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Dio e la teoria dei giochi
di Maurizio Merlo
Tutto avviene contemporaneamente,
il tempo non esiste, non ci sono limiti nello spazio,
siamo tutti parte dell'unità spirituale che contiene
le anime che si incarnarono prima, quelle di adesso
e quelle di domani, siamo tutti gocce dello stesso oceano.
Isabel Allende
L’odierno Papa Benedetto XVI, nella recente omelia di chiusura dell’Anno Paolino, ha confermato, con dotto e articolato ragionamento, che l’uomo nel corso della propria vita incontra la conoscenza attraverso il riconoscimento della verità e della razionalità, e che questo processo può essere soltanto compiuto aderendo compiutamente alla Dottrina Cattolica: pensiero papale d’altronde più volte reiterato nel tempo.
Da più parti è emerso dissenso sulla fondatezza di questo pensiero: la Storia di 2000 anni di Cristianesimo e dell’Occidente ci suggerisce in effetti altra lettura. Ci dice, con certa perentorietà, che ogni attività di ricerca e di sviluppo dell’Umanità, in campo scientifico, come in campo civile, spirituale e religioso, è sempre stata prodiga se accompagnata dai valori di libertà e tolleranza ed ha segnato, in passato come nella contemporaneità, l’evoluzione della Civiltà.
Talvolta, è d’uopo sottolinearlo, nei confronti di questi liberi pensatori, costruttori di sviluppo e modernità, la Chiesa cattolica si è trovata tragicamente in errore, diciamo con indulgenza, in umano errore.
La Storia ci dice anche che la vittoria in Occidente del Liberalismo Democratico, a seguito delle grandi rivoluzioni democratico-borghesi ha emancipato i Popoli di Occidente da secoli di oppressioni e fanatiche persecuzioni religiose e li ha protetti dalla barbarie degli Stati teocratici.
La storia ci dice infine che le conquiste sociali, civili e politiche a favore dei più deboli sono state effetto delle battaglie prima della borghesia e poi dei movimenti popolari, socialisti e democratici e che questi processi hanno indotto la Chiesa di Roma a superare gradualmente la cultura sociale della beneficenza, funzionale alle classi dominanti, a favore di una cultura più avanzata, consapevole della necessità (talvolta anche per spinta della stessa comunità cattolica) di una nuova cultura sociale dei diritti dei popoli e delle classi subalterne. La prima presa di posizione davvero significativa da parte della Chiesa Cattolica arrivò soltanto con la prima storica enciclica sociale Rerum Novarum nel 1891, di Papa Leone XIII. Ne seguirono altre di importanza fondamentale (Populorum Progressio di Paolo VI e Centesimus Annus di Giovanni Paolo II) e oggi, da pochi giorni, abbiamo potuto lietamente prendere visione della bellissima enciclica di Papa Ratzinger Caritas in veritate. Oggi è il Papa a invocare un governo democratico e mondiale della globalizzazione, a invocare un’etica della responsabilità e della giustizia sociale, e ciò è bene per tutta l’Umanità non solo per i Cattolici.
Dunque la storia è più complessa, non tutto ciò che è verità e ragione è riferibile al primato religioso e morale della Chiesa di Roma, alla sua dottrina, anzi per molti secoli così non è stato o non è sempre stato.
Fuori dalle logiche di primato, dunque, cerco anch’io, come è giusto che ogni uomo faccia, la verità e la ragione e lo faccio in tutta autonomia e su posizioni senz’altro relativistiche (concetto per me elogiativo), ecco perché alla domanda se questo mio testo sia da considerare blasfemo, la risposta che io posso offrire è di tutta semplicità : questo breve saggio tratta della visione spirituale e religiosa di un Uomo, di un libero cittadino della Repubblica Italiana che come tale merita rispetto e sul quale è possibile, se si vuole, aprire una libera discussione sui costumi civili e religiosi nel nostro Paese. Grazie e buona e libera lettura.
1. Ogni essere senziente ha una sua personalissima idea dell’esistenza o della non esistenza di Dio.
Gli agnostici basano le proprie convinzioni su basi rigorosamente razionalistiche.
Esiste poi, fra tante posizioni sfumate sul tema nell’universo mondo, la mia, quella dello spiritualista che ha buoni rapporti con la materia, che in sintesi potremmo definire la posizione di uno spiritual-relativista. Ma per dirvi cos’è lo spiritual-relativista e intrattenervi nella mia personale quanto incredibile vicenda (lo è per ognuno di noi) del rapporto con Dio, avverto la necessità di una pur breve quanto sentita premessa.
