Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Amaan Ahmad (Hyderabad, Telangana, India) - Memento Mori

 

Digital death, transumanesimo (4)

(seguito)

di Vincenzo Rampolla

 

 

Hollywood, 1 dicembre 2010, Giornata mondiale AIDS con raccolta fondi per l’Africa. Alcune famose star guidate da Alicia Keys, vallette Serena Williams e Lady Gaga, hanno lanciato una campagna di 24 ore all’insegna di quante vite reali si possono salvare perdendone alcune digitali? Il fine è dar vita ai resti degli iscritti deceduti. Salvarli dall’oblio al prezzo di una vita... Hanno coinvolto i fan sospendendo i loro account Twitter e Facebook sul traguardo di $1 M e tenuto in ballo una morte digitale fino a colmare di dollari una bara. Per dar pepe alla campagna hanno posato insieme a celebri attori in lussuose casse, con video e interviste prima della loro morte simulata, ognuno nel proprio feretro in attesa della mezzanotte.

Gli organizzatori hanno giurato che tutti gli account sospesi sarebbero stati riattivati al traguardo di $ 1 M, versando un minimo di $ 10 a testa. Esito? Un disastro, fiasco totale. Alle 13.25 aveva aderito il 16%. Obiettivo ambiguo e marketing da novizie. Bastava minacciare i fan di morte digitale collettiva. Tra Twitter e Facebook 30 M di follower, roba da far saltare il banco.

Mancato l’obiettivo, fan defenestrati uno per uno. Dalle attrici gran leggerezza e grande livello di in-coscienza. Funebre raccolta. Grottesca e triste gara tra vita e morte, svalutate a macabro trastullo. Un modo come un altro per toccare con mano la profonda cesura nella nostra percezione: che differenza corre tra l’identità del mondo reale e quella del digitale? Le nostre identità digitali sono estensione di ciò che siamo veramente? C’è un’altra storia, da vedere.

Nel 2016 Jang, madre sudcoreana, perde di malattia incurabile Nayeon, la figlia di 7 anni. Tre anni dopo, la tecnologia è tutt’altra cosa, la realtà virtuale si è evoluta e in un pomeriggio di primavera del 2020 per qualche ora la bimba è tornata a vivere, grazie a un software AR (Augmented Reality). Con la realtà virtuale potenziata Jang è davanti alla perfetta copia digitale della figlia, la incontra in un mondo simulato, appositamente realizzato per I met you, Ti ho incontrata, documentario televisivo di Munhwa Broadcasting.

Ha fatto il giro del mondo. In sala registrazione la famiglia di Nayeon segue la scena: mamma Jang con casco virtuale e sensori alle mani entra in un mondo digitale che riproduce un veduta di campagna. Appare all'improvviso la figlia animata in 3D, modello ricreato dalle immagini di Nayeon con i movimenti replicati, catturando in digitale il moto di un bambino, come nei videogame. La mamma può quasi toccare le mani della piccola, vederla correre sul prato e tra gli alberi. Non ci crede. Rivederla in vita. Impossibile. Accade che il cielo cambi colore con stelle virtuali e loro siedono accanto e spengono le candeline sulla torta di compleanno di Nayeon. Jang reagisce come se la bimba fosse viva, annullando il confine tra finzione e realtà. Simulazione oltre il verosimile, incredibile, inconcepibile. Assurda. Nel finale Nayeon si addormenta e accanto si posa una farfalla di luce, vola intorno alla madre si dissolve in cielo. Nel video dimostrativo si vede l'ambiente reale immerso nello schermo in cui poi la post-produzione proietterà il mondo virtuale, quello visto da Jang. Inquietante Jang che per colmare la perdita della figlia sceglie di concedersi un’infinitesima frazione di esistenza cadendo rapita, incantata, abbagliata da un’immagine uscita da un algoritmo matematico, stregata da un’irresistibile proiezione virtuale. La sfiora, la tocca, l’abbraccia nell’illusione che sia la reincarnazione della figlia. Impercettibile, inesistente confine tra reale e non reale.

