Aggiornato al 08/10/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Deesis con Cristo in trono - Russia Scuola di M’stera - Inizio XIX sec. - cm 35,4 x 28,2

 

“L’Antropologia cristiana e l’Arte” - 3

(seguito)

di Giovanni Boschetti

 

Ora, per esprimere questo capovolgimento di prospettiva sono necessari allimmagine una struttura peculiare, delle modalità espressive particolari, uno stile specifico.

In questa struttura dellIcona, che viene chiamata ‘prospettiva rovesciata’ o ‘inversa’, ciò che stupisce innanzitutto è una serie di particolarità formali, che sembrano talvolta un enigma insolubile alluomo della moderna cultura europea. Per tale ragione, queste forme sono abitualmente liquidate come altrettante deformazioni, ma la ‘deformazione’ è tale solo rispetto allocchio abituato alla prospettiva lineare e alla concezione del mondo che noi consideriamo oggi come normale, ossia paragonata alle forme che esprimono la visione del mondo propria del nostro tempo. In realtà non si tratta di una deformazione, ma di un linguaggio pittorico diverso, proprio della Chiesa. Da qui la difficoltà di unanalisi scientifica di tale linguaggio. Una spiegazione dellIcona che sia esclusivamente estetica o razionale è impossibile, poiché la rivelazione cristiana che ne costituisce il contenuto, lesperienza della vita divina donata alluomo, non è accessibile allanalisi scientifica. Solo gli elementi per così dire periferici sono accessibili alla scienza e rientrano nella sua competenza. Sono, labbiamo già detto, laspetto artistico dellopera, il suo contesto sociale e storico, la struttura dellimmagine, le influenze, le ispirazioni, ecc. Ecco perché la scienza si limita a evidenziare i parallelismi tra lIcona e il folklore, le vite dei Santi e la letteratura profana. Ma allorché tenta di cogliere lessenza dellarte della Chiesa, utilizzando le categorie che le sono proprie, arriva a dire delle insulsaggini, quali: ‘pia immaginazione del pittore’, ‘astrazione’, ‘smaterializzazione del mondo visibile e del corpo umano’, ecc.
Questa ‘deformazione’ è naturale, perfino indispensabile al contenuto che lIcona intende esprimere. Per un iconografo tradizionale, sia passato che contemporaneo, questa struttura dellIcona stessa è lunica possibile ed è imprescindibile.

Scaturita dallesperienza liturgica della Chiesa, essa oppone (rispetto alle altre forme artistiche) lesperienza cattolica della Chiesa al punto di vista particolare delluomo autonomo, allesperienza individuale del pittore e alla sua ‘coscienza disgregata’.

Conviene prima di tutto precisare che nel termine tecnico generalmente usato di ‘prospettiva rovesciata’, laggettivo ‘rovesciata’ non è esatto, perché non c’è uninversione pura e semplice della prospettiva lineare, una specie di riflesso inverso (speculare). Non esiste un sistema di prospettiva rovesciata che possa corrispondere al sistema della prospettiva lineare. Alla rigida legge di questultima si oppone unaltra norma, un altro principio di costruzione dellimmagine, che dipende dal suo contenuto. Questo altro principio implica tutta una serie di procedimenti che danno una rappresentazione sia contraria (rovesciata) rispetto allillusione, sia totalmente differente da essa (secondo il senso del rappresentato).

È stata constatata una superiorità dei principi strutturali dell’Icona su quelli dell’arte moderna. La ricchezza e le diversità nei procedimenti di rappresentazione dell’Icona sono palesemente superiori ai procedimenti artistici dell’epoca contemporanea. La struttura dell’immagine, in un’arte considerata ‘barbara’ fino a poco tempo fa, necessita, per essere decifrata, di un apparato matematico ben più complesso di quello necessario a decifrare la pittura rinascimentale, dotata pretenziosamente dell’unico metodo scientificamente valido per rappresentare il mondo visibile. Tuttavia, ciò che importa è che questo principio delle strutture spaziali sia diventato un sistema coerente e ben definito proprio e soltanto nell’arte cristiana.

Secondo la scienza contemporanea, da vicino noi non vediamo gli oggetti come li rappresentava Raffaello… Da vicino noi vediamo tutto così come lo raffiguravano sia Rublëv che tutti i pittori russi antichi. Ci permettiamo di precisare un poquestaffermazione. Raffaello disegnava, certo, in modo differente da Rublëv, ma guardava come questultimo, poiché è una legge naturale della percezione visiva. La differenza consiste nel fatto che Raffaello sottometteva la visione naturale dellocchio umano al controllo della sua ragione autonoma e perciò si discostava da questa visione. Gli iconografi, al contrario, non se ne allontanavano perché il senso di ciò che rappresentavano non soltanto non lo esigeva, ma non permetteva di valicare la percezione naturale del primo piano, al quale si ferma la struttura dellIcona.

Tentiamo di illustrare con alcuni esempi questa corrispondenza fra la struttura dellicona e il suo contenuto.

La rappresentazione dello spazio nellicona ha questa particolarità: benché sia tridimensionale (e non bidimensionale), la terza dimensione è limitata dalla superficie della tavola e la rappresentazione è orientata verso lo spazio reale che si trova davanti allimmagine. Detto altrimenti, rispetto alla rappresentazione illusoria dello spazio in profondità, lIcona ci mostra linverso. Se una pittura, costruita secondo le leggi della prospettiva lineare, rappresenta uno spazio ‘altro’, che non ha alcun rapporto con lo spazio reale in cui essa si trova, nellIcona avviene il contrario: lo spazio rappresentato si include nello spazio reale, non c’è frattura fra i due. La rappresentazione è limitata al primo piano. Le persone raffigurate dallIcona e quelle che si trovano davanti ad essa sono unite in uno stesso spazio.

Poiché la rivelazione si rivolge alluomo, anche limmagine si rivolge a lui.

“L’Arte nasce dalle costrizioni e muore di libertà”

(Pavel Evdokimov)

 

Inserito il:19/05/2020 23:45:19
Ultimo aggiornamento:19/05/2020 23:53:12
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