Giuseppe Arcimboldo (Milano, 1527-1593) - Il Bibliotecario (1562)
Trasformare un quadro d’autore in parole…
Come un libro aperto
di Simonetta Greganti Law
Una grande moltitudine di gente si era radunata per dare l’ultimo saluto al bibliotecario di un piccolo borgo di poco più di 500 anime. C’erano tutti: il Sindaco, il maestro di scuola, il giardiniere, il barista, giovani e vecchi, uomini e donne ognuno con la faccia triste, gli occhi pieni di lacrime e lo sguardo affranto. Nel silenzioso cimitero di campagna si distinguevano figure strette nelle loro spalle ricurve che sostavano in preghiera davanti a una lapide già scoperchiata. Ognuno teneva tra le mani un libro che gli era stato consigliato proprio da quell’omino piccolo ma di ampie vedute. Era evidente che leggere tanto come aveva sempre fatto gli aveva aperto la mente alla ricchezza infinita della conoscenza e anche la sua immaginazione era stata continuamente stimolata procurandogli sensazioni ed emozioni continue.
Il nipote del caro Volfango prese la parola per primo:
“Sento ancora il tuo profumo nonno: odoravi di vaniglia e d’erba, fragranze che sono prodotte dalla degradazione della carta, ma anche d’inchiostro o di altri elementi chimici che vengono usati nel processo di rilegatura. Ogni carezza che mi davi frusciava nel mio cuore come quando voltavi una pagina del libro che mi leggevi prima di dormire. Nonno caro, sei rimasto giovane grazie alla letteratura, grazie alla vita vissuta in una dimensione diversa che ti ha fatto sognare ed entrare in luoghi segreti e incantati. Non ti sei mai mosso da questo paesino ma hai viaggiato più di chiunque altro proprio grazie ai mondi conosciuti nei tanti volumi che hai sfogliato. Sei arrivato a conoscere i paradisi che solo una buona lettura ha potuto svelarti. Ovunque tu sia adesso, spero che potrai continuare a leggere come hai sempre fatto e così sarò certo che avrai raggiunto il Paradiso. Non ti dimenticheremo mai perché vivrai nel ricordo di ognuno di noi proprio quando apriremo un qualsiasi libro della tua biblioteca.”
Poi, con voce commossa, parlò anche il Sindaco: “Sono anni e anni che esiste la piccola biblioteca del nostro paese, arroccata sulla salita che porta alla piazzola da cui si può ammirare la magnifica insenatura del mare che abbraccia un panorama mozzafiato. Qui le albe sono uniche e ogni volta che ho voluto godere di questo spettacolo affacciandomi alla ringhiera del nostro amatissimo belvedere, ho scorto il caro Volfango seduto su una panchina in attesa dell’orario di apertura della sua biblioteca. Non era mai solo, era sempre in compagnia di un buon romanzo. Lui è stato il bibliotecario storico del nostro paese ed ha amato con passione il suo lavoro. Tutti i libri di cui si circondava lo attraevano come una forza gravitazionale misteriosa. Viveva in simbiosi con i suoi libri e aveva finito, proprio come fanno i proprietari di un cane coi loro amati quadrupedi per creare quella somiglianza che li accomuna e li rende simili a loro. L’immagine che mi resterà sempre vivida del caro Volfango è quella di un uomo con la mente aperta come un libro, sulla fronte le rughe che ricordano le righe parallele di una pagina, un naso sottile sempre infilato nel romanzo che stava leggendo e due piccole orecchie come quelle che si fanno sulla pagina di un volume per marcarne il segno di lettura. La sua pelle ruvida e un po’ incartapecorita come il foglio di un vecchio tomo.
Anche la sua personalità era onesta, senza segreti, si mostrava proprio nella sua trasparenza totale, a detta di molti, era un libro aperto. Sapeva parlare in modo corretto e appropriato con la scelta di vocaboli adeguati e precisi, quasi da manuale.
Molte altre persone vollero aggiungere un ultimo saluto leggendo ad alta voce frasi o brani estratti dai libri che tenevano in mano e che erano stati selezionati perché ritenuti adatti all’occasione. Sicuramente fu un funerale speciale, appropriato a questa bellissima persona.