Hollyvood e Nayeon sono casi volutamente scelti per essere messi a confronto... Sia il lettore a cimentarsi.
Oggi con una divisione della propria identità l’uomo disegna per sè più spazi in cui vivere, scorrazzare, rifugiarsi. Apriamo l’essere a forme e ambienti fuori dal concetto di Tempo, ciascuno tecnicamente infinito a livello spaziale e temporale. Pensati per non estinguerci, a livello digitale accolgono chiunque per vivere e rivivere in forma di
avatar. Il Tempo, accorto pilota dell’invecchiamento cellulare, è combattuto con una logica di dilatazione, non di arresto. Nel digitale il Tempo è indifferente, mentre la sua dimensione vive, continua a esistere. Il suo gene ha la missione di farci vivere. Agisce sui criteri con cui definiamo e giudichiamo ciò che viviamo e anche il concetto di Esperienza è destinato a mutare verso una logica digitale, segnata da valori di reale e non reale sostituibili, alterabili, modificabili. Simulazioni, finzioni. Postumanesimo, Transumanesimo, Antiumanesimo, Metaumanesimo o Nuovo Materialismo? Ah... roba da filosofi? Sì. Sono loro alla base di tutto. Non puoi liberartene, dai greci ai giorni d’oggi. A chi legge, la scelta del termine appropriato.

Alla fine sembra che il desiderio unico sia di trovare il modo di affrancarsi dalla morte.
I tecnologi ci lavorano freneticamente. Pensano addirittura di trasferire il cervello su un computer, in un computer, ficcandocelo quasi dentro. I
Big della Silicon Valley e di Boston tentano di scardinare il solo inviolabile disegno della vita: la morte. Informatici e specialisti AI passano il tempo a concepire algoritmi teoricamente capaci di sottrarre l’uomo alla morte. Ce la mettono tutta per aprire le porte alla vita sempiterna.

Non sono soli, gomito a gomito con etici e filosofi, con il loro corredo di quesiti. Tirano fuori invenzioni fanaticamente ispirate a Black Mirror la celebre e grottesca serie di fantascienza. Parliamo di Nectome, startup che prevede che l’homo sapiens entro il secolo a venire possa digitalizzare la propria coscienza. I due fondatori Robert McIntyre e Michael McCanna di nobile casato MIT Media Lab (MIT), giurano di essere riusciti a estrarre e conservare i connettomi (essenziali mappe neurali della memoria degli animali) e si concentrano sulla possibile estensione al cervello umano. La coppia sta anche impiegando tecnologie di scansione della massa cerebrale per avere una mente digitalizzata. Sul piano filosofico è arduo pensare all’aspetto di una simulazione digitale di circuiti neurali artificiali, balbettano i soloni dell’MIT.
A John
Harris, filosofo e bioetico è stato chiesto un parere: l'essere umano potrebbe vivere in forma virtuale? Siamo così tanti animali abituati a vederci in carne e ossa, che trovo inimmaginabile pensare di vivere in uno stato diverso, ha pontificato. I due non sono i soli a essere convinti che il cervello - o sue parti - possa essere trasferito su un computer. Ray Kurzweil, Direttore Progetti di Google, prevede che entro il 2030 l’uomo sarà in grado di inserire il cervello nel cloud. L'investitore Sam Altman, fondatore del noto programma Y Combinator che finanzia e supporta start-up di ogni profilo e dimensione, si aggiunge ai Big che ne auspicano la fattibilità e si è fatto sostenitore di Nectome. Numerosi imprenditori tecnologici avvalorano la posizione dell’MIT: L'immortalità digitale deve poter essere raggiunta, ma con mezzi meno invasivi. Non manca chi si defila. Lo stesso MIT, inizialmente fautore della ricerca, nell’aprile 2018 ha interrotto i legami con Nectome.

Ritiene che lo stato di avanzamento delle neuroscienze non sia di livello tale da garantire che la memoria e la mente possano essere conservate o che sia possibile ricreare la coscienza umana. Intanto gli specialisti AI si concentrano su avatar digitali diretti a replicare la personalità e a consentire di continuare a comunicare dopo la morte. Hossein Rahnama ospite permanente dell’MIT, docente visto nei precedenti articoli, ha sviluppato un programma di Augmented Eternity in grado di estrarre i gigabyte di dati generati ogni giorno da individui, per creare modelli virtuali della loro mente.