Quando la persona umana, nella sua crescita e formazione, prende coscienza di essere a questo mondo avverte la grandezza del mistero dell’esistenza e guarda dentro e fuori di sé per capire.
È uno stato di coscienza persistente che accompagna l’Umanità nel tempo, fino alle prime risposte, alcune su base scientifica, altre su base religiosa o filosofica, ma è lo stupore il sentimento prevalente che segna la sua vita.
Ad un certo momento le risposte si strutturano e l’uomo sceglie, deve scegliere, ne sente una profonda ispirazione, deve sapere chi e perché lui é. Una domanda certo condizionata dall’ambiente e dalla cultura in cui vive, non di rado condizionata dalla casualità delle suggestioni della vita, degli incontri. Entra dunque nella lunga fase delle verifiche delle proprie percezioni e convinzioni, dello stile della propria vita. Il mondo della scuola è decisivo, i maestri, nuovamente altri incontri, l’amore, gli amori, le diversità delle esperienze, a volte disarmoniche altre costruttive, le responsabilità della vita, il lavoro, l’impegno civile e politico.
La famiglia, o comunque l’unione con una donna e poi i figli rappresentano un grande laboratorio, una fucina in cui si ripercorre la vita, il suo mistero. È come rileggere una vecchia storia con occhi profondamente nuovi, provati dalle resistenze della vita, dalle sue gioie spesso dolorose, dai successi e dalle cadute. Da questa fase nasce l’uomo formato che ad un certo punto decide, se lo decide, di alleggerire il fardello, di considerarsi finalmente un piccolo uomo, non un Dio in terra, di scegliere l’umiltà che è innanzitutto consapevolezza della caducità della vita e allora la ricerca assume moltitudini di atteggiamenti tutti individuali, tutti diversi.
I più fortunati scelgono la leggerezza, l’osservazione attenta ma distaccata, quasi divertita, ironica e a volte gioiosa, si elevano, e possono trovare in terra il paradiso.
Ma la moltitudine, la grande maggioranza degli uomini, meno fortunata, con un colpo di istinto preferisce immergersi nella vita, dimentica, si getta nei trambusti quotidiani. C’è tempo, siamo giovani, la vita è nostra.
Si invecchia. E allora il timore si ripresenta, di non aver fatto bene, di non aver dato tutto, i rimorsi, gli errori, il tempo perduto e poi la vita che fugge. Quanta letteratura, quante cose scritte, dai diari ai romanzi ai saggi. La vita che fugge verso cosa? Voglio vivere ancora, ho tante cose ancora da fare, da esprimere, e davanti al mistero che si ripresenta implacabile, maestoso, ognuno fa quel che può, come davanti ad un fenomeno ingovernabile della natura. Un vero purgatorio.
Altri, molti altri, soffrono increduli, affondano nella materia-materia più bassa, e, se non si ridestano, rischiano di trovare in terra l’inferno.
2. È tutto immanente, è tutto qui - pensa lo spiritual-relativista - dove cercate? Più guardate nel piccolo più trovate tutto, più cercate in voi stessi e nel prossimo più capite che la ricerca è lì, meno viaggiate con il corpo più viaggiate con la mente, con l’anima, con lo spirito.
Che viaggio meraviglioso, fatto di grandi emozioni, commozioni, scoperte, intuizioni. È il viaggio che vi arricchisce e vi ricongiunge all’uomo autentico, a Dio.
Anch’io vivo, come tutti noi, un grande viaggio.
È come in un sogno. Quando sto bene gioisco, quando sto male vivo l’incubo. Ma perché? Perché a volte stiamo bene e a volte male?
Più si va verso il sottile, verso la mente, poi verso l’anima e lo spirito più è facile rispondere. A volte è facilissimo, cade ogni dubbio, sei giunto alla meta. Poi ricadi, la disperazione, ma cosa governa tutto questo? A questo punto della mia vita io ho la mia risposta, non so se definitiva, ma prego non datemi del visionario. D’altronde questa risposta mi fa felice e quando sto per cadere la ripasso mentalmente, mi riprendo, e sono più felice della volta precedente. Segno e sento una mia evoluzione.
La risposta ve la svelo, senza ricorrere a sacri testi, senza contorte congetture, con materiale riferimento al mio sentire, ma siate generosi è soltanto il mio gioco fruttuoso di una ricerca assolutamente personale, il mio possibile “conosci te stesso”.
