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Voltaire

Flamur Vathi (Albania) - Fichi (2021)

 

Il fico, virtù e gradevolezza

di Giorgio Cortese

 

 

L'origine del fico, una pianta dalle origini remote, sembra essere l'Asia Minore.

Inizialmente coltivato in Egitto e Palestina, presto si diffuse in tutta l’area del Mediterraneo. Il nome botanico del fico domestico, Ficus Carica, rimanda alle sue origini che vengono fatte risalire alla Caria, l’odierna Turchia. Il fico era molto apprezzato nell'antichità, non solo per il suo gusto particolare, ma anche per il suo valore simbolico.

I suoi falsi frutti sono chiamati fichi, quelli che riteniamo frutti sono in realtà un’infruttescenza chiamata siconio. I veri frutti, che contengono piccoli semi, sono all’interno. Ci sono due tipi di piante: una i cui frutti raggiungono la maturazione a primavera, mentre la seconda arriva a fine estate.

Le varietà di questi frutti sono moltissime e si distinguono, oltre che per le dimensioni, anche per i colori che assumono, i quali vanno dal verde chiarissimo al verde scuro, dal marrone, al viola e al nero, e sono tutti decisamente saporiti e zuccherini.

Altre varietà sono il noto Ficus benjamina, pianta di appartamento dalle grandi foglie lucide; il Ficus benghalensis, che in India è sacro in quanto è considerato l’albero cosmico, l'Asvattha; il Ficus sycomorus, sicomoro; il Ficus elastica; il fico del caucciù, il cui lattice viene usato per produrre appunto il caucciù.

Nel Libro della Genesi, c’era l’albero proibito da Dio. Eva ne assaggiò frutto con Adamo su istigazione del serpente; pare che fosse un fico, poi entrambi si avvidero di essere nudi e si coprirono con foglie di fico.

 Il frutto proibito, anche se viene molte volte raffigurato come una mela, in molte altre immagini è il fico, perché delle sue foglie essi si coprono. Giuda, dopo aver tradito Gesù, per rimorso si impiccò a un ramo di un fico.

Gli antichi con diversi miti ne raccontavano l’origine. Nella mitologia greca il titano Sykeus, sike, fico, per sfuggire a Zeus, si rifugiò presso la madre Gea, la Terra. Dal grembo di Gea nacque l’albero che fu chiamato fico, dal nome del figlio.

Nell’antica Grecia, in Attica, il fico era considerato un prodotto di prima necessità ed era vietato esportarlo; era sacro a Dionisio e a Priapo, il dio per eccellenza della fecondità. Nell’Antica Grecia il furto di fichi da alberi sacri era considerato sacrilegio. Per designare colui che denunciava chi rubava o esportava fichi di contrabbando, fu coniato il termine sicofante, guardiano dei fichi. Chiunque poteva muovere un'accusa avviando un processo.

I sicofanti erano coloro che lo facevano di mestiere. Ovviamente, questi personaggi non peroravano solo cause giuste, ma accusavano anche in maniera palesemente calunniosa, ben sapendo di fare dichiarazioni false e mendaci. Il significato ha quindi gradualmente assunto una connotazione negativa, estesa al significato di spia, di informatore.

Nel V Secolo a.C. il medico greco Ippocrate cita nei suoi scritti il caglio animale come alternativa a quello di fichi. Lo stoico Zenone di Cizio era un grande estimatore di fichi, lo era anche Platone, tanto da vedersi attribuito il soprannome di “mangiatore di fichi”. Oltre a esserne particolarmente ghiotto, Platone li raccomandava anche ad amici e studenti per rinvigorire l'intelligenza.

I Greci utilizzavano il lattice di fico per far cagliare il formaggio; Omero narra che il ciclope Polifemo produceva formaggi nella sua grotta, probabilmente utilizzando proprio il succo di quel frutto. Aristotele documenta del pari la tecnica della coagulazione del latte con il succo di fico e con caglio di origine animale.

La virtù e la gradevolezza del fico seducono gli antichi Romani, anche per loro diviene pianta sacra, così come l'ulivo e la vite. Nell’antica Roma, una leggenda narra che fu proprio un fico, l’albero sacro a Marte, a bloccare la cesta che conteneva Romolo e Remo, quando furono gettati nel Tevere, trasportata dallo straripamento del fiume, la cesta si fermò in una pozza sotto un  fico selvatico detto ruminale, nel punto in cui la lupa sarebbe venuta ad allattarli.

Secondo alcune fonti, questo frutto si ergeva sulle pendici del colle Palatino, nei pressi della grotta chiamata Lupercale, mentre nell’iconografia è spesso rappresentato con un picchio appollaiato sui suoi rami, ed è per questo motivo che quest’albero rappresenta la fondazione di Roma. Se nell’Antica Grecia il caprifico o fico selvatico era considerato di malaugurio, a Roma al contrario, era di buon auspicio.

Tornando all’appellativo ruminale che non è chiaro, su di esso fin dall'antichità molti autori classici hanno formulato varie interpretazioni. Secondo alcuni deriverebbe dal latino ruma, mammella, parola che starebbe all'origine dei nomi di Romolo e Remo; secondo altri deriva da una parola di origine etrusca.

Publio Ovidio Nasone racconta che in occasione del capodanno era usanza offrire, ad amici e parenti, dei frutti di fico e del miele come augurio per il nuovo anno. Secondo Plinio mangiare fichi aumentava la forza dei giovani, e migliorava la salute degli anziani, riducendo le rughe. Questo frutto era un alimento amato da atleti e convalescenti, grazie all'apporto calorico e alla facile digeribilità. Fra le antiche popolazione che si nutrivano di fichi bisogna ricordare anche Etruschi e Fenici.

Ma, rimanendo all’attualità, bisogna convenire che il fico, oltre che  bello e buono può, con il suo dolce profumo, persino trattenere l’estate.

 

Inserito il:15/09/2021 11:32:19
Ultimo aggiornamento:15/09/2021 11:47:18
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