Veronica Valere (Erice, 1989 - ) – Torre di Ligny a Trapani
Bogianen in Sicilia (4) - Trapani
di Annalisa Rabagliati
Avviso ai naviganti: le notizie che avete letto e leggerete sono tutte vere, pur essendo state scritte qualche giorno dopo il ritorno.
Per scrivere i primi tre racconti ho approfittato infatti dei tempi morti degli spostamenti col treno, con la nave, col pullman tra Palermo e Trapani, proprio perché in un periplo della Sicilia della durata di otto giorni e sette notti non c’è molto tempo libero. Il percorso da Trapani ad Agrigento è piuttosto lungo e avrei forse potuto continuare il mio diario di viaggio sul pullman. Ma ho preferito osservare i panorami sconosciuti e notare la differenza di traffico a seconda delle zone che si percorrono. Nel gruppo ci sono alcuni che si dedicano a questa attività, mentre altri preferiscono scambiarsi ricordi di viaggi già compiuti verso altre destinazioni. C’è chi messaggia gli amici e chi controlla le fotografie scattate per eliminare quelle malriuscite o i doppioni: io stessa ne ho fatto strage mentre eravamo ancora in viaggio. Queste attività in tempi privi di smartphone non erano possibili: gli amici li contattavi tornato a casa e le foto era meglio se le scattavi con attenzione e parsimonia, perché il fotografo te le avrebbe stampate tutte, facendoti pagare come buone anche quelle orrende.
Lo smartphone però ha anche causato l’isolamento delle persone: ad esempio un tempo sui pullman in gita si cantava, ora ognuno se ne sta per conto suo più facilmente, anche se il gruppo è affiatato, e a me manca molto questo aspetto goliardico dello stare insieme. Un’attività che invece accomuna i turisti di ogni viaggio di gruppo in pullman è la propensione all’abbiocco postprandiale o dopo l’overdose di visite. Si comincia chiudendo gli occhi per cercare di ricordare le bellezze viste e le mille nozioni apprese dalla voce della guida, e dal momento della riflessione a quello della catalessi il passo è breve.
Venerdì mattina. Lasciamo Palermo per andare a Trapani e lungo la strada vediamo una casupola bianca con la grande scritta: NO MAFIA. È il punto da cui azionarono l'esplosivo gli assassini di Giovanni Falcone, della moglie e della scorta, ci dice il nostro autista, che, a giudicare dall’aspetto, facilmente nacque proprio in quell'anno. Ai due lati dell'autostrada sono state poste due stele per ricordare la tragedia. Anche a Palermo ho visto le lapidi dedicate a Carlo Alberto Dalla Chiesa e, da lontano, quella del Commissariato con i nomi dei martiri caduti per mano della mafia.
Arriviamo a Trapani che è una città piccola, molto pulita, e con le sue vie a scacchiera a me ricorda un po' Torino, anche perché la maggior parte delle chiese sono del Settecento, in stile barocco.
Nella Cattedrale di san Lorenzo sono custoditi gruppi lignei, sempre del XVIII secolo, chiamati Misteri o Scinnuti (quelli che vengono fatti scendere), che sono portati in processione durante la settimana santa. Come spiegano le guide che ci accompagnano, riti religiosi e processioni con trasporto di statue del santo patrono venerato sono numerosi in Sicilia.
Riflettono sia una fede atavica, sia la volontà di mantenere le espressioni di cultura popolare di un tempo e, probabilmente, sono anche un modo per far festa e per incentivare il turismo interno.
Ci guida oggi a Trapani un giovane archeologo, che sostituisce la guida prenotata che è ammalata.
Si deve ancora fare le ossa, come guida, perché, anche se sa un sacco di cose, non ha la parlantina sciolta che ci si aspetterebbe da lui e bisogna tirargli fuori le parole a forza di domande, come dicevano le maestre di una volta. E allora chissà perché tutte noi tardone del gruppo lo circondiamo e ascoltiamo con devozione la sua voce sommessa? Sarà per voglia di sapere o perché è un bel ragazzo?
L’archeologo ci conduce alla scoperta del quartiere ebraico, col palazzo della Giudecca, e del dedalo di stradine arabeggianti. Questi sono segni delle diverse culture che si sono avvicendate nel corso dei secoli in Sicilia nel segno della tolleranza reciproca. Abbiamo già parlato delle dominazioni bizantine e normanne, ma la Sicilia è sempre stata un luogo ambito fin da prima dell'era cristiana, non solo da Greci e Romani, ma anche dai Cartaginesi, dai Fenici e, prima ancora, da popolazioni troiane (gli Elimi), iberiche (i Sicani) e italiche (i Siculi).
