Pierre-Auguste Renoir (Limoges, 1841 – Cagnes-sur-mer, 1919) - Reflexion 1897
Le riflessioni non hanno colore
di Gianni Di Quattro
Pensare, riflettere richiede tempo, significa potersi fermare a osservare quello che si vede, a collegare quello che si sa con quello che succede, a seguire i labirinti di vari argomenti che talvolta invadono la nostra mente, a ragionare su quello che gli altri fanno o dicono, a giudicare quello che si sta facendo, a giustificare qualche errore commesso, a godere di una bellezza incontrata o cercata, a digerire quello che si è appreso. Se non si ha tempo, se si è presi dal vortice delle cose, si pensa di meno, non si approfondisce, ci si accontenta di superficiali idee ed impressioni che il veloce pensare riesce a produrre.
Inoltre, e questo è importante, non sono i colori che guidano i pensieri che nascono e si sviluppano in bianco e nero, ma sono i colori che poi li rivestono. In altri termini, nella nostra mente esiste un magazzino di colori che si sono accumulati come segnali anche simbolici della nostra cultura e del nostro divenire umano e che saltano fuori quando ciascuno di noi ha la sensazione di aver dato corpo ad una riflessione rotonda.
Questo in pratica significa in ultima istanza che i colori non influenzano i nostri modi di pensare ma che poi li presentano dopo averli rivestiti. Naturalmente ci sono anche molte persone che hanno pochi colori a disposizione e che non riescono a riflettere o riflettono poco e ci sono persone che sono capaci di riflettere ma non di colorare i loro pensieri. Dipende da culture scarse o improvvisate, da forme di altezzosità e di presunzione, da habitat inadatti o magari, purtroppo, anche degradanti.
I colori che rivestono le riflessioni di ciascuno sono visibili non solo dagli autori, ma anche di chi osserva, ascolta, capisce. Questi colori sono percepiti con chiarezza da tutti ed è difficile mascherarli, far apparire un colore qualsiasi al posto del colore vero di competenza di una specifica riflessione.
Comunque le riflessioni più profonde, quelle sul senso delle cose, quando sono laiche, non condizionate da preconcetti e che non hanno finalità particolari, non hanno colore, si presentano in bianco e nero, i colori li vedono e li trascurano e le lasciano passare, quasi a volere sottolineare la loro indipendenza e il fatto che non intendono favorire o molestare qualcuno, ma rispondono ad un sincero pensiero laico, cioè libero e indipendente, personale a prescindere naturalmente dal fatto che un qualsiasi interlocutore possa essere d’accordo o meno.
Viviamo una epoca in cui si vedono in giro tante riflessioni colorate, persino troppo colorate, e poche riflessioni in bianco e nero. Ovvero riflessioni su cose banali, su cose non di fondamentale importanza e poco o niente sui temi che condizionano la nostra vita, che stanno seguendo la sua impermanenza, che sono o possono essere la guida del nostro percorso, se si capiscono e si acquisiscono.
La conclusione? I colori connotano i nostri pensieri anche quando non ci sono a dimostrazione della loro influenza sul nostro modo di essere e di comunicare, di relazionarsi con il mondo che ci circonda. Per dire che i colori sono dentro la nostra vita, la rendono chiara e leggibile, la aiutano. Io non so se tutto questo ha senso, ma lo trovo affascinante.