Sue Podger (from Withers, WA – Australia) - Pathway to the Shrine of Baha'u'llah
Le religioni della Persia - I Bahai
di Mauro Lanzi
Dopo le due grandi religioni “nazionali”, identitarie della nazione, zoroastrismo e fede sciita, la Persia seppe consegnare alla storia una terza religione, molto meno conosciuta e sicuramente meno diffusa, che tuttavia esiste ancora, è una religione universale ed offre aspetti di grande modernità ed interesse, la religione Baha-i.
Antefatto
Il crollo della dinastia safavide, che con grandi personaggi come Ismail e Sha Abbas aveva riportato la Persia, del XVI e XVII secolo, al suo massimo splendore, consolidando la religione sciita come religione nazionale, aprì la strada all’ultima dinastia persiana, prima dell’età moderna, i Qajar; i Qajar erano una tribù turco azera, proveniente dall’Azerbaijan persiano, che invase la Persia nel 1794 e dopo aver sconfitto ed ucciso l’ultimo shah della precedente dinastia, si insediò sul trono di Persia. Ai Qajar dobbiamo la fondazione di Teheran, che fino ad allora non era che un villaggio sconosciuto; la Persia aveva avuto numerose capitali nel corso della sua storia, da Persepoli con gli Achemenidi, a Ctesifonte con i Parti Arsacidi e Sassanidi, ad Isfahan, ancora la più splendida, con i Safavidi; per qualche ragione però l’ultima dinastia volle cambiare sede, Teheran divenne la capitale nel 1796, crescendo poi rapidamente dalle poche case di un villaggio fino a dimensioni di megalopoli.
I Qajar ressero la Persia fino al 1925, in un regime di sostanziale stabilità politica, ma la loro dinastia coincise anche con il definitivo tramonto della civiltà persiana; il motivo fu, come per tutte le altre civiltà orientali, il confronto con le potenze occidentali, la cui superiorità in campo militare, come in tutti i settori della tecnica e dell’economia, non si poteva né eguagliare né controbattere da parte di paesi arretrati, retti da regimi inefficienti e corrotti.
Il contemporaneo declino dell’impero ottomano metteva la Persia al riparo dagli attacchi del suo nemico tradizionale, ma una nuova potenza si affacciava ai confini del regno, la Russia zarista, la cui politica espansionista nel Caucaso entrò in rotta di collisione col regno Qajar, che, dopo una serie di pesanti sconfitte, fu costretto a cedere ai russi prima la Georgia (1813), poi tutti i territori a settentrione del Caucaso, infine anche l’Armenia e l’Azerbaijan; l’umiliazione del regno persiano fu completa, anche perché i russi cominciarono ad ingerirsi nelle questioni di politica interna del paese, estendendo una sorta di protettorato soprattutto sulle regioni a nord.
L’ingombrante presenza russa portò ad una conseguenza inattesa, ma devastante, l’intervento della Gran Bretagna; da tempo era in corso nella regione un duro confronto tra inglesi e russi per il controllo dell’Afghanistan; inevitabilmente questo confronto si estese anche alla Persia, dove gli inglesi furono indotti ad entrare per controbilanciare la supremazia dei russi.
In un primo tempo gli inglesi si presentarono come commercianti ed industriali; aprivano attività manifatturiere nel paese, sfruttando i bassi salari della manodopera locale. Gli utili venivano esportati, allo Shah non restavano che delle briciole, spesso sotto forma di corruzione spicciola. Poi il loro interesse si rivolse alle risorse minerarie: nel 1901 un avventuriero inglese, William D’Arcy, ottenne dal governo di Teheran la licenza di condurre esplorazioni nel sud del paese; le attività di D’Arcy furono presto rilevate dalla Anglo-Persian Oil Company (poi Anglo-Iranian) che nel 1909 iniziò la produzione di greggio; visto l’interesse strategico delle estrazione di petrolio per la flotta inglese (che aveva iniziato a sostituire le caldaie a carbone), nel 1914, su suggerimento di Churchill, all’epoca Primo Lord dell’Ammiragliato, il governo di Sua Maestà rilevò la maggioranza della compagnia; in questo modo la Gran Bretagna acquisì il pieno controllo del petrolio iraniano per i successivi 35 anni.
