Sarah Leseigneur (Ville D Avray, France) - Hybris
Salvare il futuro, salvare l’umano
di Marco Manzoni
Qual è il senso della parola progresso nel XXI secolo?
Possiamo ancora pensare a un progresso esclusivamente materiale e tecnologico o dobbiamo immaginare un progresso integrale che tenga insieme la dimensione economica con quella etica, l’innovazione con la salvaguardia della Terra, la casa comune del genere umano? E la crescita economica può essere solo quantitativa o abbiamo necessità anche di una crescita qualitativa e realmente sostenibile e di una crescita della consapevolezza umana e dei valori umani?
Ben prima della pandemia, nel mondo circolavano cinque forme della strapotenza e della perdita di qualsiasi senso del limite che hanno contagiato la mente e l’anima dell’uomo. L’uomo, dominato da sentimenti distruttivi quali l’avidità e l’arroganza pensava di poter soggiogare il creato ma la pandemia ha mostrato la sua intrinseca fragilità.
Come recitava la celebre frase pronunciata da papa Francesco il Venerdì Santo 2020: “Pensavamo di essere sani in un modo malato”.
Per affrontare il cambio epocale che ci attende, è necessario a mio parere fare i conti con cinque virus che avevano da tempo inquinato la mente e l’anima dell’uomo e, di conseguenza, il clima economico, sociale, culturale. Questi virus provengono da un virus archetipico: è ciò che gli antichi Greci chiamavano hybris: la perdita del senso del limite, la dismisura, lo strapotere, l’arroganza.
Anche se il termine non è di uso quotidiano, con l’hybris abbiamo a che fare quotidianamente quando siamo di fronte a un atto prepotente, arrogante, prevaricatore. I cinque virus costituiscono le forme contemporanee dell’hybris che hanno rotto l’equilibrio di cinque essenziali ecosistemi: il tempo, lo spazio, la mente, il clima, la dimensione interiore.
Ecco le forme contemporanee dell’hybris:
- l’accelerazione esponenziale del ritmo di vita e di lavoro che provoca stress, ansia, intolleranza, aggressività;
- la crescita ipertrofica di beni materiali e di consumo con la distruzione delle risorse naturali finite;
- il dominio della ragione calcolante, utilitarista, strumentale, con l’emarginazione della dimensione etica, emotiva, intuitiva;
- l’inquinamento del clima atmosferico e del clima sociale e interiore, con la conseguente polarizzazione verso gli estremi e la perdita della coesione e della mediazione sociale;
- l’egemonia sulla società contemporanea dei valori materialisti con la sparizione progressiva dei valori etici e spirituali.
In questo contesto, desidero chiarire che non sono in questione le qualità indiscusse della velocità, della produzione dei beni di consumo, della tecnologia ma la loro crescita incontrollabile. Così come non è in questione l’oggettivo progresso operato dall’Occidente di alcuni aspetti significativi della qualità della vita, in primo luogo l’allungamento della vita media e la possibilità di prevenire e curare adeguatamente malattie un tempo mortali.
In questione sono le diffuse e crescenti controindicazioni di un progresso e di una crescita sbilanciati sul polo tecnologico-materiale e carenti su quello etico e dei valori umani. I cinque virus sono perciò l’espressione di un paradigma alimentato dalla perdita del senso del limite e da pensieri e sentimenti dominati dall’hybris: l’immortalità, l’onnipotenza, l’avidità, il controllo totalizzante, la perfezione operativa. I I transumanisti lo definiscono post Uomo.
Nell’ambito di questa riflessione, lo chiamo Homo hybris: l’involuzione distruttiva dell’Homo sapiens.
Quindi, un uomo dominato dall’Ego che ha prodotto le diverse crisi - sociale, ambientale, sanitaria – che chiamano l’uomo a un cambio del paradigma culturale per salvare il pianeta e la comunità umana. Per affrontare queste crisi connesse e interagenti gli interventi contingenti, pur necessari, di carattere economico, sociale e tecnico non sono più sufficienti.
È necessario comprendere qual è la natura profonda della crisi dell’uomo che è alla fonte dello squilibrio ecologico del pianeta.
In questo contesto, ho condensato simbolicamente il complesso processo di cambiamento in una figura antropologica: Homo pathos.
Homo pathos non è l’uomo che può eliminare il male dal mondo, ma che sa contenerlo e integrarlo. È simbolicamente l’uomo che sa tenere insieme la sua identità composta da mente, corpo, anima e che pone al centro della sua esistenza la relazione armoniosa – e non più il dominio – con l’altro, il diverso, le forme di vita non umane.
Salvare il futuro allora significa, in primo luogo, pensare il futuro non più come un progresso senza limiti ma un percorso nel quale l’uomo, con la sua imperfezione come con la sua ricchezza espressiva, dialoga e coopera in una forma inedita con le altre specie viventi per costruire la casa comune del XXI secolo.
Per parlare di questo uomo nuovo, di questo nuovo umanesimo ho fatto riferimento e dialogato nel libro con autori di diversa estrazione culturale ma che fanno parte della rete di un nuovo paradigma antropologico, tra cui Carl Gustav Jung, Gregory Bateson, Raimon Panikkar, Edgar Morin, Claudio Magris, Salvatore Veca, Mauro Magatti, Silvia Vegetti Finzi, Julia Kristeva.
Con la consapevolezza che la svolta d’epoca verso l’uomo integrale sarà tale se avrà al suo centro il senso del limite, la responsabilità e la cura.
Il cambio di paradigma culturale riguarda da vicino anche il mondo di impresa e i manager perché per rispondere positivamente alle tre crisi sopraenunciate è necessario passare dal paradigma del liberismo selvaggio e della massimizzazione del profitto nel più breve tempo possibile a un capitalismo più temperato, che compenetri il giusto fine del profitto con un’assunzione di una concreta responsabilità nella direzione di una reale sostenibilità del pianeta, della diminuzione delle diseguaglianze sociali, di una effettiva parità di genere.