Aggiornato al 07/10/2024

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Voltaire

 

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Shakespeare non era inglese, ma italiano

Anzi, Non Era Neanche “Shakespeare”!

 

di Achille De Tommaso

 

Non so quanti di voi siano al corrente dell’“affaire”, che considera la possibilità che il nome di Shakespeare, mascheri il nome di un autore italiano.

Shakespeare è infatti, stranamente, da molti esperti considerato – mettiamola così – “il meno inglese tra gli scrittori inglesi”. Infatti, gli inglesi, tipicamente, amano l’understatement, ovvero dire sempre un po’ meno di quanto si percepisce. Al contrario, Shakespeare tendeva all’iperbole, specialmente nella metafora, e non ci dovrebbe sorprendere lo scoprire che fosse stato italiano. Scriveva poi Jorge Luis Borges, uno degli scrittori più influenti della letteratura del XX secolo, nel 1979: “La vita di Shakespeare è un affascinante mistero, e tremo ogni giorno al pensiero che possa emergere qualcosa”.

***

Ebbene, il giorno che Borges tanto temeva è forse arrivato: Shakespeare sta per rivelare la sua vera identità, quella di un forestiero! Un forestiero molto italiano.

John Florio secondo Lamberto Tassinari (*)

“John Florio, nato a Londra nel 1553, visse in Europa continentale, per lo più in Italia, con il padre fino a quasi vent’anni, tornando a Londra solo all'inizio degli anni '70 del Cinquecento.

Florio, che nel 1591 aggiunse il soprannome "Resolute" al suo nome, era determinato a donare alla sua nuova patria – all'epoca ancora culturalmente arretrata – una creazione letteraria suprema. Decise di diventare un drammaturgo e adottò lo pseudonimo aggressivo "Shake-Speare", dove la "lancia" che si agitava era, ovviamente, la penna. ("Speare" in inglese è una forma arcaica o alternativa del sostantivo "spear", che significa lancia.  In "Shake-speare", la parola suggerisce l'atto di scuotere (to shake) una lancia, ma in questo caso può essere intesa in modo simbolico come il potere della parola o della penna.)

Il nome, casualmente, suonava simile a quello di un inglese di Stratford, un certo William Shakspere (o Shakspear, Shexpir, a seconda dell'umore del momento), figlio di un guantaio, e attore, che divenne poi proprietario terriero, impresario teatrale e persino usuraio. Più tardi, il dramma e la poesia prodotti da Florio con il suo pseudonimo Shake-speare furono attribuiti a questo sconosciuto e insignificante inglese.

Il principale artefice di questo furto d’identità a scopo patriottico fu il drammaturgo Ben Jonson. Molte opere di "Shakespeare" non erano mai state prodotte, altre non erano ancora pubblicate, e alcune erano anonime. Furono tutte raccolte e pubblicate nel First Folio del 1623, sette anni dopo la morte dell'uomo di Stratford. Ma dietro quel nom de plume c'era John Florio, non l'uomo di Stratford.

È vero, John Florio collaborò volontariamente alla creazione del fittizio William Shakespeare, con l’aiuto di suo padre, per vari motivi. Primo fra tutti, Florio era troppo in vista come straniero e, in un’epoca di sospetti e invidie verso i forestieri (ricordiamo l’ostilità inglese verso il papato e gli italiani), sarebbe stato pericoloso rivendicare apertamente la paternità di quelle opere. Suo padre, Michel Angelo Florio, perseguitato dall'Inquisizione cattolica romana e coinvolto in uno scandalo durante il suo primo soggiorno a Londra, preferì vivere nell'ombra anche nella sua nuova patria protestante.

Si capisce poi perché l'establishment accademico difenda così rigidamente questo dogma. L'Inghilterra, nel momento in cui costruiva il suo impero, aveva bisogno di una figura come Shakespeare, salda e inoppugnabile, per esigere rispetto dai propri cittadini e dal resto del mondo. E così Shakespeare divenne un mito: l'Autore senza una vera biografia, l'Opera senza l’Uomo.

In conclusione, la questione dell’autorialità di Shakespeare non è solo una lunga saga accademica, ma il rifiuto di ammettere che Shakespeare fosse, in realtà, uno straniero, un italiano: John Florio.”

