Mike Geno (Contemporaneo - Philadelphia) - London Broil
Cibo e Politica - 2
A pranzo con Riccardo Lombardi
di Tito Giraudo
Dopo la scissione dello Psiup mi spedirono in quel di Torino. Essendo un torinese Doc era il ritorno del figliol prodigo. Nella Fiom torinese, eravamo rimasti sguarniti di funzionari. Pensarono a me che ero un membro della Commissioni Interna della Olivetti.
Non è del sindacato questo ricordo ma del Partito. La Federazione torinese del PSI era in Corso Palestro, quello che parte da via Cernaia all’altezza dell’omonima caserma e arriva con il suo prolungamento, Corso Valdocco, al “Rondò dla Furca” chiamato così perché in quell’allegro sito si impiccavano i condannati.
Per oltre un anno abitai in una mansarda di quello stabile. Dopo la scissione dello PSIUP il Partito era sguarnito di dirigenti perché, a Torino, la maggioranza era su posizioni “carriste”.
I due compagni che di fatto ressero il Partito all’epoca, erano molto amici tra di loro: Sergio Borgogno e Giuseppe Lamberto, entrambi avevano fatto la Resistenza nella formazione partigiana di Detto Dalmastro, socialista pure lui (mi dissero anche massone). Era l’AD delle Cartiere Burgo, probabilmente era lui che tirava i fili politici del PSI autonomista di Torino. Aveva pure assunto alle Cartiere i nostri due, uno che era laureato, come capo del personale, l’altro, Sergio Borgogno dopo aver fatto il sindacalista dei poligrafici faceva il rappresentante dei sacchetti di carta della Burgo. Per la verità, lavorava poco perché troppo impegnato nel Partito. Era un uomo sanguigno, collerico, gli occhi spiritati. Vestiva elegantissimo e portava sempre il papillon. E’ stato una delle più brave persone che io abbia mai conosciuto.
Sergio e Giuseppe da sempre litigavano, tuttavia entrambi erano per la svolta nenniana. Il litigio politico (perché a livello personale furono sempre amici) avvenne quando Riccardo Lombardi, deluso per le scarse (secondo lui) realizzazioni socialiste nel Centro Sinistra, formò una sua corrente: i Lombardiani.
Sergio lo seguì e, con lui, noi della Federazione giovanile.
Riccardo Lombardi per noi era un mito, sentirlo parlare era un piacere, diceva sempre cose intelligenti, un estremista educato e gentile, come ora non se ne trovano. Solo anni dopo ho riconosciuto in lui tutti i difetti dell’Azionismo e la grande occasione che perse a uscire dalla maggioranza.
Quel giorno, venne a Torino per una riunione di corrente. Ci spiegò il perché era in dissenso con Nenni, lo seguimmo entusiasti. Era un omone alto, le lenti spesse, la voce un po’ cavernosa. Aveva un solo polmone perché i tedeschi l’avevano catturato e a suon di mazzate gli avevano rovinato un polmone. Fumava un toscano dietro l’altro.
Finita la riunione lo portammo a pranzo in un ristorantino nei pressi di piazza Carlo Felice: io e lui, ricordo mangiammo la carne cruda.
La Carne cruda
Da sempre i piemontesi mangiano l’insalata di carne cruda, facendo inorridire i meridionali, e questo vale anche per la “bagna cauda” (anche se in questi ultimi anni sono fioriti i “terroni” traditori).
In fabbrica, almeno un paio di volte l’anno, qualcuno la preparava in un “grilet” (zuppiera) che faceva il giro alle preparazioni della MC24 la macchina da calcolo, fiore all’occhiello della Olivetti di Adriano.
Non posso darvi la ricetta ma solo dei consigli. Noi piemontesi siamo soliti condirla con olio, poco limone, aglio intero per profumarla, pepe macinato al momento. La carne, vitello magro, va tritata al coltello. L’unica aggiunta permessa: una grattata di tartufo bianco di Alba, al massimo di Moncalvo, ma non allarghiamoci troppo.
Io che sono blasfemo adoro aggiungere alla carne cruda scaglie di carciofo crudo ma è cosa del tutto personale, naturalmente se non ho il tartufo.
Adoro anche la Tartare come la fanno al Procope di Parigi, il ristorante nel Quartiere Latino dove è stata scritta la Carta dei Diritti dell’Uomo. Loro, usano il filetto (sono più ricchi), sempre al coltello. A parte, nel piatto mettono cipolla dolce, cetriolini e cipolline sminuzzati sott’aceto, senape, anzi Moutarde de Dijon, e, dulcis in fundo: un rosso di uovo appoggiato in cima alla montagnola di carne. Ognuno la condisce come crede.
Non sono sciovinista, quando vado a Parigi un salto al Procope lo faccio sempre.
Prossimo articolo della serie: Una cena con Sandro Pertini.