Aggiornato al 02/07/2025

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

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DALLA POLTRONA (13) - Patrizia Tamà

di Giacomo D. Ghidelli

Patrizia Tamà, La Divina – i due cuori di Eleonora Duse, Rizzoli

 

Se provate a chiedere a Chat GPT notizie sul rapporto tra Eleonora Duse e D’Annunzio, sul vostro schermo compariranno una quindicina di righe da cui apprenderete che il loro fu “un legame intenso e appassionato, caratterizzato da un misto di amore, ispirazione e conflitto”; un legame che “lasciò un segno profondo nelle loro vite”. Naturalmente potete andare avanti a chiedere, ma tutto, invariabilmente, resta su una superficie che non riesce a restituire minimamente la reale profondità dei sentimenti intercorsi tra queste due persone.

Se invece chiedete a Patrizia Tamà di parlarvi di questo rapporto, la scrittrice vi rimanderebbe sicuramente al suo delizioso romanzo di quasi 400 pagine, in cui i mondi della Duse e di D’Annunzio (ma non solo) vengono esplorati nella loro complessità anche attraverso gli oltre 100 personaggi che popolano le pagine del libro.

Romanzo storico complesso, le pagine de La Divina scorrono però con facilità, affrescando con grazia e profondità le emozioni e i modi di essere di una donna affamata “di una vita e di sentimenti veri”, ma anche molto brava a “farsi male da sola”.

Il romanzo prende il via dal momento in cui la Duse, dopo diciotto anni di lontananza, si appresta a incontrare di nuovo il suo ex amante. E da qui, prima che lei giunga davanti alla porta della stanza in cui lui l’attende, inizia un viaggio a ritroso che ha il suo punto di partenza nel primo incontro con il “seduttore d’Italia”.

Un rapporto il cui senso è però già chiaro sin dalle prime pagine del volume, dove la Duse viene ritratta con in mano Il trionfo della morte di D’Annunzio di cui ha sottolineato il passo “Distruggere per possedere. Non ha altro mezzo colui che cerca nell’amore l’Assoluto”. Perché è questo il modo in cui il cosiddetto “vate” si confronta con la persona con cui intrattiene rapporti d’amore: possederla totalmente e, per poterlo fare, distruggerla. Emblematico è questo dialogo; siamo sempre all’inizio, al loro primo incontro in albergo. Lui le si avvicina e le dice:

«Ti ho immaginata mille volte là, sui palchi del mondo. Ho sentito il desiderio di mille uomini che dalla platea giungeva a lambirti con mille lingue di fuoco. E ti ho desiderata attraverso il loro desiderio. Ho fantasticato spesso di possederti subito dopo uno spettacolo, calda e ansante, percorsa dalla lussuria di tutti quegli sconosciuti.»

«Gabriele, tu non sai invece quanto questo mi pesi...»

«Ti pesa, ma ti piace anche in fondo, non è vero? Essere l’oggetto più ambito del desiderio.» «Non so se sia così...»

Lui non ascolta. Come dice l’autrice, lui è ormai ubriaco delle proprie parole, le immagini evocate alimentano la sua eccitazione a dismisura, è come una nave che non può più fermarsi e va a cercare le onde più alte, si getta volutamente nella tempesta. Con un gesto imperioso la volta verso di sé e la bacia come se volesse morderla. La stringe tra le braccia come se volesse annientarla.

«Voglio possederle tutte. Tutte.»

«Chi vuoi possedere? Chi?»

«Tutte le donne che sono in te, Eleonora. La moltitudine che hai interpretato e che racchiudi. Voglio scoprire tutto quello che sei, tutto quello che sai.»

E dopo che l’avrà scoperto, l’uomo il cui credo esistenziale si fonda su “voluttà, volontà, orgoglio e istinto” l’ abbandona per altri amori.

Lo sviluppo della vicenda è ricchissimo di fatti e di notizie: dai diversi amori dei due protagonisti alle “gelosie” tra attrici, agli “scontri” titanici sui palcoscenici del mondo – quello con Sarah Bernhardt, ad esempio – da cui la Duse esce sempre vincitrice pagando però costantemente un prezzo molto alto di solitudine: sola nel dover “cambiare pelle” ogni sera, sola di fronte agli infiniti problemi anche economici derivanti dalla gestione della sua compagnia.

Proprio grazie alla ricchezza della vicenda, il racconto consente all’autrice di tracciare anche un ritratto preciso dell’epoca in cui si svolgono i fatti, del modo di pensare e di vivere del tempo, ma anche delle idiosincrasie dei vari personaggi e persino di quelli che qualcuno potrebbe definire i “capricci di una diva”, ad esempio, avere sempre con sé il proprio letto nelle varie trasferte in giro per il mondo, senza il quale la condanna all’insonnia era assicurata.