Fin qui la tesi di Lamberto Tassinari (*).

 

Approfondiamo:

Quale lingua ha contribuito di più all’inglese? Se dovessimo ascoltare molti anglofoni, la risposta ovvia sarebbe il francese. Ma, non possiamo negare che la lingua inglese sia stata invece modellata da numerose altre lingue nel corso dei secoli. Il latino e il tedesco, ad esempio, sono frequentemente citati come influenze primarie.

L'inglese ha le sue radici nei dialetti di tre tribù germaniche: Angli, Juti e Sassoni, che si stabilirono in Gran Bretagna intorno al 450 d.C. Questi dialetti hanno dato origine all’anglosassone, il progenitore dell’Old English, che poi si sviluppò influenzato da lingue come il celtico, il latino e lo scandinavo (o antico norreno), parlate da eserciti invasori.

E’ vero: il "cataclisma" della lingua inglese fu la conquista normanna del 1066 con cui avvenne l’influenza della lingua francese; ma, attenzione: con Guglielmo il Conquistatore al trono, è vero che il francese divenne la lingua della corte, dell'amministrazione e della cultura per circa 300 anni; ma è anche vero che l’inglese (quello influenzato dalle tre tribù germaniche) , anche se era stato "retrocesso" a un ruolo di uso quotidiano e non prestigioso (parlato dai poveri), era comunque quello più diffuso.

E qui stiamo dimenticando qualcosa e qualcuno: la lingua italiana e, quindi, Giovanni Florio.

Qui si apre un capitolo spesso ignorato quando si parla di influenze sulla lingua inglese: il signor Giovanni Florio. Florio, come minimo, è stato uno degli ambasciatori più illustri della cultura italiana in Inghilterra e, sempre come minimo, come vedremo, uno dei grandi contributori della lingua inglese; eppure, gli inglesi tendono a trascurare la sua figura. Strano.

Tra il 1580 e il 1583, Florio fu a Oxford come tutore di personaggi di spicco e promotore dell’Euphuism. Trascorse anche del tempo come segretario e tutore all'ambasciata francese a Londra, e — dettaglio affascinante — fu anche una spia per la regina Elisabetta durante il complotto di Babington. Florio era un uomo poliedrico: agente, tutore di nobili come Henry Wriothesley, e persino Groom of the Privy Chamber per la regina Anna di Danimarca (moglie di Re Giacomo I d'Inghilterra e VI di Scozia). E come dimenticare la sua amicizia con Ben Jonson?

Un contributo notevole, ma spesso ignorato

Florio è stato un linguista, poeta, drammaturgo, traduttore e lessicografo di straordinaria importanza nell’era elisabettiana. Si definiva "italiano nella lingua, inglese nel cuore". Un uomo che contribuì alla lingua inglese con oltre 1.149 nuove parole, posizionandosi al terzo posto dopo Chaucer e, sì, Shakespeare.

E, a proposito di Shakespeare, qui inizia il vero mistero.

Shakespeare e Florio: Coincidenza?

Secondo addirittura l'Enciclopedia Britannica, molte delle nuove parole, proverbi e costruzioni linguistiche che si trovano nelle opere di Shakespeare derivano proprio dal lavoro di Florio. Non è solo una coincidenza che entrambi coniavano parole allo stesso modo, con un approccio creativo alla lingua. Eppure, è Florio a rimanere nell’ombra, mentre Shakespeare brilla di luce propria.

La padronanza di Florio delle lingue moderne e classiche, la sua erudizione enciclopedica e la sua influenza sulla lingua inglese dovrebbero bastare a fargli ottenere (almeno) un posto di rilievo accanto a Shakespeare. Eppure, il suo contributo è minimizzato o dimenticato.

Un'eredità dimenticata

Florio lasciò una grande eredità letteraria e culturale. Scrisse i primi dizionari completi italiano-inglese, tradusse Montaigne e Boccaccio, e contribuì a plasmare il teatro elisabettiano. Aveva una conoscenza approfondita delle arti, della letteratura e della filosofia, e sebbene la sua figura rimanga oscurata dalla grande ombra di Shakespeare, il suo ruolo nella diffusione della cultura rinascimentale in Inghilterra è innegabile. Florio dovrebbe essere considerato un gigante. Un gigante italiano che, silenziosamente, ha grandemente contribuito a rendere l'inglese la lingua che conosciamo oggi.

