Paul Gauguin (Parigi, 1848-Atuona, Polinesia, 1903) – Sailing vessel in the moonlight
Da Sarajevo alla Brexit - La notte d'Europa
5. “Quid noctis?”
di Mauro Lanzi
“Le luci si stanno spegnendo in tutta Europa e finché vivremo non le vedremo brillare mai più ”.
La sera del 3 Agosto 1914 si spegnevano i lampioni su St James Park ; guardandoli, Lord Grey, ministro degli esteri inglese, pronunciava parole che purtroppo si dovevano rivelare profetiche: cominciava allora la lunga notte d’Europa, quelle luci non si sono riaccese mai più ed è persino difficile oggi per noi rievocare la grandezza e lo splendore di un’Europa ricca, potente, sicura di sé, padrona dei propri e degli altrui destini, grazie ad un potere politico, militare ed economico mai conseguiti prima.
Quell’Europa era, come si è visto, sull’orlo del baratro: la nostra generazione ha creduto di poterne riemergere, grazie all'impetuoso sviluppo economico del primo dopoguerra e , soprattutto, grazie al nascere ed al progressivo affermarsi di un nuovo ideale, l'Europa unita .
Ma accecati, ancora una volta, da Chimere di miracoli economici inarrestabili, di crescita lineare, senza limiti e senza flessioni, di progresso capace di generare nuovo progresso, trascinati dal sogno di una nuova entità politica, non abbiamo mai saputo o voluto misurare la profondità del nostro declino, la marginalità cui l’Europa degli Stati Vestfaliani è ridotta sulla scena mondiale, l’irrilevanza di tutti i nostri sforzi di fronte a crisi globali, sia pure di modesta entità. Sembra banale osservare come grandi corporation, Google, Amazon, Facebook per fare alcuni nomi, oggi pesino di più, abbiano più budget di una media nazione europea. Per non parlare delle super potenze economiche e finanziarie, Stati Uniti, Cina, Giappone….
Un’Europa unita avrebbe potuto e potrebbe misurarsi con queste entità e questi eventi, con prestigio ed autorità ben differenti; il sogno si è interrotto, ancora una volta, per la rottura degli equilibri continentali.
Nel 1990 la Storia ha di nuovo giocato le sue carte, ripetendo se stessa, lasciando emergere, al centro d’Europa, con la riunificazione tedesca, una potenza dominante: la costruzione dell’Europa Unita, che era stata immaginata dai padri fondatori come una società tra eguali, deve improvvisamente far conto, come nella Fattoria di Orwell, con un socio più uguale degli altri.
Come non vedere un parallelismo tra gli eventi del 1871, con la proclamazione del Reich, e del 1989, con la caduta del muro: in entrambi i casi la riunificazione tedesca ha creato al centro dell’Europa una superpotenza percepita come minaccia dagli altri stati europei; in entrambi i casi la riunificazione tedesca ha colto di sorpresa le diplomazie europee, che hanno tentato invano di impedirla.
Ancora una volta è emersa in Europa una nazione superiore alle altre per numero di abitanti, per coesione interna (lingua, cultura, morale), per sviluppo economico, per supremazia tecnica e industriale.
Come nel 1871 sono state tentate delle contromisure, proprio su iniziativa della dirigenza tedesca, per fugare i fantasmi del pericolo costituito dalla nazione più potente di tutte. Ai tempi, si tentò con il sistema di alleanze difensiva ideato da Bismarck, oggi, con il sistema dell’Euro pensato da Kohl e Mitterrand come contropartita offerta dalla Germania per la riunificazione: il primo è crollato aprendo le porte alla prima Guerra Mondiale, con tutte le sue conseguenze; e il futuro dell'Euro? Ci sarà un futuro? E chi favorirà?
Sarebbe ingiusto e riduttivo accostare la Germania di oggi alla Germania di allora ; molte cose sono cambiate da quel 1914, anche in Germania: non esiste piu’ il potente esercito di allora, la casta politico militare che aveva guidato il paese alla Grande Guerra è scomparsa, la Germania ha indiscutibilmente vissuto una fase di grande ripensamento critico delle proprie vicende e dei propri valori: non tutto, però, può essere cambiato .
