Aggiornato al 06/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

 

Diffusione del chassidismo e spiritualità ebraica (2)

 

di Vincenzo Rampolla

 

 

Princìpi e mistica del chassidismo sono diffusi per bocca dei Rebbe, i saggi (tzaddiq), abituati all’uso di racconti, storie amene, parabole, aneddoti e ironia.  

Onnisciente, terminato il suo lavoro e la creazione dell’uomo, Dio si accorge di averlo perso di vista. Adamo, dove sei? Dei giorni e degli anni a te assegnati, ne sono già trascorsi molti, nel frattempo tu fin dove sei arrivato nel tuo mondo? Lo cerca, la sua voce risuona nel Giardino. Non sa dove sia. Possibile nascondersi da lui? Non è l’Onnisciente? Ogni volta che Dio pone questa domanda non è per indurre l’uomo a rivelargli qualcosa che lui ancora ignori: vuole provocarlo, pur di colpirlo dritto al cuore e purché l’uomo lo lasci fare. È così che l’essere si comporta, perché ogni uomo è Adamo e nella sua situazione: sfugge alla responsabilità e celare e mascherare divengono i modelli e i dogmi del suo vivere. Nascondendosi e persistendo in tale atteggiamento davanti al volto di Dio, sempre più profondamente l’uomo scivola nella falsità: Adamo non può sfuggire all’occhio di Dio, cerca di nascondersi a lui. Si nasconde a se stesso. La voce non giunge infatti in un momento di pericolo della sua vita, è la voce di un silenzio simile a un soffio (profeta Elia), facile da soffocare. Adamo affronta la voce, riconosce di essere con le spalle al muro e confessa: Mi sono nascosto. Qui inizia l’agire dell’uomo, decisivo solo se porta a un cammino. Domina infatti anche un ritorno a se stessi, sterile e rischioso: è la via del tormento, della disperazione, miste a ulteriori falsità.

Considera tre cose, dice il Rebbe: Scopri da dove vieni, dove vai e a chi un giorno dovrai rendere conto. Non si tratta di dire all’uomo quale cammino debba percorrere, perché c’è una via in cui si segue Dio con lo studio e un’altra con la preghiera, con il digiuno e l’astinenza. Infinite. Compito di ogni uomo è capire a fondo quale cammino sia attratto dal proprio cuore e poi sceglierlo e percorrerlo con tutte le forze, senza deviare. Ogni uomo che viene al mondo porta con sé qualcosa di nuovo, di diverso e di unico: Ogni essere in Israele, ha l’obbligo di riconoscere e considerare che è unico al mondo nel suo genere, e che al mondo non è mai esistito nessun uomo identico a lui: se infatti fosse già esistito, egli non avrebbe motivo di essere al mondo. Ogni singolo uomo è cosa nuova nel mondo e deve portare a compimento la propria natura in questo mondo. Se questo non accade, ritarda la venuta del Messia, aggiunge il rabbino. Ciascuno è tenuto a sviluppare e dar corpo a questa unicità e irripetibilità, non a scopiazzare e rifare ciò che un altro ha già realizzato. Gli uomini sono diversi per natura, pertanto non bisogna cercare di renderli uguali. Tutti gli uomini hanno accesso a Dio, ma ciascuno in modo diverso.

 L’universalità di Dio consiste nella molteplicità infinita dei cammini che conducono a lui, ciascuno dei quali è riservato a un uomo. Alla fine del Libro Qoelet sta scritto: Qualunque sia la cosa a capo della quale tu arrivi, là, al suo termine, tu udirai immancabilmente questo: Temi Dio e questo è il tutto. Non esiste cosa al mondo che non ti indichi un cammino verso il timore di Dio e il servizio di Dio: tutto è comandamento. E l’autentica missione in questo mondo è di entrare in contatto, attraverso la santificazione del legame che ci unisce agli altri, con ciò che in essi si manifesta come bellezza, sensazione di benessere, godimento. Il chassidismo insegna che la gioia che si prova a contatto con il prossimo, se la santifichiamo con tutto il nostro essere, conduce alla gioia in Dio. L’uomo che è dotato di un’anima molteplice, complicata, contraddittoria non è ridotto all’impotenza: il nucleo più intimo di quest’anima - la forza divina che vive nelle sue profondità - è in grado di agire su di essa e trasformarla, può legare le une alle altre le forze in conflitto e fondere insieme gli elementi che tendono a separarsi: è in grado di unificarla. L’anima allora è realmente unificata a condizione che tutte le forze e tutte le membra del corpo lo siano.