Sulla base delle informazioni tirate fuori dai dati può trasferire ricordi della propria vita e rispondere a domande su specifici argomenti. Rahnama prevede di inserire dati nei chatbot dopo la morte, consentendo loro di continuare a occuparsi degli affari correnti e arrivando a fornire opinioni su eventi accaduti nel dopo morte. Ha già trovato un dirigente-cavia che vuole aiutare i dipendenti a espandere l'azienda dopo la sua morte, Sempre il filosofo Harris aggiunge: L'idea che un avatar possa rappresentare pienamente l’uomo dopo la morte non ha alcun senso. È vero che dalle mie posizioni generali si può estrapolare ciò che io direi su una grande varietà di questioni, ma non sarebbe mai il mio pensiero.

Il Hiroshi Ishiguro robotico giapponese celebre per aver realizzato un clone di se stesso, un androide con pelle in silicone esattamente uguale a lui, propone l’esistenza di due livelli di immortalità: l'immortalità sociale e la coscienza personale. La tecnologia - dice - può favorire l'immortalità sociale, permettendo ai morti di dare dall’oltretomba un contributo attivo alla società. Tuttavia non si può ancora replicare la coscienza individuale e dubita che mai lo si possa fare. Ishiguro ha creato repliche robotizzate di alcuni dei più famosi scrittori nazionali, consentendo loro di far leggere e recitare le loro opere in tutte le scuole e ritiene che dopo la morte potrebbe continuare a insegnare robotica all'università di Osaka. Se abbiamo un androide possiamo vivere per sempre - ha detto - È però difficile... molto, impossibile. Come fabbricare una coscienza eterna? Domanda: Rendendo le vite eterne, infinite, illimitate, che livello di coscienza avranno del valore della vita i Signori della Silicon Valley e di Boston? Ogni anno Larry Ellison, co-fondatore di Oracle, dona centinaia di migliaia di dollari in terapie per l’estensione della vita. Nel 2013, Bill Maris, CEO fondatore di Google Ventures (area di venture capital di Alphabet Inc.), sostenuto da validi finanziatori ha lanciato Calico (California Life Company), super-segreta missione di Google e Apple da miliardi di dollari per curare la senilità.

Altri fanatici della Silicon Valley seguono progetti di criogenia (processo di congelamento in una vasca di azoto liquido subito dopo la morte). Scrive uno di loro: La maggior parte di noi vuole sopravvivere, essere libera dalla paura della morte. Viviamo più a lungo ma tutti ci aspettiamo di passare molti degli anni in più incapaci di lavarci, di vestirci, di riconoscere i nostri cari, con i sensi che si spengono e le forze che se ne vanno. Se l'estensione della vita segue la tendenza universale dei ricchi e dei non abbienti, è probabile che si amplierà un divario di vita, già in crescita, con i poveri che muoiono prima e i ricchi che muoiono dopo. Alla fine, potrebbe sorgere una minoranza di immortali super ricchi. Milioni di persone desiderano l'immortalità e non sanno che fare la domenica sera, né il sabato, neppure gli altri giorni. Per dare significato alle nostre vite, è essenziale che riconosciamo e sentiamo di non avere abbastanza tempo e spazio a disposizione. Senza morte l'umanità diventerebbe indifferente, apatica e rincretinita. Se vivi per sempre, perché alzarti la mattina, se hai sempre un domani?

È fatta. Immortalità e morte digitale adesso vanno a braccetto.

Istituzioni, centri di ricerca, università, scienziati, tecnologi di rete, finanziatori, tecnocrati, tanatologi e filosofi raccolti e ammassati a pensare alla morte digitale e all’estensione della vita. Uniti. Affratellati tutti attorno alla Silicon Valley. Vogliono renderci immortali e ci danno dentro. Sono abituati a ottenere ciò che vogliono. È meglio allinearsi, quelli fanno sul serio.

Stasera nei miei messaggi cancellerò il vecchio TVB. D’ora innanzi il congedo sarà DT, Digitalmente Tuo.

 

(consultazione: vedi articolo (1))

 

Inserito il:06/06/2020 21:16:36
Ultimo aggiornamento:08/06/2020 15:16:46
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