Mabel Frances Layng (Cheshire,UK, 1881 – 1937) – The Tea Table
Lettere dalla California (7)
di Giuliana Daneo
Nuovo mondo, ma diverso
Caro Cesare,
giunta quaggiù, proverò a raccontarti gli eventi che mi stanno sorprendendo, a cui non ho mai prestato attenzione e noto solo ora.
Ho sempre detto che se a Campbell non guidi la macchina sei in difficoltà. Errore, quando la necessità si presenta ecco che, informandosi, le soluzioni arrivano. I bus ci sono, la frequenza è bassa, ma sono tutti pazienti e rispettano code e attese. Il costo è di 1$ a corsa e bisogna avere assolutamente la cifra esatta. La macchina che eroga il biglietto si trova vicino all’autista che controlla se si fa il ticket. Le persone possono salire con gli amici a quattro zampe, le biciclette e i monopattini. Ci sono appositi spazi all’esterno per depositare le biciclette. Ovviamente i percorsi delle linee non sono capillari, ecco perché si può caricare ogni mezzo utile per raggiungere la propria meta.
Inoltre funziona una rete tranviaria Light Rail che collega Campbell a San José con parecchie fermate nel percorso. Può considerarsi un tour turistico: si attraversano città come Milpitas, Santa Clara, Sunnyvale, parte di San José e il suo aeroporto, prima di giungere al capolinea in downtown. Non c’è stacco tra le località e in pochi chilometri si passa da un comune all’altro; il percorso è rettilineo, i confini no.
Le case sono tutte uguali e i market pure, stesso stile come un franchising. Ogni volta mi pare di esserci già passata e invece sono a 10 km di distanza. Difficile porsi dei riferimenti.
Altra nota interessante in California è il nome delle località; quando percorri la free way incontri San Matteo, San Bruno, San Andrea, San José, Santa Clara, Santa Teresa, San Francisco. E qui mi fermo potrei riempire pagine. In ogni caso è un buon esercizio di osservazione.
Una cosa che funziona bene è la consegna e il ritiro della posta. I complessi condominiali hanno le cassette delle lettere numerate per ogni appartamento, più alcune cassette grandi comuni, per contenere i pacchi. Chi riceve un pacco, trova nella propria buca delle lettere una chiave numerata che corrisponde all’apertura della cassetta grande. In più c’è una cassetta comune per spedire la posta. Quindi il postino consegna e ritira.
Ho notato che il furgoncino postale ha la guida a destra. Mi dicono per comodità: l’addetto scende direttamente sul marciapiede o non scende affatto, dipende dal luogo. Esistono ancora a bordo strada le cassette postali corredate da una simpatica bandierina che, alzata, segnala l’avvenuta consegna della corrispondenza, ma se trovata già alzata segnala all’addetto la corrispondenza da ritirare.
L’altro giorno sono stata in una tea room con amiche: la prenotazione è indispensabile.
Ci riceve la manager, non giovanissima, vestita elegante che ci dà il benvenuto e ci accompagna al tavolo. Attraversiamo il locale che è un luogo singolare, arredato in stile Ottocento. Sia i mobili che i tavoli, le sedie, i quadri, i tendaggi, i lampadari, la tappezzeria, la moquette, i tappeti. Ovunque pizzi e merletti; in questo periodo il locale è anche arricchito da addobbi vari preparati per le feste natalizie.
Le salette sono composte da tre tavoli, uno da due persone e due da quattro persone, distanziati fra di loro. I tavoli sono apparecchiati con tovaglie raffinate e tazze in finissima porcellana decorata.
Arrivate al nostro tavolo, la responsabile ci consegna il menu, dandoci le indicazioni per ordinare con un fare e un parlare di altri tempi; accende una piccola lampada al centro del tavolo e ci indica un campanello che serve per chiamare la cameriera appena scelto il menu desiderato.
Il menu è decorato, un facsimile tipo pergamena scritto a mano, con una vasta scelta tra il dolce e il salato e i vari tipi di tea; in evidenza sulla prima pagina si avvisa, con molto garbo, che dopo due ore si deve lasciare il tavolo.
Mentre leggiamo cosa ordinare ci portano dei biscotti speziati accompagnati da una crema al limone: una bontà. Le cameriere sono vestite con abito nero longuette, crestina e grembiule bianchi.
A ognuna di noi viene portato un teapot rivestito da un cappotto che tiene il caldo; diversi tra loro, con il the scelto già all’interno. La cameriera vuota la prima tazza a ciascuna servendosi di un colino che poi poggia su una coppetta e lo lascia vicino alla tazza utile per filtrare le prossime bevute che sono di sei tazze.
Il servizio è perfetto ma insolito, e ne sono affascinata.
Io dal menu ho scelto gli scones con misto di creme. Deliziosi. Le altre amiche i vari tipi di tramezzini. Ogni piatto è decorato con un fiore al centro.
C’è un sottofondo di musica dolcissima e tutti parlano con un tono di voce basso; ci si sente veramente bene e in intimità: pare di essere in un’epoca lontana.
Un altro mondo, appunto.
A presto con nuove news e un abbraccio affettuoso. Giuliana
Campbell, 7 gennaio 2022