Eccola: esiste con noi e intorno a noi l’energia pesante e l’energia leggera, la prima è la materia-materia, quella che ci fa crescere, che ci oppone resistenza, che ci fa soffrire. Essa è bellissima, innocente nell’incredibile ordine dell’Universo, e poi non è sola, non è abbandonata, anzi essa è molto amata, è nutrita, dall’altra energia quella leggera, che più si affina, più diventa sottile, più si congiunge a Dio. È semplice, quando sto per perdermi mi abbandono all’energia leggera e volo e vedo tutto, conosco tutto, amo tutto. Immaginatevi fare l’amore (sesso, materia-materia) con la persona amata, in unione con l’energia leggera, trovi la risposta alla vita, al dolore, non solo all’amore. È un momento dove incontri Dio o lo perdi, o è di gioia immensa - non per niente si procrea la vita, a volte - o è il degrado, e allora la materia-materia resta sola e si perde, si avvilisce e ne ha molte ragioni, perde l’intelligenza, perde l’anima, lo spirito, l’amore, perde la conoscenza, perde l’intelligenza universale. Se ami, sei senza peccato, sei puro e la purezza è la gioia di essere arrivati a ricongiungersi con l’uomo vero, creatura divina.
La creatura è divina se leggera, se povera, se umile, se intelligentissima, se innamorata dell’energia tutta, se unita totalmente in essa, gaudente senza peccato, se possiede in sé energia sottile.
Più l’energia è leggera, più diventa sottile, invisibile, armoniosa, angelica ma non è da un’altra parte, in un altro luogo, è qui con noi, la cercate, la trovate e siete felici (alcuni preferiscono all’idea di “felicità”, quella di “serenità”, e su questo non possiamo sindacare), non pensate più al peccato (per chi crede al peccato, io credo all’errore); l’energia sottile produce solo il bene assoluto, produce anche la materia-materia, solo che lei è pesante, è la parte bassa dell’energia tutta, fa male ma ha una sua religiosissima ragion d’essere : la conoscenza.
Se andiamo indietro a certe esperienze religiose, in particolare a quelle monoteistiche del vecchio testamento, troviamo l’esatto contrario del viaggio di ricerca da me compiuto, a me almeno così sembra. In particolare intorno al tema della conoscenza e alla nota punizione divina inflitta all’umanità a causa della disubbidienza di Adamo ed Eva, colpevoli di essersi nutriti all’albero della Conoscenza del frutto proibito.
Io mi autodenuncio peccatore, a quell’albero mi nutro continuamente, con gioia e con passione e il mio Dio mi premia. Lui è davvero un Dio buono e giusto.
Con ciò ognuno cerchi dove vuole, non spetta a nessuno di noi indicare la strada ma soltanto raccontare la propria storia, unica, irripetibile, meravigliosa purché conduca alla direzione giusta, all’energia sottile. Poi ognuno scelga come, quando e se arrivarci.
In questo percorso si abbandona il senso del male, perché lo conosci e quando sei lì - in quel segmento specifico della tua esperienza - puoi anche amarlo, anzi è forse più giusto dire che grazie alla materia-materia riscopriamo prima la leggerezza e poi ci ricongiungiamo all’energia sottile. È questo il Tao dell’illuminazione.
3. Vi racconterò adesso di una mia esperienza forte: il Tao dell’amore, che io considero uno dei grandi indizi dell’esistenza di Dio. L’origine di questa disciplina affonda le radici nella cultura antica dell’estremo oriente. Secondo questa scuola tre sono i gioielli che portano l’uomo alla piena evoluzione, all’illuminazione (ciò che io chiamo il ricongiungimento con l’energia sottile) il chi (energia), il ching (energia sessuale), lo shien (spirito). La saggia amministrazione dei tre gioielli è un’arte antica. Esistevano un tempo scuole esoteriche che tramandavano questa cultura selezionando attentamente i discepoli. Quale la ragione della segretezza, della selezione?
La risposta è semplice: non tutti gli uomini sono pronti per accostarsi a queste discipline. Occorrono due condizioni: il pesar poco, poca materia-materia, tanta energia leggera; l’essere disposti ad un percorso sublime. Tanta gente pesa tanto e teme i percorsi sublimi.
