Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Melissa Bollen (from Rocky River, OH - United States) - Stay Strong Cat

Tratto dal volume Mimiao. Autobiografia di un gatto migrante di Vittoria Carola Vignola, Hever Edizioni, Ivrea 2020.

 

Mimiao - Autobiografia di un gatto migrante (10)

(seguito)

di Vittoria Carola Vignola

 

E se domani…

È un po’ di giorni che mi sento a disagio…

Ritenendomi un gatto equilibrato, mi torna strano non riuscire a giustificare una normale situazione quotidiana: guardandomi in giro, infatti, mi rendo conto che tutti lasciano che le giornate arrivino a sera, e attendono il mattino per riprendere il cammino verso uno sconosciuto traguardo, che si augurano sia più lontano possibile, ma…

E se domani… non arrivasse?

Ricordo una vecchia canzone, che ha popolato per un certo lasso di tempo la mia lontana giovinezza, la quale iniziava proprio così: “E se domani”. Ma ai tre lemmi s’aggiungeva un verbo che mi faceva tanto ridere (E se domani, e sottolineo se…), come se chi cantava volesse prendere il mondo per i fondelli. Non penso tuttavia che la mitica Mina nutrisse intenzioni così maliziose…

Torno perciò alla mia tristezza, quella che a quell’epoca cantava un altro cantante famoso, Claudio Villa: Buongiorno tristezza, amica della mia malinconia, la strada la sai, è quella che era un dì dell’allegria…

E se il domani, infatti, non arrivasse?

O se, pur arrivando, io mi trovassi sperduto in un mondo ignoto?

O ancora se, giunto tranquillamente nei miei paraggi noti, non vi trovassi persone conosciute, e in particolare non ci fosse ad accogliermi la persona che mi è diventata indispensabile?

Forse la vera ragione del mio disagio è proprio questa.

Ci sono giorni, infatti, in cui Carla dice di sentirsi debole, senza la voglia di darsi un andi; giorni in cui anziché rimettersi a scrivere, o fare la tranquilla passeggiata fino al fiume, come le consiglia Cesare nelle sue lunghe telefonate serotine, lei rimane immobile come una statua di sale, o incollata alla televisione che l’amareggia con le infinite disgrazie che colpiscono il mondo attuale.

Ha un bel dirle, Cesare, che basterebbe spegnere l’incauto oggetto e il mondo riprenderebbe il suo antico tran-tran; e invece, no: lei sta incollata allo schermo come la barzelletta sul vecchio contadino, che si lamentava con un amico per il violento dolore che gli procuravano gli zoccoli stretti.

«Ma se ti fanno così male, perché non te li cambi?», gli chiedeva l’amico.

«Perché tu non hai idea del godimento che provo a togliermeli la sera, prima di andare a letto».

Carla continua così a compiangersi per l’abbassamento della pressione, per il mal di schiena, per la stanchezza insopportabile, per le brutte notizie fornite dalla televisione, per quant’altro sembra capitare a lei soltanto; e invece, secondo me, la causa dei suoi malesseri è soltanto la mancanza di compagnia.

Io faccio del mio meglio per sollevarla, e sono certo in qualche modo di riuscirci, conscio che lei non abbia torto a compiangersi, perché questi malesseri ce li ha davvero; ma lei sostiene altresì, e lo afferma a voce alta e chiara, di sentirsi la testa sgombra, la fantasia sveglia, il cuore aperto: e allora?

Il più triste comunque rimango io; se lei non ci fosse, cosa sarebbe di me?

Tutto questo mi ha portato a fare dei ragionamenti proprio su me stesso medesimo, prendendo atto che sono in fondo alla fila, pur ritenendo di far parte ormai della nobile stirpe Vignola.

Se lei infatti avesse in casa tutta la sua antica famiglia: padre e madre in gioventù; l’amatissimo marito, per purtroppo un breve periodo; il fratello Giacomo, nobile maestro (il letto del quale sto sfruttando in questa stagione della mia esistenza), la casa continuerebbe a essere ospitalmente vivibile, e io sarei uno dei tanti che ne fanno parte.

Chi, per contro, ci abiterà in futuro?

