Lars Jonssons (1952- Svezia) – La beccaccia
Evoluzione regressiva
di Beppino Ponte
Non mi voglio accodare ai commenti sull’esito delle elezioni americane, ce ne saranno per giorni e per tutti i gusti. Peraltro la mediocrità dei due contendenti, dell’una già sperimentata ed esercitata, dell’altro descritta ma tutta da verificare, non mi ha appassionato durante l’interminabile campagna elettorale, né mi appassiona ora. Circa l’esito del confronto, lo stesso Obama poco prima del verdetto, sentendo odore di bruciato, si è affrettato a dichiarare che chiunque vincesse non avrebbe influenzato il sorgere del Sole il giorno dopo. E meno male dico io, che almeno il sistema solare sia al di fuori della loro giurisdizione.
Eccomi allora ripiegare sul sontuoso carrello dei bolliti misti di Gianni Di Quattro, gli agnolotti della domenica sapientemente descritti da Tito Giraudo, e il gustoso arrosto affogato di Marialuisa Bordoli Tittarelli; tutte queste descrizioni, oltre a farmi venire l’acquolina in bocca, mi fanno ricordare le rimembranze dei pranzi di famiglia a Spalato che Enzo Bettiza ha mirabilmente raccontato con tanta nostalgia nel suo libro Esilio – capitolo le Cucine.
Erano le cucine di una grande famiglia borghese, in Dalmazia, in cui si preparavano incessantemente i piatti più prelibati come gulasch di manzo e di pollo, lepri e beccacce in salmì, scartozeti, strudel di mele e di ciliegie, pite bosniache, pinze triestine, palacinche, pandoletti, krapfen, buzolai di miele o d’avena, e molto altro; il tutto mentre le inservienti più giovani spennavano anatre e tacchini, bollivano astici e aragoste, marinavano sgombri a sardine.
Ma il piatto principe era il “merdocchio” fatto con le feci della beccaccia, una specie di paté che veniva spalmato sui crostini di pane abbrustoliti nell’aglio; il padre dello scrittore ne andava fiero, spiegando ai perplessi invitati che la beccaccia con il suo becco lungo e appuntito suggeva i migliori umori della terra, per restituirli in quello strano paté, un vero trionfo del gusto.
Non so mica perché mi sia lasciato andare a queste lascivie, ed allora per penitenza mi sono imposto di leggere per intero un articolo pubblicato su una rivista scientifica, che riportava la notizia della scoperta, in una miniera d’oro in Sud Africa, di un batterio che si nutre di energia praticamente allo stato puro, in quanto si alimenta delle radiazioni emesse dal decadimento degli atomi di uranio. In sostanza per fare rifornimento di energia al batterio, che si chiama Desulforudis audaxviator, non serve un apparato digestivo di trasformazione degli alimenti.
Avranno ragione i vegani? Ma allora tutte le delizie minuziosamente preparate e descritte sopra non serviranno più? Sarebbe l’evoluzione regressiva da Homo Sapiens Sapiens a Homo Bacteria. Che tristezza!