie all’aiuto finanziario delle banche ebraiche, cominciarono ad affluire in Palestina; qui acquistavano dei terreni incolti, principalmente dai ricchi latifondisti libanesi, e cominciavano a coltivarli, senza incontrare, in questa prima fase, ostacoli troppo gravi; si venne a creare così il primo nucleo dell’yishuv (comunità ebraica)..

Herzl, da parte sua, non era solo un teorico o un sognatore, si rendeva conto che per il successo del sionismo era necessaria una struttura istituzionale permanente, capace di parlare in nome del movimento e poi di gestirlo; cominciò allora a tessere una rete di relazioni con i principali esponenti delle comunità ebraiche in Europa, convincendoli infine a partecipare al I Congresso Sionista a Basilea, nel 1897; qui fu  fondata l’Organizzazione sionista mondiale e fu approvato il “Programma di Basilea”, che al primo punto recita:

“Il sionismo aspira alla creazione di una sede nazionale per il popolo ebraico in Palestina, garantita dal diritto pubblico.”

Vale la pena sottolineare il termine “sede nazionale”, non si parla di stato, per non destare la reazione dell’impero ottomano, ma tutti sapevano che quello era il vero obiettivo del sionismo.

A cavallo della prima guerra mondiale si verificarono altre due aliyah numericamente più consistenti della prima; affluirono altri 75-80000 coloni che cominciarono a darsi un principio di organizzazione politica, sorsero i primi “Kibbutz”, nacquero in embrione i primi partiti  israeliano, nasce l’yishuv, cioè l’insediamento ebraico in terra d’Israele; ma mentre si realizzavano questi passi, intervenne un evento destinato a cambiare in profondità la storia d’Israele e di tutto il Medio Oriente, evento che va sotto il nome di  "Dichiarazione di Balfour".

Lord Balfour era all’epoca il ministro degli esteri inglese; il 2 Novembre 1917 Balfour prese carta e penna per scrivere (su mandato, in particolare, del premier Lloyd George) a Lord Rothschild, capo della comunità ebraica inglese, il testo che vi riporto di seguito:

 «Egregio Lord Rothschild,

Mi compiaccio farle pervenire, in nome del governo di Sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni dell'ebraismo sionista che è stata presentata al Governo e da questo approvata.
"Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale (national home) per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni".
Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della federazione sionista.

Con sinceri saluti
Arthur James Balfour»

Il documento, che fu anche pubblicato dalla stampa, rappresentò una pietra miliare per la storia della Palestina, come per  le aspirazioni del sionismo; non solo il movimento sionista viene ufficialmente riconosciuto e legittimato da un governo europeo come organizzazione politica rappresentante gli ebrei, ma anche le sue aspirazioni sono avallate, fino a dichiarare l’appoggio del governo inglese agli insediamenti ebrei in Palestina, pur utilizzando una dizione volutamente ambigua; “national home” non significa né patria, né stato, né nazione ebraica, solo un posto in cui risiedere.

Che cosa abbia indotto Balfour, ovvero il governo inglese, a rilasciare una dichiarazione, malgrado tutto così impegnativa, proprio nell’anno, il 1917, più travagliato della guerra, è difficile da comprendere, sono state addotte varie spiegazioni, tra queste; l’appoggio della finanza ebraica, quanto mai necessario in quei momenti, le posizioni chiave di alcuni consiglieri ebrei nell’entourage del presidente americano Wilson, i rapporti di Balfour con uno scienziato ebreo, Chaim Weizman, che avrebbe concesso, in cambio, al governo inglese il brevetto di un nuovo processo di sintesi dell’acetone, elemento importante nella produzione di esplosivi, oppure la crescita ed il progresso che una fascia di popolazione più evoluta avrebbe potuto indurre nel paese od anche i vantaggi strategici che si sarebbero ottenuti da un insediamento ebraico in Palestina; non lo sapremo mai con certezza, forse non l’avevano chiaro neanche gli autori del testo.

Non tutti furono soddisfatti da un testo, così redatto; la lobby sionista di Londra si aspettava ben di più, la menzione di un Jewish Commonwealth, che il governo inglese, impegnato a rinsaldare in chiave anti-ottomana le relazioni con gli arabi non poteva e non voleva concedere. Ciononostante, la Dichiarazione di Balfour, seguita in dicembre dall’ingresso degli inglesi in Gerusalemme, ricevette dal mondo ebraico, al di fuori di alcuni circoli dell’estremismo sionista, un’accoglienza entusiastica, dando nuovo slancio alle migrazioni; quando poi, dopo la pace di Versailles all’Inghilterra venne assegnato il mandato sulla Palestina l’euforia nell’opinione pubblica ebraica non ebbe più limiti; il ritorno alla terra promessa sembrava certo e garantito.

(Continua)

 

Inserito il:13/09/2025 10:28:21
Ultimo aggiornamento:13/09/2025 11:14:44
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