Il romanzo però non si arresta alla conclusione del rapporto con D’Annunzio. Queste pagine sono dedicate alla Duse, alla esplorazione di un animo molto più complesso di quello del narcisista patologico per eccellenza a cui per un certo periodo si è unita.

Lo sviluppo della vicenda ci narra infatti anche la storia di un altro importante amore della Duse, che seguirà a quello con D’Annunzio: l’amore omosessuale con Cordula Poletti, una giovanissima poetessa ravennate che ci viene così presentata: “Tacchi bassi, camicia bianca e cravattino dal nodo lento. Una giacca di taglio maschile con una gardenia bianca all’occhiello, indossata su una lunga gonna a pantalone. I capelli, la scriminatura da una parte, sono tirati all’indietro in modo da sembrare corti. Non avrà più di sedici anni ma si muove con aria sicura. Tiene tra le mani un enorme mazzo di rose bianche e lo sguardo fisso su Eleonora Duse. Quando riesce a raggiungere l’attrice, le si inginocchia davanti porgendole i fiori”.

Al tempo di questo primo incontro la Duse è ancora legata a D’Annunzio e passeranno quindi alcuni anni prima che le due si ritrovino dando vita a una unione stabile. Il loro sarà un rapporto tenero, ricco di sfumature puntualmente messe in evidenza dal testo, ma anche questo sarà un rapporto che si svolge sotto il segno del narcisismo della giovane poetessa e che sarà travolto proprio da questo suo narcisismo.

La ragazza sta scrivendo un’opera per la Duse, grazie alla quale, fantastica, la Duse potrebbe tornare a calcare le scene dopo anni dal suo ritiro. Si potrebbe dire che Cordula stia ripercorrendo i passi di D’Annunzio. In questo caso però il lavoro procede a rilento, ma dopo aver ascoltato di nascosto una conversazione in cui un’amica di Eleonora parlando di lei dice a un’altra che “sarebbe ora di dimostrarlo, il suo talento!”, la ragazza prende una estemporanea decisione e invita tutti a una pubblica lettura della sua opera: un’opera che non aveva mai fatto leggere neppure alla Duse. Ma la Duse sa che l’opera non è terminata e che la ragazza ha parlato per ripicca.

La lettura è un disastro: “La piccola platea vede levarsi nell’aria complessi arabeschi verbali, frasi dalle architetture sovrabbondanti, espressioni magniloquenti. Immagini su immagini in un fiorire di azzardate figure retoriche. L’impressione è quella di assistere alla faticosa costruzione di una cattedrale barocca un po’ sbilenca, dominata dall’horror vacui e priva di uno scheletro portante. Senza fondamenta. Il pubblico non è certo dei più benevoli, ma la sensazione dell’artificio è davvero molto forte e alla lunga diviene fastidiosa”. La Duse non sopporta la situazione e forse capisce il senso ripetitivo e fallimentare del loro rapporto. Racchiusa in camera, fa dire alla ragazza di andarsene. Poi però, quando capisce che la cosa è effettivamente accaduta, se ne pente, ma è inutile: Cordula se ne è andata per sempre.

Siamo alle battute finali del libro, che sono poi quelle iniziali. Nelle ultime pagine ritroviamo infatti la Duse che – rispondendo a una lettera di D’Annunzio – bussa alla porta della sua camera. D’Annunzio l’aspetta e – per l’ultima volta – mette in atto tutte le sue arti seduttive, implorandola di tornare a vivere con lui. “Non avrei potuto conquistare Fiume o volare su Vienna senza i tuoi due occhi verdi. (…) Non avrei fatto nulla senza la tua magia. Sei sempre stata con me”. Le dice. E poi, “Solo tu sai amarmi così”. Ma “lei con uno scatto secco si alza in piedi, si allontana di qualche metro. Stringe i pugni e raduna tutte le sue forze”. E poi liquida sostanzialmente il rapporto dicendo “È vero, ti ho amato tanto. Troppo. Anche quando mi calpestavi, anche quando accartocciavi il mio cuore come un vecchio foglio di giornale da dare alle fiamme. Ti ho amato, sì, ma non puoi immaginare quanto ti abbia dimenticato!”.

Brava Duse! Bravissima Tamà.

 

Inserito il:01/07/2025 16:44:00
Ultimo aggiornamento:01/07/2025 16:57:13
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