Il versetto della Scrittura: Tutto ciò che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze! il rabbino lo interpreta così: Quello che si fa, va fatto con tutte le membra, cioè bisogna coinvolgere anche tutto l’essere corporale dell’uomo, nulla di lui deve restarne fuori. Quando l’uomo diventa una simile unità di corpo e di spirito insieme, allora la sua opera è opera d’un sol getto. L’insegnamento chassidico si avvicina a quest’ultima concezione in quanto rimanda anch’esso la problematica della vita esteriore a quella della vita interiore, con alcune diversità. Quella di principio, che risiede nel fatto che l’insegnamento chassidico non tende a esaminare le difficoltà isolate dell’anima, ma mira all’interezza dell’uomo.  Quella pratica, consiste nel fatto che l’uomo, invece di essere trattato come oggetto dell’analisi, è sollecitato a rinnovarsi. Deve rendersi conto che le situazioni conflittuali che l’oppongono agli altri sono solo conseguenze di situazioni conflittuali presenti nella sua anima, e che deve quindi superare il proprio conflitto interno per potersi rivolgere ai suoi simili da uomo nuovo, trasformato, capace di relazioni nuove,

Cominciare da se stessi. Quando l’uomo ha trovato la pace in se stesso, può mettersi a cercarla nel mondo intero. Invece di rodersi incessantemente per le colpe commesse, deve applicare la forza d’animo utilizzata per questa autoanalisi proiettata all’azione sugli altri. Non di te stesso, ma del mondo ti devi preoccupare!  E che cosa viene detto a proposito del ritorno? Il ritorno si trova al centro della concezione ebraica del cammino dell’uomo: ha il potere di rinnovare l’uomo dall’interno e di trasformare il suo ambito nel mondo di Dio, al punto che l’uomo del ritorno viene elevato sopra lo tzaddiq perfetto, il quale non conosce l’abisso del peccato. Ritorno significa qualcosa di molto più grande di pentimento e penitenze; significa che l’uomo che si è perso nel caos dell’egoismo ove sempre lui è stato la meta prefissata, con una svolta radicale di tutto il suo essere, ritrova un vero cammino verso Dio, verso l’adempimento del compito particolare al quale Dio ha destinato proprio lui, quell’uomo particolare.

Che cosa vuoi? Per quanto tu rimesti il fango, fango resta. Allontanati dal male e fa il bene.

E vero che ciascuno deve conoscersi, purificarsi, giungere alla pienezza, ma non a vantaggio di se stesso, non a beneficio della sua felicità terrena o della sua beatitudine celeste, bensì in vista dell’opera che deve compiere sul mondo di Dio. Bisogna dimenticare se stessi e pensare agli altri. Cosa chiedo a ciascuno di voi? Interviene il rabbi. Tre cose soltanto: non sbirciare fuori di sé, non sbirciare dentro agli altri, non pensare a se stessi. In pratica: primo, che ciascuno custodisca e santifichi la propria anima nel modo e nel luogo a lui propri, senza invidiare il modo e il luogo degli altri; secondo, che ciascuno rispetti il mistero dell’anima del suo simile e si astenga dal penetrarvi con un’indiscrezione impudente e lo usi per i propri fini; terzo, che ciascuno, nella vita sua e con il mondo, eviti di prendere se stesso come fine.

