Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Bonnie Sue Schwartz (Los Angeles, CA - United States) - Bahai Shrine and Gardens in Haifa Israel

 

Storia della Persia - 11

(seguito)

di Mauro Lanzi

 

Le ultime dinastie

 

                          

  Il trono dei pavoni

Il tracollo della dinastia Safavide si ebbe con la fine del secolo, l’ultimo dei Safavidi Sultan Husayn era un debosciato ed un inetto, allevato nell’harem passava il tempo con teologi, concubine ed astrologi, trascurando gli affari di stato; così gli afgani, superate le frontiere orientali, conquistarono, una dopo l’altra, Herat, Kandahar e Kerman, ponendo infine l’assedio ad Isfahan (1722), che cadde dopo sette mesi di combattimenti; Sultan Husayn fu deposto e sostituito dopo un periodo di disordini, da un avventuriero turco-afgano, Nadir Shah che impadronitosi del paese, si proclamò Shah della Persia (1736). Nadir, come detto, non era persiano, era un turco, ma dimostrò qualità militari eccezionali, seppe risollevare le sorti del regno; dapprima attaccò gli afgani riconquistando Kandahar e Kabul, poi con l’aiuto della flotta inglese occupò l’Oman ed infine con un’audace spedizione invase l’India, giungendo a saccheggiare Dehli, da cui ritornò portando come trofeo il “Trono dei Pavoni”, da quel momento simbolo della monarchia persiana.  Nadir fu anche un tiranno crudele e sanguinario, morì assassinato (1747). La dinastia da lui fondata (Afsharidi) decadde ben presto per i soliti motivi, l’incapacità degli eredi al trono, e fu sostituita nel 1760 dalla dinastia Zand, il cui capostipite Karim Khan, che era stato un generale di Nadir Shah, seppe riportare la pace nel paese devastato da decenni di guerre; la dinastia Zand resse la Persia fino al 1794, assicurando un periodo di sostanziale stabilità e benessere, finché non venne sostituita dall’ultima dinastia persiana, prima dell’età moderna i Qagiar; i Qagiar erano una tribù turco azera, residente nell’Azerbajgian persiano, che invasa la Persia sconfissero ed uccisero l’ultimo degli Zand, insediandosi sul trono di Persia. Ai Qagiar dobbiamo la fondazione di Teheran, che fino ad allora non era che un villaggio sconosciuto; la Persia aveva avuto numerose capitali nel corso della sua storia, da Persepoli con gli Achemenidi, a Ctesifonte con i Parti Arsacidi e Sassanidi, ad Isfahan, ancora la più splendida, con i Safavidi; per qualche ragione però le ultime dinastie vollero cambiare sede, gli Afsharidi si erano stabiliti a Mashad (dove si trova la statua di Nadir Shah, a sinistra), gli Zand a Shiraz, ed infine, con i Qajar, Teheran divenne la capitale nel 1796, crescendo rapidamente in forma caotica.

I Qajar ressero la Persia fino al 1925, in un regime di sostanziale stabilità politica, ma la loro dinastia coincise anche con il definitivo tramonto della civiltà persiana; l’occasione fu, come per tutte le altre civiltà orientali, il confronto con le potenze occidentali, la cui superiorità in campo militare, come in tutti i settori della tecnica e dell’economia, non si poteva né eguagliare né controbattere da parte di paesi arretrati, retti da regimi inefficienti e corrotti.

Il contemporaneo declino dell’impero ottomano metteva la Persia al riparo dagli attacchi del suo nemico tradizionale, ma una nuova potenza si affacciava ai confini del regno, la Russia zarista, la cui politica espansionista nel Caucaso entrò in rotta di collisione col regno del secondo regnante Qajar, Fath Alì Shah, il quale, dopo una serie di pesanti sconfitte, fu costretto a cedere ai russi prima la Georgia (1813), poi tutti i territori a settentrione del Caucaso, infine anche l’Armenia e l’Azerbaijan; l’umiliazione del regno persiano fu completa, anche perché i russi cominciarono ad ingerirsi nelle questioni di politica interna del paese, estendendo una sorta di protettorato soprattutto sulle regioni a nord. 