La coesistenza di russi e britannici sul suolo persiano non fu né facile, né pacifica; vari scontri diplomatici ed anche militari si susseguirono negli anni, finché nel 1907 non si raggiunse un’intesa; ai russi toccava il controllo del nord del paese e dell’esercito; agli inglesi il sud, le attività estrattive e la finanza. L’indipendenza persiana era praticamente scomparsa, lo shah restava sul trono con poteri molto limitati, il paese era divenuto una colonia governata da due potenze straniere.
L’indebolimento del potere politico portò come inevitabile conseguenza il rafforzarsi di un contro potere, quello del clero sciita; fin dal tempo dei primi safavidi la religione sciita era divenuta il punto centrale negli equilibri della Persia, visto che attorno a questo credo era rinata la nazione. Il clero sciita era costituito nella stragrande maggioranza da poveri mullah di campagna, sopra i quali col tempo però si era imposta una classe di eruditi, detti ayatollah (parola di Dio immagine di Dio) rispettati ed ossequiati per la loro conoscenza della religione; questi non avevano più niente a che fare con la povertà dei primi dervisci, erano spesso ricchi possidenti, che sfruttavano il popolo al pari di tutti gli altri latifondisti, ma si arrogavano il ruolo di contraltare al potere politico.
Origini e storia della fede Bahai
Il periodo che stiamo trattando (fine XIX secolo) è quindi un momento di innegabile declino per la Persia; il Paese è travagliato da disordini interni, dissanguato dagli stranieri, soffocato dai latifondisti, neppure la religione sciita offre più sollievo al popolo oppresso. Eppure, anche in un periodo così buio, la Persia riuscì comunque ad esprimere qualcosa di nuovo ed importante per il mondo intero: una nuova fede, la religione Baha-i (in persiano significa gloria).
Il precursore della nuova dottrina fu un predicatore persiano, Alì Mohammed, che fece la sua prima comparsa in pubblico il 23 maggio 1844; il giorno era stato scelto con cura, secondo la tradizione sciita erano trascorsi esattamente mille anni dalla scomparsa dell’ultimo Imam (il dodicesimo) e molti attendevano proprio per quel giorno la sua ricomparsa. Ovviamente non ricomparve nessuno, ma Alì Mohammed approfittò del clima di esaltazione generale per presentarsi come l’eletto del suo tempo, il bab, la porta attraverso cui ogni fedele poteva entrare in contatto col Mahdi, l’Imam risorto. La predicazione di Alì cominciò ad attirare seguaci da ogni parte; il bab rimproverava allo Shah ed ai suoi ministri il trattamento schiavistico riservato ai poveri contadini, criticava l’oppressione fiscale che schiacciava la nazione, giungeva fino a criticare religiosi e teologi di rango, accusandoli di essere avidi e corrotti, di non rappresentare più i valori della fede; argomenti come questi erano destinati a far presa su una larga parte della popolazione, fino a provocare insurrezioni armate, che, dopo qualche esitazione, furono soffocate nel sangue dalle truppe dello Shah: lo stesso bab, un profeta precursore, che dava fastidio sia al potere politico sia all'ambiente clericale islamico, nel 1850 venne arrestato e martirizzato (secondo i suoi seguaci :"settecentocinquanta colpi sono stati tirati su di lui, ma il Báb non era morto"). Analoga sorte venne riservata a moltissimi suoi discepoli. Il corpo del bab venne in seguito trasportato sul monte Carmelo secondo le disposizioni del suo successore, dopo essere rimasto nascosto per parecchi decenni in vari luoghi segreti onde sottrarlo allo scempio dei nemici.
Il martirio del bab non bastò a far sparire il movimento babi che resistette per altri due anni alle persecuzioni; alla fine gli ultimi superstiti si rifugiarono nell’impero ottomano, raccogliendosi a Bagdad sotto la guida del figlio di un ministro persiano, Mirza Hussein Alì, che assunse l’appellativo di Bahaullah, “eccellenza (o gloria) di Dio”.