Il complotto

Lamberto Tassinari propone che John Florio, sia il vero autore delle opere attribuite a William Shakespeare.  

Tassinari sottolinea come Florio, sotto lo pseudonimo "Shakespeare", abbia arricchito la lingua inglese con migliaia di nuove parole e concetti, influenzato dalla cultura europea. Tuttavia, l'ortodossia accademica ha rifiutato questa teoria, preferendo attribuire le opere al “meno probabile” (sic!) William Shakspere di Stratford, un semplice attore. Tassinari critica questo rifiuto e suggerisce che Florio, desideroso di contribuire alla cultura inglese ma volendo rimanere in incognito, abbia adottato questo pseudonimo per nascondere per prudenza la sua vera identità di autore delle opere shakespeariane.

L'influenza culturale e linguistica di Florio, secondo Tassinari, è innegabile, ma è stata oscurata da una "cospirazione" accademica che ha preferito preservare il mito di Shakespeare come autore inglese piuttosto che accettare la possibilità di un contributo straniero di tale portata.

Ma, per accertare la verità, non possiamo ovviamente basarci solo sulle teorie di Tassinari.

Attraverso studi recenti, molto dettagliati, dei metodi usati da John Florio e Shakespeare nell'inventare parole, si è, in realtà, cominciato a sottolineare qualcosa di interessante: Shakespeare, infatti, sembra fondersi lentamente con il più celebre e talentuoso maestro della grammatica e della parola del loro tempo: appunto John Florio. E siamo solo agli inizi degli studi.

La traduzione del Decameron è stata una sorta di cartina di tornasole, rivelandosi uno strumento formidabile per approfondire la connessione tra Shakespeare e Florio.

Gli studi dovranno essere sistematici, certo, ma la strada ormai è tracciata. Il metodo? Semplice: analisi comparativa tra Shakespeare e Florio, compreso Florio traduttore del Decameron (v. nei riferimenti). L'obiettivo? Ottenere una nuova e più approfondita comprensione di Shakespeare e, finalmente, riscoprire il "risoluto" (ma sempre prudente, ironico e lungimirante) John Florio. Un uomo disposto a sacrificarsi per un bene maggiore: la sua lingua e la sua cultura.

La Stessa Enciclopedia Britannica strizza l’occhio alla tesi dello pseudonimo:

Florio added more than one thousand new words to the English language, the same contribution attributed to William Shakespeare. William Shakespeare and John Florio display the same bombastic style: the same exaggerated use of metaphor, rhetoric, wit (quips and puns), poetic sense, and extensive use of proverbs. They even coin words in the same fashion. Thousands of words and phrases written by Florio appear later in Shakespeare’s works. Two of Florio’s phrases become titles of William Shakespeare’s comedies. Florio is a juggler of words and a polyglot: he speaks four modern languages, as well as Latin, Greek and probably Hebrew—the same languages known by Shakespeare, according to scholars.

Enciclopedia Britannica

 

(*) Lamberto Tassinari è uno scrittore e saggista italiano-canadese, noto principalmente per il suo lavoro di ricerca sulla controversa teoria secondo cui John Florio, un linguista italo-inglese del XVI secolo, sarebbe il vero autore delle opere attribuite a William Shakespeare.  

 

RIFERIMENTI

The Shakespearean Authorship Trust

https://shakespeareanauthorshiptrust.org/florio

William Shakespeare e John Florio: una prima analisi comparata linguistico-stilistica

file:///C:/Users/achil/Downloads/William_Shakespeare_e_John_Florio_una_pr.pdf

John Florio: The Anglified Italian Who Invented Shakespeare di Lamberto Tassinari

https://shakespeareanauthorshiptrust.org/florio

John Florio – The Anglified Italian Who Invented William Shakespeare

https://accenti.ca/john-florio-the-anglified-italian-who-invented-william-shakespeare/

 

Inserito il:17/09/2024 14:04:31
Ultimo aggiornamento:17/09/2024 19:42:37
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