L’ingombrante presenza russa portò ad una conseguenza inattesa, ma devastante, la scontro con la Gran Bretagna; da tempo era in corso nella regione un duro confronto tra inglesi e russi per il controllo dell’Afganistan, che per i russi rappresentava la via d’accesso ai mari caldi; la storia si ripete, ricordiamo l’invasione dell’Afganistan da parte dell’Unione Sovietica in tempi recenti! Nel XIX secolo il confronto armato si protrasse per molti decenni, i tentativi inglesi di occupare militarmente l’Afganistan si risolsero in cocenti sconfitte, ma anche i tentativi russi furono arginati; alla fine le due potenze si accordarono per una soluzione politica, Afganistan indipendente ma nella zona d’influenza inglese.

Nel quadro di questo lungo conflitto si inserisce il tentativo dello Shah di Persia di impadronirsi di Herat (1856), un tempo parte del regno persiano, che si era dichiarata indipendente ponendosi sotto l’egida inglese; i britannici interpretarono l’attacco persiano come un mossa ispirata dai russi per rientrare nell’Afganistan, vista la posizione dominante occupata da essi in Persia, e reagirono scatenando la guerra anglo-persiana; lo scontro si risolse dopo neppure un anno di combattimenti, la Persia attaccata da nord e da sud fu costretta a capitolare rinunciando ad ogni ambizione su Herat.

La vicenda ebbe conseguenze di rilievo perché segnò l’inizio dell’intervento britannico in Persia; in un primo tempo gli inglesi si presentarono come commercianti ed industriali; aprivano attività manifatturiere nel paese, sfruttando i bassi salari della manodopera locale. Gli utili venivano esportati, allo Shah non restavano che delle briciole, spesso sotto forma di corruzione spicciola. Poi il loro interesse si rivolse alle risorse minerarie: nel 1901 un avventuriero inglese, William D’Arcy, ottenne dal governo di Teheran la licenza di condurre esplorazioni nel sud del paese; le attività di D’Arcy furono presto rilevate dalla Anglo-Persian Oil Company (poi Anglo-Iranian) che nel 1909 iniziò la produzione di greggio; visto l’interesse strategico delle estrazione di petrolio per la flotta inglese (che aveva iniziato a sostituire le caldaie a carbone), nel 1914, su suggerimento di Churchill, all’epoca Primo Lord dell’Ammiragliato, il governo di Sua Maestà rilevò la maggioranza della compagnia; in questo modo la Gran Bretagna acquisì il pieno controllo del petrolio iraniano per i successivi 35 anni.

La coesistenza di russi e britannici sul suolo persiano non fu né facile, né pacifica; vari scontri diplomatici ed anche militari si susseguirono negli anni, finché nel 1907 non si raggiunse un’intesa; ai russi toccava il controllo del nord del paese e dell’esercito; agli inglesi il sud, le attività estrattive e la finanza. L’indipendenza persiana era scomparsa, lo shah restava sul trono privo di ogni potere, il paese era divenuto una colonia governata da due potenze straniere.  