Bahaullah rivelò di essere lui il promesso (il Mahdi) preannunciato dal Báb e da tutti i testi sacri del passato, divenendo così il capo del movimento di protesta. A causa di ciò fu perseguitato, esiliato e imprigionato per quasi quarant'anni con decreti congiunti dei governi persiano e ottomano; morì sempre esule e prigioniero in Palestina nel 1892.
Il suo corpo riposa a Bahjí, poco distante da Akká (l'attuale Israele), perciò non lontano dal monte Carmelo, che è, per i baha'i, il punto di adorazione a cui si volgono durante alcune loro preghiere specialmente dedicate. A Haifa, città ai piedi del Carmelo, è stato eretto il mausoleo del Báb che è uno dei due luoghi sacri più importanti della religione bahá'í. Il luogo in cui è sepolto Bahá'u'lláh, è considerato l'altro dei due più importanti luoghi sacri della fede baha'i.
I bahá’í considerano il periodo compreso tra la dichiarazione del Báb nel 1844 e la scomparsa nel 1921 di 'Abdu'l-Bahá, figlio maggiore di Bahá'u'lláh, come l'"età eroica" della fede. Durante questo periodo i primi credenti sperimentarono grandi persecuzioni e furono poste le fondamenta della loro fede in numerosi Paesi nel mondo.
Il periodo successivo al 1921 viene descritto come l'"età formativa". Il nuovo referente, Shoghi Effendi (1897-1957) connotò tale periodo come coincidente con l'emergere della fede bahá'í dall'oscurità. Shoghi Effendi, interpretando fedelmente gli scritti di Bahá'u'lláh, indicò inoltre che l'età formativa sarebbe stata seguita da una situazione di crisi mondiale tale da costringere i popoli e le nazioni a rivedere i loro concetti di politica internazionale fino a fondare una confederazione mondiale, con un governo espressione di un parlamento eletto dai popoli di tutto il mondo, dotata, inoltre, di un tribunale internazionale per dirimere le eventuali contese tra nazioni ed evitare la guerra, con sentenze vincolanti. Questa situazione di unità confederale mondiale e semplice cessazione della guerra viene definita "pace minore" a cui poi, nei secoli, seguirà una futura età d'oro in cui la fede bahá'í sarà riconosciuta e abbracciata dalla maggioranza delle persone in un gran numero di stati confederati del mondo e che viene chiamata "pace maggiore"; in questo periodo l'unità mondiale non sarà solo istituzionale e confederale ma anche sentita dai popoli come parte ed espressione dell'unità Divina e della Sua unica Religione, che ha geograficamente percorso i millenni tra nomi diversi: i fedeli di tutte le religioni, come preavvisato nel Vangelo di Giovanni: “diventeranno un solo gregge e un solo Pastore”.
Difficile sottrarsi alla suggestione di questa narrazione; nella “crisi mondiale” vediamo l’insieme delle due guerre mondiali, a conclusione delle quali l’umanità tentò effettivamente di realizzare un nuovo ordine, in cui le guerre si potessero evitare per l’intervento di un consesso internazionale, l’ONU, capace di dirimere pacificamente le contese tra le nazioni. Sappiamo molto bene che non è andata così, le guerre, anche le più assurde, come quella in Ucraina, si susseguono, l’ONU appare incapace di svolgere la sua funzione; eppure, il sogno dei baha-i ci sembra ancora l’obiettivo da raggiungere, in un futuro meno cupo del presente per l’umanità.
La Dottrina Baha-i
Bahaullah è il fondatore della fede baha-i; questa, nata dalla sua predicazione e dai suoi scritti, si distacca completamente sia dal babismo che dall’islamismo: il fine di questa religione è affermare l'unità spirituale di tutta l'umanità. Tre principi fondamentali stabiliscono la base degli insegnamenti bahá'í, l'unità di Dio (un solo Dio è la fonte di tutta la creazione), l'unità della religione (tutte le grandi religioni hanno la stessa origine spirituale e provengono dallo stesso Dio) e l'unità dell'umanità (tutti gli uomini sono stati creati uguali e le diversità di razza e cultura sono stimate doni meritevoli di apprezzamento e accettazione).
