Aggiornato al 09/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

La Mugnaia - Bozzetto realizzato da Laura Penone e colorato ad acquerello da Elena Imberti

 

Ivrea, tra Olivetti e Carnevale (1/3)

di Cesare Verlucca

 

L’Ordine della Mugnaia

È bene fare subito una precisazione. A Ivrea il mondo, come dovunque altrove, è diviso in due: chi tiene per la Juve e chi per il Toro; chi vota a destra e chi vota a sinistra; chi si fa i fatti propri e chi quegli degli altri; chi è fanatico della massima manifestazione cittadina (alla quale non rinuncerebbe nemmeno con 44° di febbre), e chi invece a Carnevale va a sciare in Valle d’Aosta.

Nella mia famiglia il Carnevale lo abbiamo sempre vissuto intensamente. Mia moglie, ancorché belga, ha ricoperto nel 1973 il ruolo di Violetta, terza Mugnaia straniera dall’apparizione nel 1858 del mitico personaggio femminile a fianco del Generale. A pensarci ora, fa un certo effetto ricordare che all’inizio la Mugnaia sia stata vivamente osteggiata dalla nobiltà dell’epoca, diventando poi il più importante soggetto della massima manifestazione locale.

Chi vive fuori dall’ambiente eporediese non sa cosa significhi ricoprire quel ruolo nel massimo evento cittadino. Ricordo con molta simpatia cosa mi raccontava una deliziosa signora non più giovanissima, Mugnaia del Carnevale 1948, che tutti chiamavamo la “zia di Carlo”, essendo la moglie dello zio paterno di Carlo De Benedetti, a quell’epoca presidente della Olivetti.

«Vedi, Cesare, la gente non può capire… – mi aveva confessato, sorridendo. – Io ho vissuto una vita brillante; ho girato il mondo in posti meravigliosi; ho avuto di tutto e di più. Ma se devo dirti cosa ricordo con più emozione, devo ammettere che è stato vivere quei quattro giorni a Ivrea circondata da una folla plaudente ed entusiasta…».

Ho vissuto anch’io indirettamente questa incredibile esperienza, essendo stato mugnaio. In quegli incredibili giorni mi sono trovato a percorrere, sul carro degli approvvigionamenti, le vie e le piazze di Ivrea dove infuriava la battaglia delle arance, (la quale ovviamente si arrestava al passaggio del corteo…). Davanti a me, sul cocchio dorato, c’era il mio mondo: l’amatissima moglie, caldamente applaudita dagli eporediesi e da quanti erano arrivati anche da lontano; e, ai suoi piedi, la nostra bellissima figlia dodicenne, che riforniva la mamma di caramelle, cioccolatini e mimose che lei lanciava alla folla reclamante.

C’è spesso un fatto ameno, che può arricchire i ricordi futuri; ed a me è capitato di volare per le terre. Eravamo al Rondolino, il carro era fermo sulla piazza ed io, in piedi, salutavo il pubblico che applaudiva la Mugnaia davanti a noi. Il cavallo è partito all’improvviso ed io, indietreggiando, sono andato a sbattere il retro delle ginocchia sul bordo posteriore del carro, cadendo di schiena su una piazza coperta di arance spiaccicate, le quali fortunatamente hanno attutito la violenta caduta. Roba da restarci secco; ma l’adrenalina deve pur servire a qualcosa se sono balzato in piedi, mi sono aggrappato alla parete del carro e sono volato all’interno senza sapere come abbia potuto realizzare un simile exploit. Un fatto è certo: i battimani successivi erano indirizzati a me.

A parte questo, per il resto del tempo tutti i riflettori sono rimasti puntati su mia moglie: e io, come tutti i mugnai che mi hanno preceduto e tutti quelli che mi hanno seguito, ero felice di brillare di luce riflessa e di indossare, per i quattro giorni carnevaleschi, i panni del principe consorte.

I Carnevali successivi avevano proseguito anno dopo anno la loro storia, ma qualcosa incominciava a mancare, almeno dal mio punto di vista. Seguendo da vicino le ultime campagne carnevalesche mi ero reso conto che i personaggi delle passate edizioni, e in particolare le Mugnaie, per quanto entrate a pieno titolo nella microstoria cittadina, scomparivano tra la folla: non bastava infatti la rossa coccarda con pich e pala in argento a distinguerle dalla marea di signore che gravitavano attorno alla manifestazione.