A Mozia, una delle isole dello Stagnone, tra Trapani e Marsala, in cui ci rechiamo in battello, ci si rende conto della grande importanza commerciale che avevano questi luoghi nell'antichità. Ammiriamo tutti i reperti della città punica conservati nel museo, ricavato nella villa dell'imprendi-tore inglese Whitaker che intensificò gli scavi archeologici all'inizio del 1900: vasi, statue e altri manufatti, ma tutta l'isola è un museo in cui si continua a scavare. Il motivo per cui si trovano tanti tesori è che l'isola ospitò a lungo un monastero e poi fu abitata da contadini e quindi non vi fu la costruzione di nuclei abitati che disperdessero i reperti degli insediamenti antichi.
Se non ci fosse stato tanto vento avremmo potuto fare il giro della riserva naturale delle Isole dello Stagnone, ma il mare è mosso e non è conveniente per il gruppo fare un lungo giro in barca, specie dopo aver mangiato in quantità industriale come siamo soliti fare. Però il mare è spettacolare e il vento ti rallegra e rende la temperatura gradevole e l'aria molto più respirabile di quella afosa che abbiamo noi, che stiamo in fondo alla campagna...
Bisogna proprio spendere due parole su come si mangia in Sicilia: a giudicare dalla pasta con sarde e finocchietto mangiata a Palermo e le caponatine di melanzane con cipolla o sedano e mandorle e pere, con carpaccio di spada a Palermo e Marsala e i cannoli fantastici a fine pasto un po' ovunque, compreso quello "scomposto " a Ragusa, che non è un pasticcio da rimontare come un mobile dell'Ikea, ma una delizia sopraffina, direi che siamo stati appagati.
E che dire della cassatina che gusteremo in un bar a Catania? Per non parlare delle 36 spigole freschissime che il ristoratore di Cefalù andrà a cercare dai pescatori scegliendole una per una, perché siano della stessa grandezza. E come dimenticare il latte di mandorla a colazione in albergo a Modica e la spremuta di arancia al chioschetto di Monreale, o altrove, con le arance più dolci mai provate? E sapevate voi che la granitina che ho gustato a Siracusa non è ghiaccio tritato con un po' di sciroppo, ma un vero gelato cremoso, di mandorle, o di more del gelso o di altri frutti?
Che frutta vediamo camminando per le vie e a prezzi tre volte più bassi che da noi! Certo, non ci sono molte zone industriali, a parte nel sud est, e la campagna è molto curata. La Sicilia è molto più verde di quanto mi aspettassi e i prodotti hanno un altro gusto: da Marsala ad Agrigento distese di vigneti, con viti ordinatissime, ricche di foglie per proteggere dal sole l'uva Marsala, Zibibbo e Grillo, e anche uliveti a distesa e più a est mandorli e ovunque fichi d'India. Dai tempi dei Romani la Sicilia era il granaio d’Italia, poi le è stato chiesto di convertirsi alle coltivazioni ortofrutticole, con splendidi risultati, ma chissà che non debba ritornare sui suoi passi? Questo il dubbio di una delle nostre guide.
Ma torniamo tra Trapani e Marsala, luoghi in cui i Mille di Garibaldi vennero accolti dalla popolazione come liberatori, a giudicare non solo dai libri di storia, ma anche dalle lapidi poste a futura memoria. Luoghi di pescatori e di saline. Le saline a noi Piemontesi appaiono un po' come le risaie, con la differenza che vi sono ancora alcuni, pochi, mulini a vento dei 60 di un tempo, che servivano ad estrarre il sale marino. Ho letto “I leoni di Sicilia” e “L’inverno dei leoni” e mi sarebbe piaciuto vedere i villini dei Florio, andando in Sicilia, ma a Palermo non c’era tempo e Favignana, di cui vediamo la sagoma dal baglio sul lungomare in cui mangiamo, non è in programma. Almeno, per fortuna, non andiamo a visitare le tonnare, con le odiate camere della morte (per la mattanza dei tonni), invece vediamo a Trapani un laboratorio per la lavorazione del corallo, che viene ora raccolto a mano e non a strascico, per garantire la riproduzione della specie.
Con il corallo, in base alla forma del pezzo, gli artigiani creano vere opere d'arte, così come a Monreale gli artisti con la tecnica del mosaico compongono quadretti raffinatissimi e ovunque si trovano vasi e vasetti antropomorfi che ricordano una leggenda, di cui parlerò più avanti.
Tutto bene in questa giornata di vento, sole e mare. Fortunatamente per noi nessuna esperienza negativa da cercare di prendere con allegria e perciò finita la pacchia dello scrittore (e del lettore). Forse l'unico dato negativo è stato il fatto di arrivare all'albergo di Agrigento piuttosto tardi, anche se non tardi come a quello di Modica, dove arriveremo alle dieci di sera.
Ma degli alberghi e della loro accoglienza parleremo un'altra volta, se vorrai seguirmi...