Fernando Botero (Medellin, Colombia, 1932 - ) - Le sorelle, 1969 2005
Trasformare un quadro d’autore in parole…
La famiglia matriarcale
di Simonetta Greganti Law
Tutte quelle donne erano il sesso forte della famiglia.
L’unico uomo che ne aveva fatto parte era il padre che, essendo morto già da qualche mese, era ormai confinato in una cornice di radica ben appesa al muro.
La stazza di quelle cinque sorelle, fiere d’appartenere ad un clan tutto al femminile, era il loro biglietto da visita considerato utile per evidenziarne la potenza.
Proprio come in natura fanno tanti animali, che per difesa gonfiano il loro corpo per allontanare i predatori, anche queste avevano preferito essere grosse per imporre una presenza possente e dimostrare a tutti la loro superiorità.
Nessuna di queste si era mai lasciata corteggiare da un ragazzo sebbene la più grande avesse già compiuto 26 anni e sua madre si fosse addirittura sposata minorenne. Molti dicevano che erano androfobiche dato che ognuna di loro vedeva nel genere maschile solo difetti e rifiutava con questi qualsiasi tipo di relazione anche se amichevole.
Quella mattina l’avevano trascorsa in attesa, erano rimaste chiuse nel salotto, cercando di non mostrare l’una con l’altra tanta preoccupazione. Avevano provato ad ingannare il tempo distraendo le menti e dedicandosi in occupazioni svariate ma un tarlo fisso e comune a tutte seguitava ad assillarle. Continuavano a guardare gli orologi che sembravano strozzare quei polsi vigorosi offrendo visivamente la stessa sensazione di soffocamento che le strangolava in gola.
Adesso, quella porta stava per aprirsi e, come un esercito schierato di fronte al nemico, rimanevano ben compatte, stringendo ancora in mano le attività che fino a poco prima stavano svolgendo: una col rosario giunto a metà delle preghiere, l’altra con un lavoro a maglia forse appena terminato e un’altra ancora col gatto che aveva smesso d’accarezzare e anche quello ora non faceva più le fusa. Perfino gli altri gatti, anzi gatte, si erano allineate dalla parte del più forte divenendo mattoncini di quella fortezza inespugnabile ma, in quel momento, sul punto di crollare.
Le cinque sorelle, raggruppate insieme, stavano inerti, con gli sguardi fissi sul nulla, come incantate, in una immobilità irreale. Era proprio quella calma apparente che faceva presagire qualcosa d’imminente e burrascoso: una quiete prima della tempesta.
L’aria della stanza era carica di elettricità e la tensione si poteva tagliare con un coltello.
La donna col vestito azzurro, abbracciando di spalle la sorella maggiore, le sussurrava all’orecchio, ripetendole come un mantra, la loro capacità di essere indipendenti e libere rispetto al mondo esterno che invece permetteva agli uomini di avere la supremazia. Loro non si sarebbero mai fatte mettere i piedi in testa da nessuno, e la loro giovane madre, le avrebbe sempre supportate.
Sarebbero rimaste unite, qualsiasi disgrazia poteva presentarsi.
Nessuna drastica sventura avrebbe potuto far crollare il loro muro e, insieme, avrebbero sempre potuto vincere ogni impedimento.
Eppure l’urlo nella stanza accanto aveva lasciato intendere la tragedia che a breve avrebbero dovuto apprendere.
La maniglia della porta che comunicava con la camera da letto della madre si abbassò, lentamente l’uscio si dischiuse e una dottoressa, con il volto sconvolto fu costretta a comunicare la notizia.
“Vostra madre ha partorito un figlio maschio”.