Russia - Scuola di Mosca, 1898/1907 - S. Michele Arcangelo - Basma in argento dorato con smalti e pietre preziose
L’Icona e l’iconografo
di Giovanni Boschetti
“Narrazione’’ è il termine appropriato, usato nell’iconografia, per descrivere la rappresentazione di una Icona. L’uso di questo termine distingue la realizzazione di un’Icona da qualunque altra costruzione o creazione artistica ed è quello che principalmente prova l’iconografo.
Il termine “narrazione” significa che l’Icona non rappresenta avvenimenti storici che possono essersi svolti in un determinato periodo e in un certo luogo, nemmeno è una raffigurazione pittorica con intenti figurativi ed artistici, ma l’Icona rappresenta avvenimenti al di sopra del tempo e al di fuori del mondo terreno, avvenimenti trascendentali.
Così l’iconografo tenta di raffigurare, con sobri ma eloquenti simboli, il soprannaturale, la Fede, il miracolo, la santità, la purificazione, la glorificazione, il Regno dei cieli; tenta di dare volto all’Invisibile, migliorare il rapporto dei fedeli con il soprannaturale, insieme ad altri argomenti di Fede e spiritualità.
L’unico strumento che ha l’iconografo a disposizione per avvicinarsi a comprendere il significato di tutti questi argomenti, per poi rappresentarli attraverso l’Icona, è il vivere la vita della Chiesa al suo interno in modo continuo ed abituale. L’abituale studio del Vangelo, della vita degli Apostoli, dei padri, dei martiri della Fede, dei Santi, sono gli strumenti segreti dell’iconografo, strumenti che gli offrono le necessarie ali per volare verso la raffigurazione iconografica.
La preghiera al Santo – il quale l’iconografo tenta di narrare nella rappresentazione di un’Icona – aiuta a stabilire una speciale comunicazione con lui. Sarà proprio la preghiera, alla fine, che porterà l’iconografo a superare quello che è forse il più grande ostacolo dell’arte iconografica, ossia dare espressione ai santi volti, che si cerca di raffigurare. Quello che rende “Santa” l’Icona non sono i santi volti raffigurati, Dio, la Theotocos ed i Santi stessi. Quello che rende Santa e miracolosa una Icona è la Fede delle persone che pregano davanti ad essa.
L’Icona, si potrebbe dire usando un altro termine, è un catalizzatore che avvicina le persone a Dio, fortifica la loro Fede e migliora il loro rapporto con il soprannaturale. Questo è il delicato servizio svolto dall’iconografo tramite una Icona: attraverso la vista, aiuta il credente a prendere visione di ciò che sarebbe Invisibile all’uomo e si fa guida alla comunicazione dell’uomo con Dio. Per questo è necessario un’enorme amore, ma anche delicatezza e Fede.
Gli iconografi raffiguravano Cristo e con quella “narrazione” testimoniavano Dio che si è fatto uomo per la salvezza del genere umano; inoltre rappresentando Cristo, rappresentavano tutta la Chiesa.
Il fedele non dovrebbe mai confondere il ruolo di rappresentazione e narrazione che svolge l’icona che avvicina il fedele alla luce Divina con un culto che diventa adorazione. “Non adoro la materia, – diceva Giovanni Damasceno parlando delle icone – ma quello che raffigura”.
In passato esisteva la convinzione popolare che la personale santità dell’iconografo sarebbe stata il certificato per un futuro di miracoli dell’Icona. All’interno degli stessi contesti si muoveva anche la convinzione che la purezza del materiale dovesse giocare un ruolo determinante per la santità dell’ Icona stessa. La purezza dei materiali usati ha, esclusivamente, il significato di un’eletta e distinta offerta verso il Signore, ma rimane solo questo.
L’icona deve essere considerata dal punto di vista dell’iconografia: in altre parole quale rappresentazione di un mondo senza alcuna attinenza con il nostro mondo terreno, o meglio, la rappresentazione della trasfigurazione del mondo in rapporto con Dio. Anche il nostro accostarci ad essa, sarà regolato non da schemi di educazione sociale o da varie correnti del momento e teorie sull’ estetica, ma dalla peculiarità spirituale della religiosità che rappresenta per il fedele.
Solo allora, possiamo capire l’insistenza dei genuini iconografi per la scelta dei materiali e dei colori da usare per la realizzazione delle Icone. Solo allora ha senso anche la preghiera individuale dell’iconografo, il suo digiunare, la sua regolare partecipazione al mistero della comunione, della confessione e in generale il suo sforzo spirituale durante il tempo necessario per la narrazione dell’Icona. Perché l’iconografia è soprattutto un lavoro d’amore. Solo attraverso questo criterio d’attenzione, di penitenza, di preghiera, di digiuno e sforzo spirituale, l’iconografo prenderà vagamente coscienza delle fatiche e degli sforzi spirituali dei Santi raffigurati rimanendo spiritualmente in contatto con loro. Coscienza che lo aiuterà a realizzare l’espressione – rivelazione – finale, dei volti santi dell’Icona, nella sua fase conclusiva; rivelazione che si concretizzerà, in primo luogo, nell’anima dell’iconografo, con un’ulteriore finalità: la liberazione dei simboli, la rivelazione e visione del Regno dei cieli. Solo allora l’Icona, come rappresentazione del Sacro, potrà assolvere il suo compito di catalizzatore, aiutando il fedele in preghiera a comunicare con il Divino ed a migliorare il suo rapporto con il soprannaturale.