Un cieco ottimismo, il tentativo di contrastare il proprio declino, con atteggiamenti bellicosi, hanno condotto l’Europa alla rottura degli equilibri ed alla guerra cento anni orsono, ma sembrano riaffiorare anche oggi: sebbene le guerre, quelle vere, fortunatamente, non si combattano più con cannoni e fucili, ma (almeno per ora) con economia e finanza, esse lasciano vittime e macerie quanto le altre. Certamente una struttura europea più coesa sarebbe la miglior difesa contro le turbolenze di un mondo aperto a scorrerie ed abusi e sarebbe anche la migliore garanzia di equità nei rapporti interni, ma il peso preponderante di un solo paese sembra avere incrinato il rapporto di fiducia trai membri dell’Unione: come non pensare che Brexit, ad esempio, non nasca anche dal rifiuto inglese di accettare una sempre più palese egemonia tedesca? In fondo, due guerre sono state combattute dalla Gran Bretagna anche per questo motivo.
L’indebolirsi dei legami europei, il prevalere delle forze centrifughe porta inevitabilmente al riaffiorare dei caratteri identitari più profondi degli stati vestfaliani; il miope e, a volte cinico, nazionalismo francese ha generato, ad esempio, il disastro in Libia e solo la vittoria di Macron ha riacceso, per un momento, le speranze di un rinnovato impegno europeista, ma per quanto? In Italia, il cronico disordine, economico, finanziario ed istituzionale, aggravato dalla dissoluzione di partiti e sindacati ( la società liquida) non si può giovare, a differenza della Francia, dell’emergere di figure politiche nuove ed adeguate ai tempi. La Germania sembra allontanarsi sempre più dal resto dell’Europa per sue qualità e le sue eccellenze, per la sua forza e la sua coesione interna, mentre il persistente atteggiarsi dei tedeschi a portatori e custodi di una civiltà (almeno economica e finanziaria) e di una moralità superiori sottolinea ed allarga il divario con gli altri paesi (noi in particolare).
Su questa Europa, oggettivamente indebolita dall’uscita della Gran Bretagna, dalle diffidenze reciproche, dal crescente peso dei populismi rampanti, si abbattono come ondate su di un fragile vascello una serie di eventi esterni di estrema gravità, dal risorgente imperialismo russo, alla confusa ma dirompente politica della nuova Amministrazione americana, alla aggressiva realtà cinese, al terrorismo di matrice islamica, al devastante fenomeno dei migranti, in difesa del quale un Papa venuto da lontano, forse da troppo lontano, sembra disposto a ignorare o a porre in secondo piano i valori della civiltà europea (mai citati come tali!) e la necessità stessa della sopravvivenza d’Europa, che è in pericolo, e non solo per questo.
Eppure, se il mondo perdesse l’Europa perderebbe la sua anima: qui sono nati il concetto stesso di uomo, della sua dignità, libertà ed uguaglianza, indipendentemente da convinzioni politiche e religiose, l’orgogliosa affermazione della separatezza tra pensiero politico e fede, fondamento irrinunciabile della democrazia, la dialettica e il dubbio, come basi del pensiero e della ricerca, il senso della storia, tutte cose che ci accomunano e ci danno un’ identità, che dobbiamo avere il coraggio di difendere, per noi stessi e per tutta l’umanità.
La vittoria di Macron in Francia ci è apparsa come un lampo a squarciare la notte, ma da sola la Francia non può bastare, troppo ampio anche per lei è il divario con la prima potenza in Europa.
In una situazione di grandi problemi e grandi incertezze, il paese più forte dovrebbe assumersi le maggiori responsabilità, nell'interesse di tutti. Bismarck, che non era certo un europeista, aveva però capito che la prosperità e la stessa sopravvivenza della Germania dipendevano dall’equilibrio, dalla concordia, dal benessere in tutta Europa.
Ora che il sogno europeo rischia di essere ricacciato indietro, da fattori interni ed esterni all’Unione, per ripiombare nelle tenebre di una oscurità senza fine, saranno più che in passato decisive le scelte della potenza tornata dominante, la Germania: prevarrà una visione europea od una visione strettamente tedesca? Si tenterà di salvare la costruzione europea, assumendone con autorevolezza e lungimiranza la leadership, o si sceglierà di presidiare i soli interessi nazionali?
Quid noctis?
A che punto è la notte?