Io incontrai per mia grande e somma fortuna un maestro, un uomo semplice e gentile, come tutti i maestri, lui mi parlò e io capii quasi subito, lo venerai e lui mi insegnò senza grande sforzo i rudimenti, mi indicò poi una bibliografia sull’ argomento e io mi abbandonai a sterminate letture e ad esercizi pratici. Imparai presto e, per mia generosità impastata a presunzione, cominciai a parlarne con entusiasmo alle persone che conoscevo e consideravo più evolute. Non capivano o, al meglio, si dichiaravano affascinati ma inadatti.
Ecco compresa la ragione dell’esclusività delle scuole esoteriche alle quali accedono pochi privilegiati: la gente comune è mediamente molto pesante, pesante di tutto, di pensieri distorti, di troppo amore per la materia-materia, di troppo prendersi sul serio, non nel senso che la vita non sia più che seria ma nel senso che non siamo certo il centro dell’Universo nella materia-materia, lo siamo soltanto nell’energia sottile e se non ce l’abbiamo, perché non la troviamo, è errato e sciocco prendersi così tanto sul serio.
Ciò succede in particolare a noi occidentali, troppo immersi nel consumo di tutto in modo irriguardoso nei confronti della grandezza dell’esistenza. E allora, se mangi male, se pensi male, se sei un egoista, se non curi il tuo corpo, la tua mente e la tua anima, se non sai amare e pensi che anche l’amore sia un consumo, se c’è tutto questo allora la situazione è grave e rischi di annegare nella materia-materia e allora riprenderti è difficile. Partendo da queste condizioni come fai a sentirti leggero nel cuore e nella mente? E come fai a riconoscere il maestro che ti passa accanto? Devi aver cura di te, per il bene tuo e dell’Umanità.
E il Tao dell’amore? A ben pensarci, hanno ragione le Scuole esoteriche, studiatelo: il Tao, dall’energia, al sesso, allo spirito (molti mi chiedono: esiste un nesso? Vedete voi). Esistono libri su libri, in particolare Mantak Chia scrive cose bellissime, fra tutte “Il Tao Yoga dell’amore - Ed. Mediterranee”.
Mi hanno chiesto come mai non sono geloso di questi apprendimenti. La risposta è semplice: se i singoli uomini migliorano, migliora l’Umanità.
4. Torno alla premessa: cosa intendo dire nel dichiararmi (per sintesi ripeto) uno spiritual-relativista?
Bè, i relativismi li ho frequentati tutti, dai classici ai contemporanei, compresa la cultura massonica, in Italia trascuratissima se non negletta a causa del triplice poderoso attacco, prima da parte della Chiesa cattolica, poi del Fascismo e infine del Comunismo. Cultura di grande fascino e di grandi insegnamenti, come è assolutamente noto al resto dell’Europa e del mondo occidentale, dove non è stato dimenticato che la Massoneria fu un movimento di libertà, a capo delle due grandi rivoluzioni liberali, la americana e la francese. Noi che come in tante altre cose siamo un Paese pieno di menzogne e di doppiezze, abbiamo financo dimenticato il Risorgimento italiano e il ruolo di quegli uomini, da Mazzini a Garibaldi, ai tanti eroi, e il ruolo di quella grande Scuola di cultura dello spirito e del relativo, determinandone, o condizionandone almeno, il declino storico e anche etico.
Ma non andiamo fuori tema. Mi considero un relativista convinto (tra K.R. Popper e S.L. Kuhn, per stare ai contemporanei) con una visione certo particolare dell’esistenza, mi consentirete infatti che non è esattamente un’operazione scontata mettere insieme spiritualismo e relativismo. Visione dell’esistenza senz’altro culturalmente ostile alla visione tragica e assoluta del mondo di cui è impregnata la religione cristiana, trasmettendo questo stato d’animo e queste tragedie materiali alla storia dell’intero occidente, non diversamente dalle altre religioni monoteistiche (ebraismo e islamismo).
Mi considero d’altronde uno spiritualista, nel senso che cerco e trovo continuamente indizi sull’esistenza di Dio e della spiritualità.
Il fatto peculiare è che ho scelto di inseguire questa dimensione, non fra angeli e fantasmi, ma nella vita reale.
Il Tao dell’amore è un indizio importante, esso esprime una incredibile sintesi tra sessualità e spiritualità dell’essere umano, in direzione della esaltazione dell’amore per il proprio essere profondo, per l’oggetto d’amore (la persona amata), per il proiettarsi sull’immortalità dello spirito e quindi su Dio o sull’Ordine delle cose, comunque lo si voglia concepire, purché fonte di energia e con l’indizio materiale che la forma più alta di energia è l’amore stesso.