La fede bahá'í spiega il rapporto dell'uomo nel suo storico e dinamico legame con Dio attraverso il concetto di relatività e progressività della religione, riconciliando così la Storia con ogni monoteismo: in tempi diversi uno stesso Dio si è espresso tramite diversi “inviati di Dio”, da Abramo a Zoroastro, a Buddah, a Cristo, a Maometto; l’ultimo dei grandi profeti sarebbe stato proprio Bahaullah. Sono quindi da rigettare tutte le guerre di religione, il razzismo, l’usurpazione dei diritti della donna e tutte le forme di discriminazione tra gli esseri umani; solo la preghiera, la meditazione, le buone azioni possono condurre gli uomini alla pienezza religiosa.
Lo scopo ultimo della religione bahá'í è l'unità del genere umano e la pace universale. Asserisce Bahá'u'lláh in un suo scritto: "La Terra è un solo paese e l'umanità i suoi cittadini". Secondo Bahá'u'lláh una società globale per poter fiorire deve basarsi su alcuni principi fondamentali, che includono: la libera indipendente ricerca della verità, l'eliminazione di tutte le forme di pregiudizio; piena parità di diritti e doveri tra uomo e donna; riconoscimento dell'apporto storico di ogni civiltà, progressività e unità essenziale delle grandi religioni mondiali; eliminazione degli estremi di povertà e ricchezza; istruzione primaria universale e obbligatoria; armonia tra religione e scienza; consultazione, come metodo usuale, per la soluzione dei problemi; glorificazione della giustizia come principio adatto a governare l'umana società; compartecipazione degli operai agli utili dell'azienda.
I precetti di comportamento personale prevedono; preghiera e meditazione personale, coinvolgimento in attività volte alla pace mondiale e al rispetto dei diritti dell'uomo. Digiuno da cibi solidi e liquidi annuale di diciannove giorni dall'alba al tramonto tra il 2 e il 20 marzo, a differenza dei musulmani che lo fanno per tutto il mese di ramadan. Astinenza totale da alcol e droghe alteranti e intossicanti il sistema nervoso centrale. Astensione dall'attivismo partitico e dalla semplice iscrizione a partiti, con rispetto comunque per i governanti e obbedienza alle leggi in vigore nel Paese di residenza tranne nel caso di richiesta di abiura della fede. Lavoro, non visto solo come fonte di mero guadagno, ma anche come atto di culto, se fatto in spirito di servizio all'umanità. Introduzione di un nuovo calendario solare (calendario Badì), composto da diciannove mesi, di diciannove giorni ciascuno, cui si aggiungono (di volta in volta, a seconda se l'anno è bisestile o meno) quattro o cinque giorni, definiti “giorni intercalari”.
A differenza del bab, suo predecessore, Bahaullah non si rivolge unicamente agli sciiti o agli islamici, il suo è un messaggio universale e ciò spiega la diffusione della religione bahá'í, che oggi conta circa 7 milioni di fedeli sparsi in oltre duecento Paesi e territori del mondo; numero limitato anche dal fatto che i baha-i non praticano il proselitismo. I Baha-i non riconoscono pastori o sacerdoti, si amministrano attraverso consigli locali democraticamente eletti: la sede centrale del movimento, detta “Casa Universale di Giustizia”, si trova ad Haifa, in Israele ai piedi del monte Carmelo dove fu sepolto il Bab per volere di Bahaullah, che è morto e sepolto ad Acri.
Dai brevi cenni sopra esposti emerge la straordinaria la modernità della religione Baha-i, una fede comunque pensata e predicata in un secolo in cui l’intolleranza religiosa, la discriminazione razziale, la differenza sociale trai sessi erano elementi ancora profondamente radicati nelle coscienze individuali e collettive.
Paradossalmente i seguaci di una fede non violenta, aperta, rispettosa delle diversità, i baha-i, sono discriminati e perseguitati proprio nel paese che ha visto la nascita del loro movimento, la Persia o Iran, a seguito di una fatwa dell’ayatollah Khomeini. Altro esempio di miope intolleranza.