Anche in un periodo di innegabile declino, travagliato inoltre da disordini interni, la Persia riuscì comunque ad esprimere qualcosa di nuovo ed importante per il mondo intero: una nuova fede, la religione Baha-i (in persiano significa gloria). Il precursore della nuova dottrina fu un predicatore persiano, Alì Mohammed, che fece la sua prima comparsa in pubblico il 23 maggio 1844; il giorno era stato scelto con cura, secondo la tradizione sciita erano trascorsi esattamente mille anni dalla scomparsa dell’ultimo Imam (il dodicesimo) e molti attendevano proprio quel giorno la sua ricomparsa. Ovviamente non ricomparve nessuno, ma Alì Mohammed approfittò del clima di esaltazione generale per presentarsi come l’eletto del suo tempo, il bab, la porta attraverso cui ogni fedele poteva entrare in contatto col Mahdi, l’Imam risorto. La predicazione di Alì cominciò ad attirare seguaci da ogni parte; il bab criticava i religiosi e teologi di rango, accusandoli di essere avidi e corrotti, rimproverava allo Shah ed ai suoi ministri il trattamento schiavistico riservato ai poveri contadini, criticava l’oppressione fiscale che schiacciava la nazione; argomenti come questi erano destinati a far presa su una larga parte della popolazione, fino a provocare insurrezioni armate, che, dopo qualche esitazione, furono soffocate nel sangue dalle truppe dello Shah: lo stesso bab  fu arrestato e fucilato a Tabriz nel giugno 1850. Questo non bastò a far sparire il movimento babi che resistette per altri due anni alle persecuzioni; alla fine gli ultimi superstiti si rifugiarono nell’impero ottomano, raccogliendosi a Bagdad sotto la guida del figlio di un ministro, Mirza Hussein Alì, che assunse l’appellativo di Bahaullah, “eccellenza (o gloria) di Dio”.

Bahaullah , che fu a sua volta perseguitato ed imprigionato dai regimi persiano ed ottomano, è il fondatore della fede baha-i; questa, nata seguito dalla sua predicazione e dai suoi scritti, si distacca completamente sia dal babismo che dall’islamismo: il fine di questa religione è affermare l'unità spirituale di tutta l'umanità. Tre principi fondamentali stabiliscono la base degli insegnamenti  bahá'í, l'unità di Dio (un solo Dio è la fonte di tutta la creazione), l'unità della religione (tutte le grandi religioni hanno la stessa origine spirituale e provengono dallo stesso Dio) e l'unità dell'umanità (tutti gli uomini sono stati creati uguali e le diversità di razza e cultura sono stimate doni meritevoli di apprezzamento e accettazione). La fede bahá'í spiega il rapporto dell'uomo nel suo storico e dinamico legame con Dio attraverso il concetto di relatività e progressività della religione, riconciliando così la Storia con ogni monoteismo: in tempi diversi uno stesso Dio si è espresso tramite diversi “inviati di Dio”, da Abramo a Zoroastro, a Buddah, a Cristo, a Maometto; l’ultimo dei grandi profeti sarebbe stato proprio Bahaullah. Sono quindi da rigettare tutte le guerre di religione, il razzismo, l’usurpazione dei diritti della donna e tutte le forme di discriminazione tra gli esseri umani; solo la preghiera, la meditazione, le buone azioni possono condurre gli uomini alla pienezza religiosa. Straordinaria la modernità di una religione, comunque pensata e predicata in un secolo in cui l’intolleranza religiosa e la discriminazione razziale erano ancora profondamente radicate nelle coscienze individuali e collettive. 

 A differenza del bab, Bahaullah non si rivolge unicamente agli sciiti o agli islamici, il suo è un messaggio universale e ciò spiega la diffusione della religione bahá'í, che oggi conta circa 7 milioni di fedeli sparsi in oltre duecento Paesi e territori del mondo. I Baha-i non riconoscono pastori o sacerdoti, si amministrano attraverso consigli locali democraticamente eletti: la sede centrale del movimento, detta “Casa Universale di Giustizia”, si trova ad Haifa, in Israele ai piedi del monte Carmelo dove fu sepolto il Bab per volere di Bahaullah, che è morto e sepolto ad Acri.

 Vale la pena ricordare che solo in Iran i baha-i sono discriminati e perseguitati, a seguito di una fatwa dell’ayatollah Khomeini.

              

(Continua)

 

Inserito il:09/08/2022 12:57:26
Ultimo aggiornamento:18/08/2022 12:09:14
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