Serbian Renaissance Moon or Ufo Painting
Potrei continuare a volare nello spazio per sempre. Yuri Gagarin
Sola
di Iman Z. Favretto
Silenziosa si muove nel vuoto sfrecciando veloce verso l’infinità cosmica. Al suo interno Una donna che fluttuava nel sonno. Sulla parete accanto si stendeva un panorama dalla base nera e in primo piano uno scoppio di colori in sfumature viola, porpora, rosa dentro il quale milioni di piccole e grandi luci si facevano largo nella coltre nebbiosa della nebulosa.
Non furono quelle luci a svegliare la donna ma una dolce melodia interna alla cabina, simile al canto degli uccelli la cullava delicatamente fuori dal sonno, mentre la gravità artificiale poco a poco la riavvicinava al grande materasso d’acqua che si trovava poco sospeso dal pavimento.
Poggiata la testa sul cuscino i suoi occhi si aprirono e sbadigliando si alzò per guardare lo spettacolo che si stendava davanti a lei, oltre il sottile metallo che la teneva in vita come un bruco nel bozzolo non ancora pronto per spiccare il volo.
Una voce si fece strada nelle pieghe della mente assonata risvegliandola e mettendola in moto.
“Buongiorno comandante, la sua colazione è pronta. Oggi le porzioni sono state dimezzate affinchè si possa arrivare a destinazione con margine d’imprevisto. Rilevata a 3 ore da adesso, possibile collisione con frammenti di meteorite, tutte le possibili traiettorie porterebbero a una perdita notevole di carburante. “
“Nemesi… rafforzare lo scudo esterno deve essere la tua priorità. Escludi i sistemi secondari. Mantenere gravità, ossigeno, rotta e integrità strutturale. Richiudere pannelli solari, non vogliamo che vengano colpiti proprio i nostri fornitori d’energia.”
Passato un minuto la voce del computer di bordo, Nemesi rispose.
“Fatto comandante”
La donna fece un sospiro di sollievo entrò nel bagno e si fece una doccia fredda, per risvegliare il corpo e prepararlo a una lunga giornata. Raccolse i capelli appena asciugati in un’alta coda sistemò la divisa bianca con il logo della spedizione spaziale, i pianeti scoperti e la spilla del capitano. Si guardò un momento allo specchio, poi sbuffando si tolse la divisa e mise al suo posto un maglione nero e una tuta bianca.
“Nemesi raduna l’equipaggio sul ponte di comando, dobbiamo prepararci a possibili danni alla nave”
“Comandante…”
“Nemesi, non farmi ripetere “
Usci quindi dalla cabina camminando per il lungo e stretto corridoio che correva ad anello attorno alla navicella. Passò quindi nella camera motore per controllare che le macchine fossero in funzione correttamente, poi per non farsi sfuggire nulla si avvicinò al grande vetro che si trovava in mezzo alla stanza
“Nemesi, accendi il quadro motore ed evidenzia eventuali anomalie del sistema, controlla soprattutto l’impianto elettrico e il nucleo di curvatura…”
“Certo comandante, vorrei ricordarlo che il nucleo di curvatura è ormai danneggiato gravemente ed è impossibile ripristinarlo se non in stazioni apposite”
“Ne sono al corrente tuttavia il danno potrebbe ulteriormente peggiorare è importante tenere i parametri sotto controllo”.
Il vetro si riempì di caselle e grafici pieni di simboli e numeri non si usava scrivere poiché le parole erano troppo lunghe e avrebbero occupato spazio bastava un simbolo per rappresentare un oggetto, una parte di un oggetto e così via.
“Perfetto mi sembra tutto nella norma. Mi dirigo al ponte di comando, l’equipaggio è già lì?”.
“Penso di sì comandante”.
La giovane donna usci dalla sala motore e si recò al ponte di comando caratterizzato da un’ampia stanza centrale alla navicella, sopra la quale vi era incastrata e ben saldata un enorme sfera di un materiale resistente quanto l’acciaio ma trasparente che permetteva a l’equipaggio di sondare lo spazio con i propri occhi. La sfera proseguiva fino alla pedana rialzata, quest’ultima creava una sorta di seconda sala inglobata dove le pareti fungevano da enormi computer pieni di luci, simboli, numeri ed immagini. Si accedeva da una porta ermetica che in caso di incidente o distruzione della nave permetteva la sopravvivenza all’interno di questa bolla con ossigeno a sufficienza per una ventina di persone e per non più di quattro ore.
Giunta nella stanza iniziò a salutare i 4 membri rimasti dell’equipaggio i quali sedevano in pose scomposte sui vari sedili con indosso le tute da astronauti.
“Comandante”
“Cosa succede Nemesi?”
“Si ricorda che sono stata programmata affinché possa essere utile anche nei casi di difficoltà personali o di forti traumi non superati?”
“Certo, non capisco dove tu voglia arrivare”
“Credo sia giunto il momento comandante che lei si renda conto che dentro quelle tute da lei precedentemente sistemate in questa sala… non c’è nessuno… li abbiamo persi tutti nell’incidente"
Il comandante si fermò davanti alla grande bolla appena prima di entrare … sospirò due volte e rispose:
“Nemesi sono perfettamente consapevole di essere oramai l’unico membro dell’equipaggio sopravvissuto ma la mia mente ha bisogno di credere che non sia così ho bisogno di parlare e immaginare che attorno a me ci siano i miei compagni di viaggio… non basta parlare con te … mi capisci”
“Certamente comandante”.
Continua…