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Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Renè Magritte (Belgio, 1898 - 1967) - L’ami de l’ordre - 1964

 

Pensiero e immaginazione: la “mancanza” all’origine del processo creativo

(Appunti di antropologia cognitiva - 1)

di Paola Tinè

 

Per il nostro discorso su pensiero e immaginazione, la nostra domanda di partenza è: come si è evoluta l’immaginazione e la creatività umana, così importante per lo sviluppo della specie? Partiamo dalla definizione del concetto di immaginazione dall’Enciclopedia Treccani:

Particolare forma di pensiero, che non segue regole fisse, né legami logici, ma si presenta come riproduzione ed elaborazione libera del contenuto di un’esperienza sensoriale, legata a un determinato stato affettivo e, spesso, orientata attorno a un tema fisso.

Nel suo libro Homo pictor (2006),  Christoph Wulf pone all’origine del pensiero umano e dello sviluppo del cervello, la nascita e l’affermazione dell’immaginazione, la quale viene da lui definita come “un’energia che fa apparire il mondo agli esseri umani.” L’evoluzione dell’immaginazione si sarebbe avuta in concomitanza con l’aumento delle dimensioni del cervello, nell’Homo erectus, un milione di anni fa. Per tale processo sarebbe stata fondamentale la migliorata qualità delle interconnessioni neuronali. Con l’immaginazione l’uomo vide un incremento delle proprie capacità, segnato dalla scoperta di una nuova attività, che gli consentiva di rendere presenti cose assenti, trasferendo l’immaginazione fuori di sé, attraverso il disegno.

Wulf scrive che “l’umanità raggiunge uno stadio estetico superiore proprio nel momento in cui gli uomini cominciano a tradurre in disegni la loro realtà interiore”.

Prime tracce di questo processo di esternazione dell’immaginazione sono le incisioni ossee di Artern in Turingia, risalenti a circa 300.000 anni fa. In una fase successiva, 35.000 anni fa, invece, nella zona tra il Rodano e il Danubio, si passava alla produzione di statuette di uomini e animali. Wulf evidenzia che nel periodo del Neanderthal una forte carica di immaginazione investiva soprattutto l’evento del trapasso. Le tombe erano riccamente ornate di oggetti e di fiori.

L’uomo elaborava la coscienza della propria finitudine e si affacciava alla necessità di costruire nuove connessioni con l’aldilà attraverso l’immaginazione, unica via per concepire un mondo inconoscibile. Le immagini dei defunti, dice Wulf, ci restituiscono il senso originario della produzione di immagini, ossia qualcosa che riempisse l’assenza di qualcos’altro, un’assenza di realtà o di conoscenza.

Il processo creativo coinvolge non soltanto il pensiero, ma anche la rappresentazione, ovvero l’esternazione delle realtà interiori. Ma come si è passati dall’immaginazione alla rappresentazione?

Dal momento che si colloca all’origine dello sviluppo del cervello, l’immaginazione è a tutti gli effetti una forma di pensiero. Essa però non segue necessariamente schemi logici e di conseguenza non è facilmente comunicabile, ovvero traducibile in parola. Probabilmente, l’immaginazione stessa si configurò come un passaggio intermedio tra percezioni ineffabili e pensiero logico-discorsivo, in modo che il nuovo potesse essere comunicato, e che in tal modo l’uomo potesse creare.

Per Wulf, la capacità di riprodurre il mondo, o meglio di “trasformarlo in immagini” è una caratteristica  propria dell’uomo, che non si limita alla sola riproposizione di ciò che è assente, in quanto “l’immaginazione permette di cambiare, di creare differenze e di inventare il nuovo”.

Nel suo libro La struttura del pensiero creativo. Il modello della scoperta nel mito, nell’arte e nella scienza, Renzo Montomoli (2011) analizza la struttura e il funzionamento del pensiero creativo cercando di dare una definizione di creatività e di creazione, nei vari campi del sapere e in particolare nell’arte, nel mito e nella scienza.

Egli si rifà a Henrì Poincarè, il quale avrebbe concepito la “scoperta”, ovvero la creazione di invenzioni da parte dell’uomo primitivo, non come un evento a sé stante, ma come il risultato di un lungo processo composto di quattro fasi: raccolta, incubazione, illuminazione e verifica.

Secondo questi studiosi, nel passaggio dall’immaginazione interiore all’espressione artistica, è fondamentale il ruolo dell’attività inconscia. Montomoli definisce la creatività come un atto con cui si trasforma in modi imprevedibili ciò che la realtà offre, inoltre, la creatività “riconosce tra pensieri e oggetti, nuove connessioni che portino a innovazioni e a cambiamenti” (2011).

La creatività sarebbe quindi “il risultato di una complessa interazione tra fattori individuali, sociali e culturali ed è sicuramente una delle funzioni cognitive che contribuiscono all’adattamento alla vita” (ibidem).

Altro importante contributo nella definizione dell’immaginazione è stato quello di Vygotskij, nel libro Immaginazione e creatività nell’età infantile (1930).

Secondo lo psicologo è dalla necessità e dalla mancanza che deriva l’impulso alla creazione, con lo scopo da un lato di comprendere meglio il mondo e dall’altro di produrne un surrogato.

Inserito il:20/02/2017 17:59:03
Ultimo aggiornamento:20/02/2017 18:07:03
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