D’altronde questa idea trova un forte riscontro sul piano sociale, cosa produce più energia dell’amore nella vita dell’uomo e del mondo? Pensiamo alla procreazione, all’istinto animale di conservazione e di amore per la prole, pensiamo al capovolgimento di valori nel mondo intorno all’evento Gesù di Nazareth, al ripetersi nella storia di eventi di grande energia nascenti dalle politiche di pace. Pensiamo per un momento a come viviamo tutti i giorni: troviamo qualcosa di più possente nel rapporto con il prossimo delle logiche di amore, di verità, di giustizia sociale, di carità, di compassione. Sono indizi? Mi pare di sì e in modo difficilmente confutabile.
Ora, dove sta in tutto questo il relativismo? Io lo trovo inseparabile dalla mia personale spiritualità perché a tutto questo ci arrivo con la mente (secondo il Taoismo : forma di energia intermedia tra corpo e spirito), e la mente mi dice anche che non capisco, in ragione e spirito, il concetto di fede, quell’apparato escatologico che a me pare francamente nasca in modo evidente dal combinato sforzo della mente umana di conciliare la tensione istintiva all’immortalità, da una parte, e il timore contestualizzato e tragico della morte, dall’altro. Esisterebbe la fede nell’uomo se non vi fosse questo intreccio indissolubile di paura e di aspirazione? Ne ho sempre dubitato profondamente, anche andando a cercare tra i materiali delle sacre scritture. Dov’è l’indizio di Dio, ad esempio nel Cristianesimo? Sicuramente nei Vangeli di Gesù (in particolare in quelli gnostici o come preferisce chiamarli la Chiesa cattolica, apocrifi). Nella Bibbia viceversa io ho sempre trovato, più che altro, e non temo di dar scandalo, un libro degli orrori, carico di pessimi indizi su un Dio iroso, dotato di scarso equilibrio. Ma - questa è la mia domanda - nella Bibbia c’è Dio o c’è la ricerca della legittimazione di un popolo nella Storia, attraverso i suoi capi carismatici? Una cosa è certa quella lettura di Dio non mi fornisce indizi di amore, vedo lì un Dio incredibilmente datato che assomiglia tantissimo alla storia e alla cultura del popolo che lo ha pensato.
In Gesù c’è la ricerca spirituale quanto sublime di un uomo che si ribella alle leggi e a certi costumi del suo popolo e implicitamente al dominio imperialistico. Questa a me sembra la storia vera. D’altronde gli indizi di spiritualità passano sempre tramite la ricerca individuale di un uomo, che per elevazione può diventare un culto di riferimento, si pensi, e non vado più indietro che al novecento, a Gandhi (contro la schiavitù del suo popolo), a Maria Teresa di Calcutta (contro la fame e per la dignità dell’uomo), a Martin Luther King (I have a dream: tutti gli uomini sono stati creati uguali), a Muhammad Yunus (il banchiere dei poveri, premio Nobel 2006 per la pace).
Voglio affermare una semplice idea, pervenendoci sia da un mio personale approccio di spiritualismo che di relativismo razionalista, la “fede” non è per me indizio di amore, tutt’altro è soltanto indizio di timore del proprio destino personale che si risolve nel gesto estremo, senza trionfo alcuno della (divina) ragione, di affidare ad occhi chiusi e senza profondità di percorso, intellettuale e spirituale, il proprio destino: una scommessa, fondata dunque su una teoria dei giochi, nella quale c’è la speranza mascherata da fede di ritrovarci dopo la morte (nascita) eterni e con Dio.
Io accetto senz’altro la sfida di una esistenza fondata su una teoria dei giochi, “Scienza” e “Storia” comprese in questo contesto. D’altronde mi sembra di essere in possesso di indizi seri sul fatto che Dio stesso, immanente o metafisico, abbia fondato il suo rapporto con l’universo su un complesso gioco di esperimenti, lo stesso libero arbitrio dell’Uomo sta in questo paradigma, la stessa distanza di Dio dalla storia umana lo è. Ma se devo giocare a questo gioco, lo faccio, religiosamente divertito, con passione, e per nulla intimorito dai due possibili scenari:
il maggiore che consiste in un gioco superbo di logica evolutiva tendente a Dio e al nostro ricongiungimento con il Padre;
il minore, tutt’altro gioco, meno trionfalistico da un punto di vista prospettico ma altrettanto bello, l’evoluzione dell’uomo nella Storia come ciclo perenne di uno stato di natura.
