Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Ann Wamack (Jacksonville, Florida, United States) - Moment in Chaos

 

Guarisce chi vuole (4)

di Cesare Verlucca

(seguito)

Quando la morte ha bussato alle porte…

 

Era il 4 dicembre 2017, e avevo da sei mesi compiuto novant’anni…

Il giorno era nato sotto un’apparenza lusinghiera, con il rinnovo per due anni della patente di guida, ed era stato chiuso come peggio non sarebbe potuto accadere. Anzi no, cerchiamo di essere coerenti.

Io sostengo da una vita che in ogni azione, anche largamente negativa, qualcosa di positivo si possa sempre trovare: il peggio infatti, in quella circostanza, sarebbe stato mettere la parola fine al mio viaggio in questa valle di lacrime, mentre ero in volo con la mia Honda (e ci sarebbero state tutte le giustificazioni).

Cos’era successo? Percorrevo sereno una strada che poco oltre si biforcava: alla mia destra una Peugeot 208 viaggiava nella mia stessa direzione e più o meno alla stessa velocità; essendo incollata praticamente al guardrail, mi autorizzava a supporre che volesse indirizzarsi sulla strada a destra, mentre io dovevo continuare diritto per imboccare la deviazione sulla sinistra, e avviarmi a Romano Canavese.

Arrivati quasi al bivio, la Peugeot, proprio nel momento in cui eravamo affiancati, ha sterzato all’improvviso verso di me, colpendo il parafango posteriore destro della mia Honda e facendomi capottare, pur rimanendo la mia auto praticamente integra sulla strada. Tutto lascia supporre che chi guidava la Peugeot avesse all’ultimo momento deciso di cambiare destinazione, senza calcolare i tempi.

Sbatacchiato nel mio abitacolo, e incollato non proprio delicatamente sul tappeto di fronte al sedile di guida mentre la macchina si adagiava con il lato sinistro sulla strada, non ho perso neppure per un attimo la lucidità. Ero cosciente che sarebbero ben presto venuti a trarmi da quella penosa situazione, anche se non potevo muovermi, incastrato tra il sedile e il volante. Avevo davanti agli occhi il mignolo della mano sinistra tagliato dall’unghia al dorso, il quale – più che male – mi faceva uno spiacevolissimo effetto e grondava sangue.

Non so quanti minuti siano trascorsi prima che venissero a trarmi d’impaccio, ma ricordo perfettamente la sequenza di domande-risposte scambiate dalla finestra di destra, che per me era il soffitto.

«Come si chiama?».

«Cesare Verlucca».

«Quanti anni ha?».

«Novanta».

«Ha molto male?».

«Beh, già stato meglio…».

«Dove ha male?».

Non sapendo cosa dire, avanzai la mano destra sul lato sinistro dello stomaco dicendo: «Qui…». Solo più tardi mi avrebbero detto che avevo tre costole rotte, e un po’ di eccetera qua e là, danni che nel seguito avrebbero cominciato a far male a un livello più o meno serio, e anche peggio.

A un certo punto sentii rumori che parevano provenire da una sega che stesse tagliando la macchina, ma io ricordo solo che l’uscita avvenne dal parabrezza anteriore opportunamente distrutto, e la barella deposta poi nell’ambulanza della Croce Rossa. Perfettamente sveglio, sbirciavo dal finestrino di destra le case che sfilavano lungo un percorso che conoscevo in dettaglio, fino al Pronto Soccorso del nosocomio cittadino.

Sono prontamente accorsi mia figlia e mio genero e tutto sembrava tranquillo, fino a quando verso sera, dopo che mi avevano cucito alla bell’e meglio il mignolo e mi avevano sistemato in una stanzetta del Pronto Soccorso per ulteriori accertamenti, mi sono collassato con la pressione che ha raggiunto valori pericolosamente bassi. Lo stesso episodio si è riproposto poi altre due volte la mattina successiva, ma sono sempre riuscito a risalire a galla.

Allora, vista la gravità della mia condizione, sono stato spostato nel reparto di terapia intensiva cardiologica e successivamente in Rianimazione e in quelle tre settimane mi è successo di tutto.

Mi sono sempre rifugiato, però, in una inconsapevole filosofia esistenziale, quella secondo la quale nell’evento più negativo, qualcosa di positivo lo si può sempre rinvenire: in quella ghiotta occasione, infatti, il destino avrebbe avuto una facile opportunità di mandarmi all’altro mondo (non so se all’inferno o in purgatorio, ma molto difficilmente in paradiso…), e non ne aveva approfittato.

Parecchie volte hanno detto a mia figlia, quando mi lasciava alla sera, che avrei potuto non passare la notte: alla morte, infatti, mi hanno detto poi che sono andato così vicino da non riuscire a capire come io abbia fatto a rientrare vivo alla base.

Pensando ora a freddo a quella tragica storia, devo arrestarmi per descriverne il seguito, che rivedo come proiettato su uno schermo tutte le volte che ci penso, con tutti i gli incredibili dettagli, che non possono non essere veri.

Giunto a questo primo traguardo, m’appresto perciò – come nei migliori feuilletons, – a raccontare il resto nel prossimo numero.

(Continua)

 

Inserito il:13/05/2021 18:11:14
Ultimo aggiornamento:15/05/2021 19:17:21
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