Avendo tra le mie normali vocazioni quella di organizzatore di eventi e aggregazioni, sia ludiche che amichevoli e commerciali, m’ero messo in testa di trovare una soluzione in tempi brevi, com’è sempre stata la mia ambizione. Chiamai pertanto in causa la Mugnaia in carica e le quattro precedenti (tra cui mia moglie), le quali si lasciarono facilmente coinvolgere, organizzando seduta stante la prima sin-a dla bela mulinera che ebbe luogo all'Hotel La Serra sabato 2 aprile 1977. Alla cena parteciparono dodici Mugnaie, scortate dall'eterno Cavallo, più che mai Aiutante di Campo; sei Generali, quattro Sostituti, oltre ai consorti di rito.

A partire da quel momento iniziarono, nelle case delle persone interessate, frenetiche riunioni documentate in un albo destinato a diventare il "giornale di bordo" dell'Ordine. È interessante andarvi a ricercare, ad esempio, tra quanti nomi è stato scelto quello che sarà poi attribuito alla neonata associazione- A leggerlo a distanza di tempo mi fa ancora sorridere il lungo elenco su cui  si è a lungo dibattuto: confraternita, consorteria, consorzio, conventicola, fratellanza, congregazione, comunità, lega, associazione, alleanza, società, compagnia, corporazione, unione, federazione, circolo, falansterio, sodalizio, ordine, capitolo, adunanza, combriccola e via inventando. Prevalse in un primo tempo "Lega" (autonomisti ante litteram...), e quasi subito "Ordine".

E si arrivò all'11 maggio 1977, data di nascita ufficiale dell'Ordine della Mugnaia (attenzione: “della Mugnaia” in senso filosofico, non “delle Mugnaie” in senso fisico).

Dalla sin-a dla bela mulinera erano trascorsi quarantasei giorni. Il Castello di Parella era sembrato il luogo più idoneo per ospitare lo storico avvenimento. Presente e rogante il Gran Cancelliere del momento, notaio Carlo Burbatti; officiante il sottoscritto (al quale fu da subito attribuita la mansione di Gran Segretario, con l'incarico di garantire il corretto funzionamento dell'associazione. La Carta dell'Ordine venne approvata e sottoscritta da quattordici Mugnaie, sette Generali, tre Sostituti.

L’articolo uno stabiliva che l’Ordine della Mugnaia aveva il compito di «riaffermare i valori fondamentali della tradizione eporediese, di promuoverne il progresso, di preservare e incrementare le future manifestazioni, in collaborazione e armonia con gli altri organismi esistenti e con quanti promuovono le stesse finalità».

Se qualcuno mi chiedesse perché al vertice dell’Ordine fosse stato posto un Gran Segretario anziché un normale presidente, o un direttore, o un amministratore delegato, o quant’altro, confesserò che, per stendere lo statuto dell’associazione, avevo preso a esempio lo statuto dell’ONU, sembrandomi il più adatto alla circostanza: mirare in alto, nelle mie scelte, non è mai stato considerato un peccato…

Sono d’altronde sempre stato d’avviso che i giochi vadano presi sul serio, e le cose serie affrontate con il sorriso; e, anche se il Carnevale è un gioco, io l’ho sempre considerato degno di essere condotto come fosse la gestione della Fiat.

Ho diretto l’Ordine per 22 anni; poi all’improvviso è morta la mia adorata moglie, dopo quarant’anni di vita felicemente convissuta; e l’Ordine, il Carnevale, il mondo intero mi sono crollati in testa, confinandomi in un personale Aventino dal quale c’è voluto un tempo incredibile per farmi discendere. L’Ordine della Mugnaia, tuttavia, ha continuato e continua il suo mandato, e tutto lascia supporre che passerà alla storia.

(Continua)

 

Inserito il:08/08/2021 19:53:13
Ultimo aggiornamento:08/08/2021 20:41:37
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