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DALLA POLTRONA (11) - Giacomo Ghidelli
Presentazione di libri, film, eventi.
di Giacomo D. Ghidelli
Lei – Donne contro, (di Giacomo D. Ghidelli) Mimesis Edizioni
A prima vista potrebbe sembrare che questo mio ultimo lavoro abbia dato vita a un libro inattuale e quindi da lasciar riposare in libreria, visto che pone al centro dell’attenzione sei episodi dell’Antico Testamento; perché va bene che recentemente l’occhio è stato violentemente attratto dagli avvenimenti papali, ma suvvia, non esageriamo!
E invece no.
Perché anche soltanto scorrendo la rapidissima sinossi dei sei racconti posta in quarta di copertina si capisce subito che in realtà questo è un libro di una precisa attualità, tale da giustificare pienamente la domanda che uno dei firmatari della noterella introduttiva si pone: “Ma se le cose fossero andate veramente così, come sarebbe oggi il mondo?”. Se le donne qui dipinte si fossero decisamente opposte all’ottica patriarcale che invece nella Bibbia le consegna al nulla, come sarebbe oggi la vita di noi tutti? Un libro quindi per denunciare il fatto che una delle origini della nostra cultura intrisa di violenza e di patriarcato sta proprio nelle pagine dei primi libri della Bibbia.
Ma allora scorriamola, questa sinossi, magari allargandola brevemente con alcune citazioni, come si fa in ogni presentazione che si rispetti.
Il primo racconto – Lei – è dedicato a Eva, che nel Giardino addenta la mela per desiderio di conoscenza e non per voglia di potere, come fece invece Adamo. Ma quando Dio le dice di aver messo l’albero al centro del giardino vietando però loro di coglierne i frutti proprio per saggiare la loro obbedienza, e accusando per di più Eva di aver disobbedito spinta dal desiderio di diventare simile a lui, la donna gli si rivolta contro piena d’ira: lei non può tollerare le sue accuse e non può restare con chi non ha fiducia in lei, ma che anzi ha fatto di tutto – tentandola – per dimostrare soltanto a se stesso quanto aveva ragione a non fidarsi. Lei non vuole la compagnia di uno che scambia il suo desiderio di conoscenza con uno desiderio di potere. E alla fine di un dialogo serrato conclude: “Te lo ripeto per l’ultima volta: io non voglio essere te. Io voglio soltanto essere me stessa. E a questo punto sappi che non sei tu che mi scacci dal giardino delle delizie, ma sono io che me ne vado!”. Si potrebbe dire che la dignità ha un prezzo, accidenti!
Il secondo racconto – La madre – vede sempre come protagonista Eva, questa volta in veste di madre di Abele, Caino e Set. E in questo caso il tema è il silenzio di Dio che rifiutando senza spiegazioni le offerte di Caino lo spinge a un gesto inconsulto. Ma accanto a questo c’è il tema della capacità femminile di ascolto, di accoglienza e di difesa e di cura dei bisogni più profondi. Così mentre Adamo si configura come uno che aderisce in modo un po’ irriflessivo (ma non sino in fondo) ai comandamenti e alle abitudini del tempo, Eva è la donna che dice a Dio che il suo “è stato un modo di agire perfido, senza senso, capace di far impazzire una persona”. E che anche il segno che Dio ha impresso sul volto di Caino, se da un lato lo protegge da chi potrebbe volergli fare del male, “dall’altro non gli consentirà mai durante questa sua lunga vita di scordare nulla, ma anzi gli terrà per sempre aperta quella ferita nella mente che si è spalancata per colpa tua. Quel segno gli dirà per sempre che lui è stato l’assassino di suo fratello, senza lasciargli neppure, forse, la possibilità di capire perché l’ha fatto”. Lascio al lettore scoprire come finirà la diatriba.