Un Uomo e una Donna liberi, laici, eroici, Sisifo post-moderni, come Dio stesso li ha concepiti per i suoi esperimenti, un’Umanità siffatta questi giochi li fa entrambi da protagonista.
Se vince il gioco più grande, riceve come premio di aver cambiato integralmente la persona umana riconducendola a Dio, se vince il gioco più piccolo, riceve come premio di aver cambiato ancora una volta la Storia.
Questi Uomini e queste Donne accettano consapevoli l’essenza e la verità della regola fondamentale del gioco, la speranza dell’immortalità.
Durante l’Angelus di domenica 9 agosto 2009, Papa Benedetto XVI ha esternato ancora. Questa volta in materia di nazismo, ateismo e nichilismo.
Su queste tre grandi questioni della storia e del pensiero universale, così indipendenti tra loro, Papa Ratzinger avrebbe azzardato un’allarmante equiparazione: nazismo uguale ateismo uguale nichilismo.
È da chiedersi come sia possibile su un piano intellettuale, religioso e spirituale di tale eccellenza affermare che un ateo debba essere considerato per definizione un nichilista, o un nazista debba essere per decreto definito un ateo, o un cristiano di per sé un non violento, quando la storiografia ci propone nei tempi figure prestigiose di atei impegnati contro ogni manifestazione di violenza, atei spesso impegnati nella difesa delle democrazie e della civiltà e religiosi votati alla persecuzione degli innocenti e alla violenza.
Da qui ne è nata una inevitabile discussione pubblica sulle pagine de La Repubblica e, mentre consegno alle stampe questo articolo, sono già intervenuti su quelle pagine Adriano Sofri e Vito Mancuso.
Adriano Sofri ha così commentato: «La storia (…) ha mostrato a quale infamie e quali orrori possa condurre l’umanesimo ateo? Certo: come ha mostrato a quali abbia potuto condurre il fanatismo della fede, il mettere Dio alla propria testa, e anche il Dio cristiano».
Vito Mancuso, giustificava sotto il profilo filosofico-esistenziale la riflessione del pontefice, ma affermava altresì: «Lascio (…) a Benedetto XVI la responsabilità storiografica dell’equiparazione tra nazismo e nichilismo contemporaneo».
Insomma non si possono rendere banali tali argomenti e mi bastano le lapidarie dichiarazioni dei predetti commentatori per rimettere al buon senso del lettore il giudizio di merito. D’altronde, ne sono convinto, avremo ancora modo di intervenire su questi e altri temi, oggetto della produzione ecclesiale e intellettuale di Papa Ratzinger.
Mi limito a chiosare su un fatto: la ricorrente nostra pratica di replicare a Sua Santità nasce in parte, certo, dall’importanza del suo ruolo per le sorti del mondo ma anche, più banalmente, dal fatto che in uno Stato laico e democratico come è la nostra Repubblica italiana è assolutamente ordinario raccogliere consensi e dissensi. Certo che se i dissensi, da più parti argomentati, comunità cattolica compresa, sono così più frequenti dei consensi, occorre - lo affermo sommessamente - che il protagonista valuti, nell’interesse generale, una pausa di riflessione. Se il dissenso si ripete, se qualificati professori negano la sufficienza ad una così alta autorità, come si trattasse di uno scolaro, si pone un problema di rapporto con l’opinione pubblica e con il mondo della cultura internazionale, non solo laica.
Aggiungo che nelle riflessioni papali, che non abbiano ad oggetto specifico il rapporto interreligioso, i parametri di riferimento dei comportamenti umani sono sempre e soltanto l’“umanesimo cristiano” e l’”umanesimo ateo”, non entrano mai in discussione l’umanesimo laico non ateo, il variopinto mondo della spiritualità, le altre confessioni monoteistiche, men che meno il buddismo, le altre scuole religiose orientali, le religioni minori. Questa assenza di attenzione, in una fase della storia in cui è all’ordine del giorno la ricerca del dialogo e di una durevole politica di pace e di concordia tra i popoli, in un mondo aspramente contraddittorio, in guerra ma che propone un grande rilancio della spiritualità e della religiosità, questa assenza di attenzione, questa distrazione, è di giovamento alle ragioni dell’Umanità?
Tratto dal libro “Il viaggio più lungo” di Maurizio Merlo Ed. Nerosubianco - Cuneo Copyright 2017