Io, con tutta probabilità, e decisamente amareggiato, andrei a cercare ospitalità altrove.

Ma, se qualcuna delle persone che ho conosciuto, e delle quali ho apprezzato o condannato la buona o cattiva disponibilità nei confronti del mondo felino, per una qualsiasi ragione venisse ad abitare in questa casa che è anche la mia, chi preferirei?

Medito frequentemente sul mio destino “dopo”. Ora sono il gatto più felice del mondo accanto a Carla. E poi? Tra l’altro, non so cosa occorra fare per scegliersi “prima” una persona che ti adotti. Mi dicono che qualsiasi legge, norma, regola nostrana sia farraginosa e incomprensibile. Io, comunque, incomincerei con il guardarmi attorno, pensando chi dell’entourage attuale di Carla sarei contento che mi adottasse.

Anzitutto, penso a Irma e Marcella, buonissime. Esse, ne sono certo, mi accoglierebbero come membro della loro famiglia. Sono però molto occupate nel negozio a Vico e nelle consegne a domicilio. Inoltre, la parte felina della loro famiglia consiste già di ben sei membri, che hanno da tempo rapporti stabili tra di loro. Non so, perciò, quanto sarebbero disposti ad accettarmi nel loro gruppo. Anche tra simili l’integrazione può a volte non essere facile.

Lina, cugina di Carla, ama gli animali, quelli che sono entrati nella sua casa erano perfettamente integrati, ma erano cani.

Ida, appassionata gattofila, ora è però ospitata a Vico dalle sue nipoti e io ignoro se esse abbiano lo stesso calore della loro zia nei riguardi di tutti gli esseri viventi.

Anna ha già problemi nel relazionarsi con il suo gatto, ombroso e introverso.

Livia, come del resto molti di qui, è un po’ nimb (not in my backyard) e mi dispiace perché i suoi pasti erano sempre sostanziosi.

Valina e le figlie Carla e Paola sarebbero per me l’ideale, ma sono da escludere per la grave infermità della dolce Valina.

L’insuperabile Maria è purtroppo un’altra da escludere, perché nelle loro abitazioni già ospitano un gran numero di tutti i tipi di animali, dalle immense mucche, ai cavalli, alle capre, a un certo numero di grossi cani, a gatti vari, a galline, a un maialone…

Passalacqua, per quanto ne so io, già è in difficili rapporti con il loro gatto di casa.

Ad Anita e Federica, tesori di donne, sarebbe loro vietato per legge, poiché gestiscono un esercizio pubblico.

Cesare ha già Edward, il micio britannico che conosce solo l’inglese e lo segue come un’ombra, soprattutto sul lavoro alla scrivania o al computer: l’immagine, che Helena ha portato a Carla per farla sorridere, è inequivoca: Cesare sta scrivendo qualcosa, probabilmente nella lingua d’Albione, che Edward sta controllando con grande attenzione per evitargli sbagli o refusi: mica male, per un editore, avere in casa un traduttore automatico a quattro zampe.

E la cara Rita Cola? Anche lei, per quanto ne so io, ama la natura e gli animali, ma quelli che ha particolarmente amato erano sempre cani, come nel caso della cugina Lina, che non ha particolare esperienza con i felini.

Diventerò allora anch’io un homeless (senza dimora)?

Va bè che, probabilmente, gli homeless, gli havenots (coloro che non hanno niente) sono più solidali tra di loro, più umani di quanto non lo siano gli haves (coloro che hanno), in quanto esperiscono quotidianamente sulla loro pelle le difficoltà estreme del vivere, e sanno ancora godere e donare frammenti di calore umano, gesti, parole cortesi, sorrisi, sguardi di solidarietà, ammiccamenti, strette di mano e, talora, condividere serenamente le loro scarse risorse.

Sarà questa, ahimè, la fine che mi attende?

Seguendo la filosofia esistenziale dell’amico Cesare, secondo il quale pensar male fa male alla salute, io ritengo che la mia fine sarà decisamente migliore di quella negativamente ipotizzata.

D’altronde, non siamo tutti convinti che “domani è un altro giorno”?

(Fine)

Inserito il:21/09/2021 18:52:46
Ultimo aggiornamento:21/09/2021 19:00:21
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