Il terzo racconto – La moglie – è dedicato alla moglie di Noè, personaggio non citato dalla Bibbia e che, al contrario dell’obbediente Noè e dei suoi figli, non è disposta a far parte del popolo dei futuri “eletti” che nascerà dopo il diluvio, che per lei non è altro che la realizzazione di un “irresponsabile progetto omicida”, un assassinio che ha colpito anche chi non poteva avere colpe. Come infatti dice “Ammettiamo pure, anche se a me non sembra (e di questo ti chiedo perdono perché l’infinito sapere del visibile e dell’invisibile è solo tuo), che i genitori siano indegni di vita. Ammettiamolo. Ma perché anche i loro figli, che non hanno fatto nulla, devono vedersi annullare ogni futuro? Perdonami, Elohim, ma punendo gli adulti per ristabilire la giustizia, quasi un risarcimento per il male che hanno provocato e fatto, non commetti a tua volta una terribile ingiustizia travolgendo nella tua ira anche coloro che sono innocenti? Perché non mostri verso l’uomo quell’amore che tu pretendi l’uomo mostri verso l’altro uomo? Perché il tuo cuore non è a fianco dei miseri, non è misericordioso, ma è invece pieno di odio verso chi hai creato, quasi che tu non fossi Elohim ma proprio quell’uomo che vuoi condannare alla distruzione?”.
Il quarto racconto – La sterile – è dedicato a Sara: lei, la moglie di Abramo, si erge contro il marito che accetta senza discutere la richiesta di Dio di sacrificargli il figlio. Ma come, si chiede, quando si trattava della distruzione di Sodoma e Gomorra lui ha contrattato con Dio sino a convincerlo di risparmiare le città se vi avesse trovato almeno dieci giusti. Ora invece, che si tratta del figlio che lei ha avuto dopo novant’anni di sterilità, lui non dice nulla e si limita a sussurrare soltanto “Sia fatta la tua volontà”. Ma, chiede a Dio, perché è stato così acquiescente? “Forse perché ha paura di te? Forse perché ha paura di essere punito se per caso si oppone al tuo volere? Non mi stupirei: lui ha sempre posto se stesso davanti a tutto”. E Sara lo dimostra raccontando tutto l’egoismo del marito, che per paura di essere ucciso la consegna prima all’harem del Faraone e poi a quello del re di Gerar, traendone alla fine grandi vantaggi e ricchezze. E cosa si può fare davanti a un uomo così?
Il quinto racconto si intitola La schiava. Al centro c’è la figura di Bilha, la serva di Giacobbe che viene violentata dal suo primogenito Ruben. La ragazza medita la vendetta: riesce a imprigionare Ruben e poi chiama Giacobbe, sua moglie Lia con la sua schiava Zilpa e i suoi figli a essere testimoni di quanto è accaduto. Giacobbe e Lia la implorano di liberare Ruben, promettendo una giusta punizione, promesse a cui lei però non crede, visto che Giacobbe si è sempre dimostrato un bugiardo e un vigliacco, un non-giusto che non ha saputo neanche punire lo sterminio compiuto sotto la guida dei suoi figli: lo sterminio di un’intera città (che pur li aveva regalmente accolti) motivata dal fatto che la loro sorella era stata violentata dal figlio del re, principe che però si era pentito e che avrebbe voluto sposarla offrendo infiniti risarcimenti. Altro tema che qui emerge è quello della gravidanza surrogata, ampiamente praticata nel mondo biblico, che sarà posta al centro da Margaret Atwood ne “Il racconto dell’ancella”, e che il nostro governo, sempre pronto a negare i diritti, ha definito come “reato universale”.
Al centro del sesto racconto intitolato La prostituta c’è Raab, prostituta di Gerico che si salva perché aveva a sua volta salvato due spie di Giosuè, mandate prima della distruzione della città a esplorare il territorio. È un altro momento in cui si parla dell’oggi, perché l’attenzione è centrata non soltanto sull’arbitrario uso del “corpo della donna”, ma anche sulla distruzione che il “popolo eletto” ha compiuto nella conquista di quello che sarà il suo territorio: trentun città soffocate con il fuoco e con le armi, dove tutto – uomini, donne, bambini e persino gli animali – sono stati uccisi e le case distrutte. E il pensiero va, ovviamente, a Gaza e all’inferno che stanno (stiamo) vivendo. L’aspetto per così dire consolatorio del racconto è posto proprio all’inizio, perché le pagine si aprono con la morte di Giosuè, autore di stragi compiute soltanto per obbedire a Mosè e a Dio: la banalità del male ha un volto antichissimo.
Il volume si conclude con un brevissimo racconto intitolato Il suicidio di Lucifero. Si tratta di un dialogo tra Lucifero e Dio. Per scoprire cosa hanno da dirsi quei due non resta che leggere il libro.