C’è una cosa speciale, un grande tesoro, che si può trovare in un unico luogo al mondo, lo si può chiamare il compimento dell’esistenza. E dove si trova questo tesoro? Nel luogo in cui ci si trova, suggerisce il Rebbe. La maggior parte di noi giunge solo in rari momenti alla piena coscienza del fatto che non ha assaporato il compimento dell’esistenza, che la nostra vita non è partecipe dell’esistenza autentica, compiuta e che è vissuta per così dire ai margini stessi dell’esistenza autentica. Nell’ambiente che avverto come il mio ambiente naturale, nella situazione che mi è toccata in sorte, in quello che mi capita giorno dopo giorno, in quello che la vita quotidiana mi richiede, dice il filosofo Martin Buber, in questo risiede il mio compito essenziale, lì si trova il compimento dell’esistenza messo alla mia portata.

Le persone con cui viviamo, quelle che incrociamo in ogni momento, gli animali che partecipano alla nostra esistenza, il terreno che coltiviamo, i prodotti della natura che trasformiamo, gli strumenti di cui ci serviamo, tutto racchiude un’essenza spirituale segreta che ha bisogno di noi per arrivare alla sua forma perfetta, il suo compimento. Se non si tiene conto di questa essenza spirituale inviata sul nostro cammino, se - trascurando di stabilire un rapporto autentico con gli esseri e le cose alla cui vita siamo tenuti a partecipare come essi partecipano alla nostra - pensiamo solo agli scopi che stabiliamo per noi, allora anche noi ci lasciamo sfuggire l’esistenza autentica, compiuta.  Molte religioni negano alla nostra esistenza sulla terra la qualità di vita autentica. Per le une, tutto ciò che appare quaggiù è solo un’illusione da eliminare, per le altre si tratta di un’anticamera del mondo autentico, da attraversare con cautela. Nell’ebraismo è totalmente diverso: quello che un uomo fa nella santità qui e ora non è meno importante né meno autentico della vita del mondo futuro, da molti detto aldilà. E nel chassidismo questo insegnamento ha conosciuto lo sviluppo più accentuato.

Interviene M.Buber teorico dell’etica chassidica, per dire l’ultima parola: Quanta gente crede all’esistenza di due mondi. ‘In quel mondo’, li si sente ripetere. loro pensano che i due mondi siano distinti e separati l’uno dall’altro. Nella loro intima verità i due mondi sono uno solo: semplicemente si sono separati, e devono ridiventare l’unità che sono nella loro intima verità e realtà, e l’uomo è stato creato proprio perché riunisca i due mondi. Egli opera a favore di questa unità mediante una vita santa con il mondo in cui è stato posto, nel luogo in cui si trova. Noi crediamo che la grazia di Dio consista proprio in questo suo volersi lasciar conquistare dall’uomo, in questo suo consegnarsi, per cosi dire, a lui. Dio vuole entrare nel mondo che è suo, e vuole farlo attraverso l’uomo: ecco il mistero della nostra esistenza, l’opportunità sovrumana del genere umano!

Un giorno il Rebbe ha chiesto a bruciapelo ai suoi ospiti: Dove abita Dio? Quelli l’hanno deriso. Ma che vi prende? Il mondo non è forse pieno della sua gloria? Lo stesso Rebbe ha poi risposto: Dio abita dove lo si lascia entrare. Che cosa conta alla fine? Lasciar entrare Dio. Ma lo si può lasciar entrare solo là dove ci si trova, e dove ci si trova realmente, dove si vive e dove si vive una vita autentica. Se l’uomo instaura un rapporto santo con il piccolo mondo che lo circonda, se, nell’ambito della creazione in cui vive, aiuta la santa essenza spirituale a giungere a compimento, allora prepara a Dio una dimora nel suo luogo. Allora, lasciamolo entrare.

 

Inserito il:18/09/2023 09:50:49
Ultimo aggiornamento:18/09/2023 10:12:10
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